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Il Foglio Rassegna Stampa
01.02.2023 Vittoria dell’Ucraina per cambiare la Russia
Analisi di Paola Peduzzi

Testata: Il Foglio
Data: 01 febbraio 2023
Pagina: 1
Autore: Paola Peduzzi
Titolo: «Per una Russia diversa»

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 01/02/2023, a pag. 1, con il titolo 'Per una Russia diversa', l'analisi di Paola Peduzzi.

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Paola Peduzzi


Volodymyr Zelensky

Milano. Nel sondaggio pubblicato dalla Stampa nello scorso fine settimana, condotto dall’Euromedia Research e sintetizzato in: “L’Italia stanca di guerra. No all’invio di altre armi”, c’era una domanda sul futuro della guerra e della pace, tema cruciale da quando Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina. Venivano fornite tre alternative tra cui scegliere: negoziare con i russi un cessate il fuoco alle spalle degli ucraini per imporlo agli aggrediti (32,5 per cento); ridurre il sostegno militare a Kyiv fino a convincere Zelensky dell’impossibilità di vincere (24,9); entrare in guerra per salvare l’Ucraina e distruggere la Russia a rischio di distruggere anche se stessi (10,2). Per fortuna si poteva anche non sapere quale alternativa scegliere o non rispondere (il 32,4 per cento degli intervistati si è rifugiato qui, poco meno di chi vuole un cessate il fuoco da imporre agli ucraini), perché messo così, il futuro della guerra e della pace, spaventa non poco. E non è un caso che pochissimi abbiano detto di voler “distruggere la Russia”. La distruzione della Russia come obiettivo dell’occidente non è mai esistito: nessuno vuole distruggere la Russia, semmai è la Russia che vuole distruggere l’Ucraina, ed è proprio quello che sta facendo. Nella retorica antiucraina propagandata da molti ricorre spesso l’idea della distruzione – un falso – e a sua dimostrazione si riportano alcune frasi di leader occidentali, in particolare quella del capo del Pentagono, Lloyd Austin, dell’aprile scorso quando si spinse con le parole un pochino più in là rispetto alla Casa Bianca, ma non poi molto. In visita in Polonia, Austin disse: “Vogliamo vedere una Russia indebolita al punto di non poter più fare il tipo di cose che ha fatto nell’invadere l’Ucraina”, cioè Mosca “non dovrebbe avere la capacità di riprodurre molto rapidamente” le proprie forze e le proprie attrezzature che in quel momento erano state perse in Ucraina. Non c’è alcun riferimento a qualsivoglia distruzione, il segretario alla Difesa americano sottolineava la necessità di fermare Putin e di fargli rivedere i calcoli della sua invasione. Ma Austin passò per un distruttore della Russia (con lui l’America e gli alleati occidentali) e di lì in poi l’idea che l’occidente utilizzi l’Ucraina e gli ucraini come strumenti per annichilire la Russia si è fatta molto largo, col corollario osceno della strumentalizzazione delle vite (e delle morti) degli ucraini e con quello del cosiddetto “obiettivo originario” dell’America, cioè fare a pezzi la Russia. La dimostrazione sta anche e proprio nelle alternative poste nel sondaggio sulla stanchezza degli italiani, che sono riassumibili in: vuoi la resa degli ucraini, vuoi convincere Zelensky che non può vincere o vuoi cancellare la Russia, correndo il rischio che quella cancelli prima te? Il dibattito sul futuro della guerra è stato deturpato da domande e risposte mal poste: resta evidente che Putin potrebbe mettere fine alla guerra in qualsiasi momento e non lo fa, anzi è in perenne riorganizzazione e mobilitazione, con bombe che cadono indefesse sull’Ucraina. Vuole la guerra, non vuole la pace, e lui sì vuole una distruzione, quella dell’Ucraina. Sul futuro personale di Putin si sovrappongono teorie e chiacchiericci: ieri un suo ex collaboratore, Abbas Gallyamov, ha detto alla Cnn che l’economia russa si sta deteriorando, tornano sempre più cadaveri dal fronte, il presidente potrebbe cancellare le prossime elezioni e in questo momento “un colpo di stato potrebbe diventare possibile”. Gallyamov dà un tempo lungo a questa ipotesi, i prossimi dodici mesi, ma l’idea di un possibile golpe ieri è fluttuata sui media come una via d’uscita, un’altra alternativa sul futuro della guerra. La destituzione di Putin apre scenari confusi, prevale l’idea che un sostituto proveniente dal suo stesso entourage non cambierebbe in modo sostanziale l’aggressività russa, soprattutto se si pensa a un sostituto come Evgeni Prigozhin, l’efferato leader delle milizie della Wagner che perlomeno in questi mesi di brutture e violenze e crimini non viene più chiamato il “cuoco di Putin”. Ma l’idea di un cambio della guardia al Cremlino in realtà porterebbe dritta a una possibilità che, questa sì, potrebbe essere un esito auspicabile della guerra: non la distruzione della Russia ma una sua trasformazione. Garry Kasparov e Mikhail Khodorkovsky hanno pubblicato un saggio su Foreign Affairs dal titolo efficace: “Non abbiate paura del crollo di Putin. Vittoria per l’Ucraina, democrazia per la Russia”. Si dirà che siamo tornati all’idealismo ingenuo degli anni Novanta e inizio anni Duemila quando si pensava di poter tirare giù tiranni ed esportare la democrazia; si dirà che il campione di scacchi e l’ex oligarca finito in Siberia, considerati agenti stranieri dal Cremlino, hanno proprio il physique du rôle di quei leader esiliati e poco conoscitori del loro paese d’origine con cui si baloccavano gli americani quando volevano portare diritti e libertà in Afghanistan e in Iraq; ma i due indicano una strada impervia e idealista che è l’esatto contrario della distruzione della Russia. E’ la sua trasformazione, la possibilità per il popolo russo, vessato da Putin e incompreso nella sua complicità in occidente, di sperimentare quelle libertà che gli sono state negate per buona parte della sua storia e una coesistenza che ora sembra inimmaginabile con i paesi vicini. Noi la chiamiamo democrazia, ed è un possibile esito della vittoria dell’Ucraina contro Putin.

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