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Il Foglio Rassegna Stampa
03.07.2021 Ernesto Nathan, il migliore sindaco che Roma abbia mai avuto
Analisi di Michele Masneri

Testata: Il Foglio
Data: 03 luglio 2021
Pagina: 4
Autore: Michele Masneri
Titolo: «Un alieno a Roma»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 03/07/2021, a pag. IV, con il titolo "Un alieno a Roma" l'analisi di Michele Masneri.

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Michele Masneri

Mentre incombono le elezioni, mentre Calenda finge di essere già sindaco a Milano e va a incontrare Beppe Sala, mentre la Raggi inaugura le ciclabili più belle di tutte "perché non portano da nessuna parte", cit., i romani meditano il suicidio e i più coltivati tra loro ricordano Ernesto Nathan. Leggendario sindaco di Roma tra il 1907 e il 1913, la sua figura pare oggi una specie di amuleto, di talismano in grado di scacciare i peggiori presagi. Non è certamente celebre come il più acclamato Petroselli, che perì in servizio e di cui viene conservata imperitura memoria. E si capisce: ebreo, internazionale, "tecnico", Nathan fu un misto tra un Draghi e un Marino, che planò nella Roma Capitale già decotta a soli trent'anni dal suo essere divenuta appunto capitale.

Un nuovo Nathan per la sinistra a Roma - LAGONE
Ernesto Nathan

Lo racconta bene Fabio Martini, giornalista della Stampa, in "Nathan e l'invenzione di Roma. Il sindaco che cambiò la Città eterna", appena uscito per Marsilio. La Roma post-unitaria è incredibilmente e impressionantemente simile a quella di oggi: con le inondazioni (causa Tevere non ancora spalleggiato); con problemi sanitari e monnezza; con colonie di disgraziati che abitano nei posti più tremendi (baracche ovunque, anche ai nascenti Parioli, e sulle rive del Tevere, queste dette "villaggi abissini"); con un confine indefinito tra città e campagna (Ugo Ojetti ricorderà che da piccolo, in pieno centro, la mattina per andare a scuola si faceva un bel bicchiere di latte di capra fumante, costo una lira, grazie al pastore che col suo gregge transumava nei pressi di Montecitorio). Una città carissima e sovrappopolata, con un mercato immobiliare drogato ancorché con case orrendamente manutenute. Una città immersa in una specie di incantesimo, quella di Roma "ingovernabile", che dopo Nathan si sarebbe richiuso nuovamente sulla città. Si capisce anche il mood di una città che non cambia mai: la quota di persone che vi campa di elemosine e prebende e sussidi pubblici, insomma un reddito di cittadinanza e cashback ante litteram, è ai primi del Novecento del 30 per cento (ma oggi quanti saranno? Sarebbe interessante fare il calcolo, partendo da tutti quegli amici che si conoscono e che non abbiamo mai capito che lavoro fanno, o se lavorano). Il debito pubblico dello stato pontificio è poi il triplo rispetto a quello di Napoli e del regno di Sardegna: un welfare state costoso ma che assicurava una pace sociale altrove sconosciuta: se le grandi città europee ribollono e sobbollono e lo spettro del comunismo è in arrivo, grazie all'industrializzazione (la prima edizione del "Capitale" è del 1867), a Roma grazie al welfare papalino vige una straordinaria, costosissima pace sociale: tra prebende e un'economia primordiale. Nathan arriva in questo contesto veramente come un alieno: cosmopolita, liberale, ebreo, nato e cresciuto a Londra, figlio di Meyer Moses, agente di cambio ricco e vissuto a Parigi (ma, addirittura, narra la leggenda, figlio illegittimo di un Rothschild). A casa Nathan a Londra uno degli ospiti illustri è Mazzini, una sorta di padrino per il futuro sindaco di Roma che rimane presto orfano. E tenta avventure imprenditoriali, in Sardegna e a Londra, ma non funzionano. E dunque, come si è sempre fatto nelle famiglie "bene", se il figlio non riesce negli affari lo si manda in politica.

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La copertina (Marsilio ed.)

Nel frattempo a Roma, a seguito dell'arrivo dei piemontesi, sorgono un sacco di giornali: La capitale, la Gazzetta del popolo, il Colosseo, il Tempo, la Gazzetta ufficiale di Roma, il Messaggero; Nathan viene allora mandato a Roma a fare l'amministratore, oggi si direbbe il ceo, di uno di questi, della "Roma del Popolo". Ma poi muore il suo maestro Mazzini e lui scenderà finalmente in politica. Dopo vari tentativi diventa sindaco. Nel 1907, a sessantadue anni. Alle elezioni votano ventisettemila persone, un record (ma all'epoca votavano solo uomini, con laurea, tasse pagate, e un certo diremmo oggi Isee). E iscritti ai registri, come in America oggi. Nel discorso di insediamento si dirà decrepito, gli resta poco da vivere (a quel tempo l'aspettativa di vita è di 43 anni). E' il primo sindaco non cattolico di Roma. Ma non è nemmeno romano, né italiano: otterrà la cittadinanza solo prima di candidarsi. E non sa bene la lingua, l'ha studiata sui libri, dirà d'essere "privo delle veneri dello stile e dell'espressione dei vantaggi della lingua parlata". Ma proprio il suo non essere romano, italiano, cattolico, lo porta a rottamare tutto un sistema. Porta una specie di buon senso cosmopolita che si vede soprattutto in piccoli gesti e nella mancanza di tromboneria. "Promettere poco per mantenere molto, invece di promettere molto per mantenere poco", è una frase che va le come manifesto. Appena muore Mazzini, il suo maestro, l'Italia tutta si butta in polemiche e proclami per erigere una infinità di monumenti all'eroe. Ma Nathan dice: piuttosto, investiamo questi soldi in scuole. Lotta contro la "Legge Cavour" che schedava le prostitute, accusate di sovvertire l'ordine sociale attaccando la sifilide ai valorosi soldati italici. Prostituirsi è davvero un delitto, e in cosa cambia, si chiede, la prostituzione fisica, rispetto "al ministro che vende la coscienza, il deputato che vende il voto, il prete che vende la religione"? Naturalmente è un massone, anzi super massone. Diventa capo del Grande Oriente d'Italia. Ma massone illuminato: predica la trasparenza e non ingerenza negli affari di Stato, tagliando gli aspetti iniziatici ed esoterici, aumentandone quelli laici e anticlericali. "Non ha limiti il nostro rispetto, la nostra tolleranza per ogni convenzione religiosa, quando rinunci ad usurpazioni di pubblico dominio per esercitare la sua influenza nell'ambito della privata coscienza", dirà. Bisogna capire che all'epoca il sindaco di Roma non contava niente. I sindaci duravano cinque-sei mesi e poi si dimettevano, erano generalmente nobili prestati alla politica. Le decisioni le prendeva il Papa o poi il governo centrale: tra il 1871 e il 1906 si susseguono così 24 amministrazioni (insomma niente rispetto ai 6 capi di gabinetto cambiati dalla Raggi in cinque anni).

Con Nathan i sindaci di Roma cominciano a fare i sindaci. Lui rimane in carica addirittura sei anni. E' una città in cui la Chiesa agisce come straordinario tappo verso la modernità. Papa Gregorio XVI a proposito della ferrovia scriverà che "la strada di ferro è la strada per l'inferno". E l'illuminazione a gas "un fattore sovversivo della naturale alternanza tra giorno e notte". A Roma l'illuminazione privata con quel sistema arriva infatti con trent'anni di ritardo rispetto alle altre grandi città europee e italiane. E comunque le strade come oggi sono buie, i lampioni non funzionano, si utilizza ancora l'olio d'oliva, l'acetilene, il petrolio. Di notte Roma è "una necropoli immensa". Tutti i servizi però costano il doppio del normale: siamo in pieno marchese del Grillo: il gas costa 20 centesimi per cubo, il doppio che altrove; l'elettricità 70 centesimi a chilowattore, contro i 15 di prammatica. Nei servizi, Nathan metterà in campo un city manager bestiale, l'economista e socialista lombardo Montemartini (Nathan si circonda rigorosamente di non romani), creandolo "assessore ai servizi tecnologici" (siamo nel 1907!). A quel tempo tutti i servizi erano nelle mani di mega monopoli privati. "L'elettricità e il gas erano distribuiti dalla Società anglo romana (sar), i trasporti dalla Società Roman Trawways (detta "la belga", per i capitali); una Water company (di nuovo, anglo-italiana) per l'acqua. Nathan e Montemartini procedono a una nazionalizzazione non ideologica ma pragmatica, che vada a favore dei cittadini-consumatori. Nel 1912 sorgono due linee di tram e un impianto comunale di energia elettrica all'Ostiense (che poi prenderà il nome del nume tutelare elettrico Montemartini, e poi diventerà un muso tipo gare d'Orsay negli anni della rinascita romana di fine Novecento).

La battaglia dell'elettricità pubblica, contro la Anglo-romana ammanicatissima con la politica, è epica, e pare oggi quelle dei gestori snelli e freschi per cambiare gestore di telefonino. Montemartini lancia la sua offerta a 50 centesimi al metrocubo contro i 70 del monopolista, il monopolista risponde che i nuovi elettrodotti pubblici rovinano l'ambiente (siamo nel 19089. I trasporti pubblici saranno un altro successo clamoroso: alla fine del '29 la rete tramviaria è lunga 400 chilometri, un'avanguardia internazionale. Naturalmente ci pensa il fascismo con la sua grandiosità demente a farne piazza pulita: "voi toglierete dalle strade monumentali di Roma la stolta contaminazione tramviaria", dice Mussolini, che si immaginava un sistema sotterraneo efficientissimo, "con modernissimi mezzi di comunicazione" che portino "alle nuove città che sorgeranno, in anello, attorno alle antichità", e si vede com'è finita. Poi case popolari, regolamento sugli sfratti, lotta all'abusivismo. Un piano regolatore rivoluzionario, fatto fare genialmente al capo del genio militare di Milano, il conte e generale Edmondo Sanjust di Teulada, esperto soprattutto di porti, ma scelto perché resistentissimo e distante dalle pressioni romane. E controllo micidiale dei costi. Dal bilancio, leggende. Nathan a un certo punto si accorge che nei conti comunali c'è una voce "frattaglie per felini", felini che nello specifico dovevano scacciare i topi dagli archivi comunali. Al ché il sindaco prese una penna e tracciando una bella linea dritta pare che disse: "nun c'è trippa pe' gatti", da lì la leggenda, anche se pare poco realistica data la mancanza di conoscenza del parlato suddetta del sindaco. Il comune di Roma è già allora un inferno: "è un da fare inconcepibile, per quei di buona volontà, e mici includo, che accettando, vogliono far sul serio e ridurre il disordine a condizioni normali" (Ridurre il disordine a condizioni normali sembra lo slogan e programma di governo più realistico e intelligente che si sia mai sentito). E ancora: "Difficile compito con una tradizione ed un arruffio di interessi come esiste qui, ed in cui, se non cadiamo, più d'una volta incespicheremo". E' una città in pieno boom edilizio. Una città, secondo Giulio Carlo Argan che sarà a sua volta sindaco "in cui i nobili e i preti, padroni di quasi tutto il suolo, hanno cominciato a venderlo alla borghesia, e questa a costruire e speculare (mentre i contadini si trasformavano in muratori". Ma il boom è anche demografico.

Da Porta Pia (1870) al 1900 la popolazione raddoppia, passando da 200 a 400 mila abitanti: una città ancora di maschi, preti o aristocratici, in cui le donne sono in minoranza e vi rimarranno fino agli anni Trenta (non succederà come a San Francisco dove, causa squilibrio demografico e febbre dell'oro, a un certo punto furono costretti a importare diecimila signore, prezzolate e non, dall'estero). Ma il clima di corsa all'oro è simile, solo che qui è una Silicon Valley della burocrazia: uffici, protocolli, apparati, cancellerie, ministeri. Questo attira i forestieri in cerca di un impiego. Tanto che Quintino Sella, startupper piemontese ministro dell'economia, di una dinastia bancaria fiorente ancor oggi, dirà: "Non è soltanto per portarvi i travet, che noi siamo venuti in Roma". Mentre oggi i travet sono gli unici rimasti in città, nella fuga di aziende e banche (proprio l'altro giorno il candidato sindaco ed ex ministro dell'Economia Gualtieri ha detto che le banche devono tornare a Roma). Tuba nera, occhiali pince-nez come Cavour, Nathan era e rimase sempre un marziano ante litteram. "Natànne", presero a chiamarlo i romani. Puntuale la descrizione del Giornale d'Italia: "un uomo ancora vigoroso, alto di statura, un po' dinoccolato nell'andatura: parla con lentezza ma con precisione e chiarezza di idee, dice con accento marcatamente esotico". Lui e la moglie Virginia prendono casa prima in centro, ma poi costa troppo, e come noi oggi si spostano all'Esquilino. Intanto sorgono nuovi quartieri: Prati, monumento urbanistico all'anticlericalismo, con la chiesa valdese oggi incistata in piazza Cavour, e uno dei corsi principali dedicati a Cola Di Rienzo, simbolo antipapista, che sfocia addirittura in piazza della Libertà. E chissà che Italia sarebbe stata avesse prevalso la linea Mazzini-Nathan con le loro ossessioni, la "affermazione dell'individuo nella libertà, con attenzione", scrive Martini, "verso i piccoli produttori, i cooperatori e per quei ceti sociali oppressi dall'ignoranza e dalle superstizioni".

La scuola è proprio centrale per Nathan: appoggia un sistema di scuole rurali sparse nelle campagne; e poi una sconosciuta maestra che applica un metodo rivoluzionario, e che nessuno vuole finanziare, Maria Montessori. Nathan aveva capito anche quanto è complicata la relazione dell'Italia con la sua capitale (e si vede ancor oggi, per come è amministrata, e per il livello di certi candidati). Capitale rimossa e odiata da tanti. Il trasferimento delle funzioni da Firenze a Roma registrò il 30 per cento di contrari nella votazione parlamentare. Guido Piovene in "Contro Roma" scriveva che "mentre le altre grandi capitali europee hanno sovrastato la storia della nazione prima che fosse fatta", Roma invece è stata una capitale "che si aggregata quando la nazione si era già compiuta". Ci sono le resistenze, non solo del Papato, ma anche, poi dopo, quella dei governi centrali, che mal sopportano quel centro di potere. E delle altre grandi città storiche. Odio che riesplode di quando in quando. Come nel 1908, quando la città si candida alle Olimpiadi e tutta Roma si mobilita, il re e la regina scortano il barone de Coubertin entusiasta in giro per villa Borghese. Dopo le Olimpiadi negli Stati Uniti del 1904, il barone era entusiasta che "dopo un'incursione nell'America utilitaristica i giochi avrebbero ripreso la loro toga sontuosa, tessuta d'arte e di pensiero, cui io avevo voluto fin dal principio ammantarli"). Ma il governo centrale non vuole, "non si fa squadra", e insomma le solite questioni. Nathan, che sapeva bene quanto fosse importante l'appoggio del governo, regalò una piccola lupa d'argento a Giolitti. E pare che Giolitti la tenne sempre sul comodino, in modo da vederla al mattino e alla sera. E certo fa un po' impressione che il primo ministro avesse bisogno di quel gadget, per non scordarsi di quella strana, magnifica, sgangherata città che lo ospitava: e che, in un modo o nell'altro, nel bene e nel male, rimaneva la capitale d'Italia.

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