venerdi 19 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
15.11.2022 'Che la rivolta delle donne in Iran svegli le nostre femministe sul velo'
Giulio Meotti racconta Sylviane Agacinski

Testata: Il Foglio
Data: 15 novembre 2022
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «'Che la rivolta delle donne in Iran svegli le nostre femministe sul velo'»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 15/11/2022, a pag. 2, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo 'Che la rivolta delle donne in Iran svegli le nostre femministe sul velo'.

Informazione Corretta
Giulio Meotti

Sylviane Agacinski
Sylviane Agacinski

Roma. Sylviane Agacinski è una delle voci più originali nel panorama intellettuale francese. Di sinistra, Agacinski si è opposta al progressismo sociale dominante, prendendo posizione contro la mercificazione dei corpi introdotta dalla maternità surrogata e dalla procreazione medicalmente assistita. Ne ha pagato il prezzo, ricevendo dalla sua stessa famiglia politica, la gauche, strali di insulti e tentativi di censura (è stata cancellata anche all’Università di Bordeaux). Nel suo ultimo libro “Face à une guerre sainte” (Seuil), la filosofa ex compagna di Derrida e moglie di Jospin affronta un tema sul quale aveva sempre avuto posizioni più discrete: l’islam e la “guerra santa” in suo nome condotta in Francia. Annuncia un “attacco alla Francia” e la sua “ansia di vederla lacerata”. Figlia di padre polacco arrivato in Francia per fare il falegname nelle miniere, che “ha scambiato i re di Polonia con i re di Francia”, Agacinski non ha sempre militato su questo fronte. Nel 1989, durante la vicenda del velo a Creil (tre ragazze si erano presentate velate a scuola, provocando la prima grande controversia nazionale sull’argomento), Agacinski non firmò l’appello di Élisabeth Badinter, Régis Debray e Alain Finkielkraut contro la “Monaco della scuola repubblicana”. Oggi ha un’altra idea: “Il velo dovrebbe essere considerato un emblema politico”. Lo chiama il “paradosso di Martine”, dal nome dell’eroina di Molière che esclama: “E se mi piacesse essere picchiata?”. Sul velo critica le femministe occidentali complici di questo sfruttamento dei diritti umani da parte del proselitismo islamista. “E’ affascinante osservare il capovolgimento retorico con cui l’abolizione di una pratica sessista che separa e discerne le donne si trasforma in un atto di discriminazione ed esclusione”. Ma, come ricorda il Figaro, Agacinski non si impantana in uno sciocco laicismo freddo come le mura del Pantheon. “Le comunità umane non sono né puramente spirituali né puramente razionali”. Attacca “l’universalismo utopico e disincarnato” di Jürgen Habermas, che, secondo Agacinski, partecipa “allo svuotamento della nazione come entità storica”. Per Habermas bisogna abbandonare ogni idea di cultura maggioritaria. “La questione dell’integrazione degli stranieri in una nazione è risolta dalla disintegrazione della nazione”. Agacinski attacca un progetto politico legato all’islam. “Il proselitismo dei Fratelli musulmani è stato accompagnato ovunque, sin dagli anni 70, da azioni caritatevoli e sociali che avrebbero potuto unirsi alle rivendicazioni della ‘sinistra’. La connivenza di alcuni partiti e intellettuali di sinistra con gli islamisti si manifesta nel loro appoggio alla richiesta più visibile, ovvero il velo imposto alle donne”. A proposito di donne e velo, la filosofa francese elogia la rivolta in Iran: “Questa rivolta formidabile e comune delle donne iraniane di fronte alla repressione omicida della polizia potrebbe cambiare il futuro dell’Iran, e ha già cambiato il modo in cui i musulmani che vivono in Europa vedono i movimenti islamisti”. Ne ha anche per il multiculturalismo: “In una società, i princìpi fondanti della sua cultura non sono sempre compatibili con altre culture: si può rispettare o meno la democrazia; si può rispettare o meno la persona umana e il suo corpo. (…) Ebbene, una cultura religiosa che stabilisce la disuguaglianza tra uomini e donne non è compatibile con la nostra cultura”. Abbastanza per far nuovamente alzare in volo le arpie ansiose di distruggere la filosofa che svolazza fuori dai ranghi.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT