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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Foglio Rassegna Stampa
11.10.2023 Ogni palestinese ucciso è vittima di Hamas
Analisi di Natan Sharansky

Testata: Il Foglio
Data: 11 ottobre 2023
Pagina: 4
Autore: Natan Sharansky
Titolo: «Ogni palestinese ucciso è vittima di Hamas, scrive Sharansky. Il diritto di difendersi»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 11/10/2023, a pag.4, con il titolo "Ogni palestinese ucciso è vittima di Hamas, scrive Sharansky. Il diritto di difendersi", l'analisi di Natan Sharansky.


Natan Sharansky

Israel Responds to Hamas Crimes by Ordering Mass War Crimes in Gaza

Più di vent’anni fa, durante la seconda Intifada condotta dai terroristi palestinesi contro Israele, chiesi all’allora direttore esecutivo di Human Rights Watch, Kenneth Roth, perché la sua organizzazione concentrasse gran parte delle sue energie nel criticare Israele. All’epoca, Human Rights Watch pubblicava un rapporto dopo l’altro che descriveva l’unica democrazia del medio oriente come quella che promuoveva i crimini di guerra e violava intenzionalmente il diritto internazionale, mentre si esprimeva poco sulle dittature mediorientali e ancor meno sui terroristi che assassinavano i civili israeliani. Perché questa risposta così sproporzionata? Roth mi aveva risposto che la sua organizzazione chiede di più alle democrazie che alle dittature, e più agli stati che agli attori non statali, anche a quelli che prendono di mira le persone innocenti. Ascoltando questa osservazione da Human Rights Watch, mi sono sentito come se mio figlio, su cui avevo investito tutti i miei sforzi e le mie speranze, avesse attraversato le linee nemiche e avesse iniziato a lavorare per l’altra parte. Mi spiego meglio. Sono stato uno dei membri fondatori di Helsinki Watch, fondata nel 1976 a Mosca per documentare le violazioni dei diritti umani da parte dell’Unione sovietica. Nel giro di un anno, tutti i membri dell’organizzazione erano stati arrestati o mandati in esilio. Tuttavia, eravamo fiduciosi che i documenti prodotti in quell’anno, che raccontavano la brutalità del regime, avrebbero perseguitato i leader sovietici fino alla caduta dell’Urss. Poco prima del nostro arresto, Robert Bernstein, all’epoca presidente e amministratore delegato di Random House, venne a trovarci a Mosca; una volta tornato a New York, creò l’American Helsinki Watch – poi Human Rights Watch – che aveva come obiettivo quello di dare voce ai dissidenti che lottano per i diritti umani sotto le dittature. Tuttavia, Bernstein si dissociò dalla sua stessa creazione molti anni dopo, per lo stesso motivo per cui avevo posto la mia domanda a Roth: perché l’organizzazione era diventata involontariamente un aiuto ai dittatori e ai terroristi che combattevano contro Israele. Avanti veloce fino a oggi. Sabato mattina, durante la funzione festiva nella mia sinagoga di Gerusalemme, la nostra preghiera è stata interrotta più volte dalle sirene che segnalavano l’arrivo dei missili. E’ stato così in tutto Israele quel giorno. Nello stesso momento, i terroristi di Gaza si stavano infiltrando nelle comunità del sud, massacrando genitori e figli e rapendo persone innocenti di tutte le età. Centinaia di israeliani che stavano celebrando con gioia la nostra festa nazionale, molti dei quali giovani, sono stati uccisi o rapiti. Per Hamas, il semplice fatto di essere ebreo nell’unico Stato ebraico del mondo è sufficiente per diventare un obiettivo legittimo. Per comprendere la portata di questa tragedia per Israele, un paese di 9,2 milioni di abitanti, immaginiamo che più di 25 mila americani siano stati uccisi, più di 90 mila siano rimasti feriti e altri 3.600 siano stati rapiti dai terroristi. Purtroppo, Israele non ha altra scelta che intraprendere una guerra per la propria sopravvivenza. Più avanti capiremo perché la nostra intelligence ha fallito in maniera così miseramente. Forse andremo oltre e ci chiederemo se abbiamo fatto bene, con gli accordi di Oslo del 1993, a concedere a Yasser Arafat il potere dittatoriale sui palestinesi in modo che potesse trattare con le organizzazioni terroristiche, invece di farlo noi stessi. Potremmo persino mettere alla prova le nostre responsabilità, quando ci siamo ritirati unilateralmente da Gaza nel 2005, per aver permesso ad Hamas di trasformare quel territorio in un trampolino di lancio per i terroristi. Ma queste domande riguardano il futuro. Adesso dobbiamo distruggere l’organizzazione che cerca di distruggerci, e per questo dobbiamo combattere una guerra. Oggi il mondo sembra averlo capito. I leader mondiali hanno denunciato la barbarie di Hamas e affermato la legittimità del diritto di Israele all’autodifesa. Ma cosa succederà domani? Cosa succederà quando il numero delle vittime palestinesi aumenterà? A quel punto, temo, gli stessi leader dimenticheranno che Israele e Hamas stanno combattendo su basi radicalmente diverse e concentreranno i loro sforzi nel frenare Israele invece di condannare Hamas. Il motivo per cui questo accadrà – come sempre – è che Hamas dispone di una potente arma non convenzionale, molto più sofisticata ed efficace dei missili e dei droni: i civili palestinesi, usati come scudi umani. Più palestinesi muoiono perché i terroristi di Hamas si nascondono cinicamente dietro di loro, più il mondo libero si rivolterà contro Israele. E’ solo questione di settimane, o di giorni, o addirittura di ore, prima che nei principali media cominceranno ad apparire articoli che ritraggono il governo israeliano mentre prende di mira indiscriminatamente palestinesi innocenti. Human Rights Watch diffamerà ancora una volta Israele come un fuorilegge internazionale e le Nazioni Unite approveranno risoluzioni che chiederanno la cessazione della nostra guerra di autodifesa. Ero membro del gabinetto di sicurezza israeliano quando abbiamo preso decisioni cruciali su come combattere il terrorismo durante la seconda Intifada nei primi anni Duemila, in un periodo in cui centinaia di civili israeliani venivano presi di mira e uccisi semplicemente per il fatto di vivere nello Stato ebraico. In quel periodo, ho anche avuto regolari conversazioni con i miei colleghi del governo americano su come gestire questa guerra asimmetrica. Alla luce di queste esperienze, so con certezza che Israele si impegna più di qualsiasi altro paese in tempo di guerra per cercare di ridurre al minimo i danni ai civili innocenti dalla parte del nemico. Questi strumenti includono missili speciali di avvertimento e persino messaggi di testo e telefonate, oltre a un addestramento approfondito dei piloti e ad altre misure, progettate per avvertire i civili palestinesi degli attacchi imminenti e a dar loro il tempo di mettersi in salvo. I terroristi di Hamas, invece, posizionano se stessi e le loro armi in aree densamente popolate, comprese le moschee, gli ospedali e le scuole, sicuri che ogni persona innocente uccisa sia un’altra vittoria della propaganda. L’unico modo per contribuire a neutralizzare questa spregevole arma non convenzionale nei prossimi giorni sarebbe che i leader delle democrazie occidentali e i governanti arabi responsabili rendessero assolutamente chiaro questo messaggio: ogni palestinese innocente ucciso in questa esplosione è una vittima di Hamas. Gli orribili eventi di sabato scorso non possono avere alcun risvolto positivo, ma il mondo trarrebbe enormi benefici se l’attacco spingesse le nazioni libere, insieme alle principali organizzazioni per i diritti umani, a unirsi finalmente nella lotta contro il terrorismo – e nella convinzione che ogni stato, ebraico o meno, ha il diritto di difendersi dall’assassinio indiscriminato dei propri cittadini.

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