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Il Foglio Rassegna Stampa
06.06.2023 Olanda: la censura islamicamente corretta
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 06 giugno 2023
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Il direttore della fiera d’arte più celebre al mondo cade per commenti anti woke»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/06/2023, a pag. 2, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo “Il direttore della fiera d’arte più celebre al mondo cade per commenti anti woke”.

Informazione Corretta
Giulio Meotti


Roma. Maastricht, in Olanda, è la città che ha dato il nome al celebre trattato firmato nel 1992 dai dodici paesi che allora erano membri della Comunità economica europea e che ha spianato la strada all’istituzione dell’odierna Unione europea e alla moneta unica. Maastricht ospita anche “Tefaf”, la fiera di arte e antiquariato più importante del mondo. Nel 2017, l’opera “Persepoli” dell’artista italiano Luca Pignatelli era stata accettata dalla commissione, che poi ne ha ordinato la rimozione. Consiste in un tappeto persiano sul quale è impressa una testa femminile. Nella motivazione ufficiale del rifiuto, la fiera ha definito “provocatoria” l’opera di Pignatelli. Tradotto: non volevano offendere l’islam ospitando Pignatelli che combina il tappeto (usato dai musulmani per pregare) con il volto di una donna. Oggi come allora, un po’ per le stesse ragioni Bart Drenth ha rassegnato le dimissioni da amministratore delegato della “Tefaf” meno di sei mesi dopo aver assunto l’incarico. Le dimissioni di Drenth arrivano pochi giorni dopo che il quotidiano olandese Telegraaf ha pubblicato un articolo che racconta i suoi tweet “anti-woke” (il suo account @bardrenth da allora è stato reso privato). Uno, pubblicato nell’agosto 2022, recita: “Proprio come con la rivoluzione iraniana, i benefattori di sinistra stanno mano nella mano con i jihadisti. Non sapendo che dopo il successo della rivoluzione moriranno per primi”. Altri tweet dicevano: “Speculare sulla transizione delle persone è un problema solo quando non sei musulmano”. E ancora: “Il woke è il nuovo Westboro: mercanti iper-calvinisti”. Un altro: “Davvero, i tuoi diritti L+ sono protetti al meglio se sventoli bandiere palestinesi durante la parata del Pride”. E, il mese scorso, Drenth ha scritto: “Normalizziamo le critiche al Corano e al Profeta”. Ma siamo nel paese dove il regista Theo van Gogh è stato ucciso per aver girato il film “Submission”, sulla donna nel mondo islamico. Dove l’artista iraniana Sooreh Hera doveva esporre in un museo dell’Aia una serie di opere fotografiche che ritraevano coppie omosessuali, fra cui una dove i modelli indossano maschere di Maometto e Alì. “Ti bruceremo viva”, “abbiamo ucciso una volta…”. Il museo ha così cancellato la mostra. E’ il paese dove il vignettista Gregorius Nekschot, che pubblicava sotto pseudonimo, ha annunciato che non avrebbe più realizzato i suoi disegni irriverenti: in uno di questi aveva scritto “Islamsterdam”. Troppo pericoloso continuare. In un’intervista a Volkskrant, il vignettista ha così spiegato la scelta di smettere di disegnare: “Posso essere di nuovo me stesso, non ho bisogno di essere misterioso sulla mia vita personale, non devo più preoccuparmi che la mia identità diventi nota. E’ la fine della paura”. E della libertà d’espressione. L’artista olandese Rachid Ben Ali è originario di Taza, in Marocco. La sua arte è cruenta ed erotica, denuncia l’oppressione, il fondamentalismo, la discriminazione. Rachid è stato attaccato dopo essere comparso sulla copertina di un magazine gay due mesi dopo l’omicidio del regista Theo van Gogh. Poi il Museo Cobra di Amsterdam ha esposto i quadri di Ben Ali come esempio del successo del multiculturalismo. Sono schizzi arrabbiati che includono attentatori suicidi e “imam dell’odio”, una sorta di Guernica islamica. L’artista inizia a ricevere minacce di morte da estremisti islamici e deve cambiare casa. Ben Ali oggi continua a esporre, ma non parla più di islam.

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lettere@ilfoglio.it

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