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La Nazione Rassegna Stampa
12.11.2022 Germania,Il nazista vicino di casa
Analisi di Roberto Giardina

Testata: La Nazione
Data: 12 novembre 2022
Pagina: 4
Autore: Roberto Giardina
Titolo: «Il nazista vicino di casa»

Riprendiamo da Nazione/Resto del Carlino/Il Giorno del 12/11/2022, l'analisi di Roberto Giardina

Un lungo viaggio in Francia in compagnia di Roberto Giardina
              Roberto Giardina

 80 anni fa la “notte dei cristalli” tra odio e indifferenza - Vatican News

BERLINO – Come ogni anno il nove di novembre si ricorda la caduta del muro a Berlino, e la „Kristallnacht“, il grand pogrom nel III Reich, quando vennero date alle fiamme le sinagoghe e devastati i negozi degli ebrei, la notte dei cristalli, delle vetrine andate in frantumi. Vengono pubblicate foto, e Yad Vashem, l´ente nazionale per la memoria della Shoah a Gerusalemme, ha diffuso nuove immagini inedite: perché la gente ricordi, la dimostrazione che non si poteva non sapere. In ogni città, in ogni paese, strada per strada, il nove novembre del ´38, si diede la caccia agli ebrei. E al pogrom presero parte anche normali cittadini. Nel mio quartiere a Berlino, una sinagoga si trovava nella Fasanenstrasse, e venne data alle fiamme. Ora è stata ricostruita. Si trova in pieno centro, come a Roma in una traversa di Via Veneto, o a Milano in Via Montenapoleone. Oggi è sorvegliata dalla polizia, come una libreria ebraica a poche centinaia di metri. L´antisemitismo è sempre presente nella Germania di oggi. Si temono violenze da parte degli immigrati musulmani, ma anche dalle frange neonaziste. Fino a un recente passato un ebreo poteva passeggiare tranquillamente per Berlino. Oggi, si consiglia di non farsi riconoscere, di non portare la kippa. E´ un tragico paradosso. Per non essere accusati di discriminazione razziale, si evita spesso di registrare le aggressioni a ebrei come antisemitiche, e i giornali non pubblicano l´etnia degli aggressori. Normali atti di violenza. Nella Fasanenstrasse, a due passi dalla sinagoga si trova lo storico albergo Kempinski, ora diventato Bristol. Di recente, un cliente ha notato che nel cartoncino in camera con i prefissi di tutte le città del mondo, non si trovava più il prefisso di Israele. I migliori clienti dell´albergo sono i ricchi arabi. Una disattenzione, si è scusato il direttore dell´hotel. La memoria svanisce. Dalla caduta del muro sono trascorsi appena 33 anni, eppure è difficile ricordare esattamente dove passasse. Una striscia di sampietrini è stata posta lungo il tracciato, ma si è dovuto ricorrere alle foto dei satelliti per non sbagliare. Nelle scuole è stato chiesto chi lo avesse eretto. Molti ragazzi hanno risposto: Hitler. Il Führer colpevole di tutto, una domanda facile. E, in fondo, una risposta non del tutto sbagliata. Berlino fu divisa a causa della sconfitta del III Reich. Nel mio quartiere abitavano famiglie di ebrei borghesi, molti abbienti. E furono tra quelli che si illusero più a lungo. Erano inseriti nella società, alcuni avevano combattuto nella Grande Guerra con la divisa tedesca, anche da ufficiali, generali. Persero del tempo fatale. Dopo la notte dei cristalli, cominciò l´esodo. Molti non fecero in tempo. A lasciare la Germania furono in 280mila. Davanti al portone di un palazzo nel mio quartiere, ho contato ben 14 pietre d´inciampo. Furono deportati e morirono nei lager, i membri di tre famiglie, padri, madri, bambini. Leggo i nomi, e mi chiedo chi fossero. “Se non si va nei luoghi della memoria, io porto la memoria a domicilio,” dice il giornalista americano Terry Swartzberg, 69 anni, da 27 a Monaco. Va di strada in strada con la sua “Erinnerungswerkstatt”, letteralmente l´officina dei ricordi, uno scatolone mobile con cassetti. Un´azione iniziata il primo dicembre del 2012, che non trova tutti d´accordo nella stessa comunità ebraica della capitale bavarese. “E io comprendo le ragioni di quanti non sono d´accordo”, commenta. Meglio non provocare, vivere tranquilli. Terry porta la kippa: “Che possa essere pericoloso non mi preoccupa”. La polizia lo sorveglia pro forma, per la sua sicurezza, quando si sistema in una piazza o in un parco. Terry rispetta la legge e comunica alla polizia in anticipo ogni intervento. Qualche volta gli dicono di no, un divieto motivato da situazioni contingenti, dal traffico, dalla prudenza in alcuni quartieri. Sai che cosa è avvenuto nel tuo palazzo? chiede ai passanti che si avvicinano incuriositi. Vi abitavano ebrei? Che fine hanno fatto? Non chiede denunce che avrebbero poco senso quasi novant´anni dopo. Quando veniva deportata una famiglia ebrea, i beni, quadri, mobili, argenteria andavano all´asta tra i vicini, dopo che la Gestapo e i funzionari del partito si erano già impadroniti dei pezzi più pregiati. Magari il tappeto, o la statuetta di Meissen, ereditati dal nonno, appartenevano a qualcuno finito a Auschwitz. Sei milioni di ebrei uccisi sono al di là della nostra immaginazione. Conoscere il nome di chi abitava in un recente passato nel nostro appartamento, o sullo stesso pianerottolo, finito in una camera a casa, ci colpisce e ci ferisce, come se lo avessimo conosciuto. E Terry ce lo presenta, o stimola a chiedere, a informarsi. Il palazzo al numero 1 della Robert Koch Stasse era una Judenhaus, un punto di raccolta per gli ebrei in attesa della deportazione. Da qui partirono in quaranta. Ma non ci sono pietre d´inciampo a ricordare i loro nomi.

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