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La Nazione Rassegna Stampa
26.10.2021 Le ultime ore nel bunker di Hitler
Commento di Roberto Giardina

Testata: La Nazione
Data: 26 ottobre 2021
Pagina: 31
Autore: Roberto Giardina
Titolo: «I telegrammi dal Bunker: l'urlo finale di Hitler»
Riprendiamo da NAZIONE/RESTO del CARLINO/IL GIORNO di oggi 26/10/2021, a pag.31 con il titolo "I telegrammi dal Bunker: l'urlo finale di Hitler" il commento di Roberto Giardina.

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Roberto Giardina

La verità sulle ultime ore di Hitler

Un giovane ufficiale francese nella Berlino in macerie si portò via un pezzo di storia come souvenir, e lo conservò in soffitta fino alla morte. Dopo 76 anni, due storici, Xavier Aiolfi e Paul Villatoux, pubblicano quei documenti, lettere e telegrammi di Adolf Hitler, spediti e ricevuti nelle ultime ore del Reich, nel Bunker di Berlino. Finora le decisioni finali del Führer erano state ricostruite grazie a tre testimonianze ritrovate in altri luoghi in Germania. Alla fine dell'aprile 1945, i nazisti avevano cercato di bruciare gli archivi, le poche carte rimaste furono portate via dai soldati sovietici, i primi a conquistare Berlino, e a irrompere nel Bunker, non lontano dalla Cancelleria. Trovarono anche i resti semicarbonizzati di Hitler e di Eva Braun. II Führer si era tolto la vita insieme con la compagna, sposata in extremis, dando ordine che i loro corpi venissero bruciati. Ma quel che accade è confuso e contraddittorio, tanto che nacquero leggende, a cui molti si ostinano ancora a credere. Hitler era riuscito a fuggire dalla sua capitale in fiamme, per nascondersi in Sud America? II capitano Michel Leroy, non ancora trentenne, giunse a Berlino qualche mese dopo la fine della guerra, in novembre, e volle andare a visitare il Bunker.

L'impossibile fuga di Adolf Hitler dal bunker della cancelleria | L'HuffPost

In una stanzetta in fondo a un corridoio, a dodici metri di profondità, sotto un cumulo di detriti, calcinacci e mobili a pezzi, trovò un fascio di carte e se le portò via, in tutto una settantina di documenti. Non cercó di venderle ai cacciatori di souvenirs, anche se avrebbe ottenuto una piccola fortuna. Leroy è morto più che novantenne, e i nipoti hanno trovato quel "bottino di guerra" dimenticato in soffitta nel novembre del 2016. E lo hanno consegnato ai due storici, che lo pubblicano nel libro The Final Archive of the Führerbunker (editore Casemate). «È una testimonianza storica importantissima», dichiara Xavier Aiolfi. II documento più importante è il telegramma del Fuhrer all'Alto Comando della Wehrmacht, il 16 aprile, in cui dà ordini per organizzare l'ultima difesa di Berlino, sposta divisioni ormai accerchiate dagli Alleati, o impartisce istruzioni a divisioni fantasma, annientate da un paio di anni. La prova della follia di Hitler che sperava ancora di bloccare l'Armata Rossa, per costringere americani e inglesi o concedergli un armistizio, per non favorire l'Unione Sovietica. È incredibile che qualcuno gli obbedisse e gli credesse ancora. Quando i reparti sovietici erano giunti a poche decine di metri del Reichstag, le SS costringevano le ultime reclute, ragazzi di quindici anni, a affrontare con i fucili i panzer dell'Armata Rossa, e impiccavano ai lampioni quelli che cercavano di mettersi in salvo. In un messaggio alla moglie Gerda, che si trovava nelle Alpi Bavaresi con i dieci figli, Martin Bormann, il segretario del Führer, scrive: «Ormai è finita, ma il capo rimarrà qui qualunque cosa accada». Lui rimane fedele. Nel Bunker alle 15 del 23 aprile giunge il dispaccio di Hermann Göring, che chiede di prendere il comando del Reich: «Se lei rimane a Berlino, e non sarà più in condizione di agire». Se entro le 22, non riceverà risposta, Göring si considererà l'erede legittimo di Hitler. Bormann blocca tutta la posta in arrivo, e corre da Hitler per denunciare il «tradimento». II Führer è preso da un accesso di ira, e ordina (consigliato dal segretario) di mettere Göring agli arresti, in attesa del processo e della condanna a morte. Un altro ordine che non può essere eseguito. Tra tanti documenti, anche un disegno a pastello mandato a Bormann, 45 anni, da una delle sue figlie: fiori variopinti e farfalle, che il padre appese alla parete della sua stanzetta. II simbolo di un mondo pacifico e felice, il sogno di una bambina. Hitler si uccise iI 30 aprile, Bormann tentò di lasciare il Bunker il 2 maggio, e scomparve. A lungo si credette che vivesse nascosto in Argentina, ma i suoi resti furono trovati nel '72. Forse si tolse la vita, o fu ucciso da un soldato. Non è stato possibile distruggere il Bunker, dalle pareti spesse quattro metri. Oggi è nascosto sotto un parco giochi per bambini.

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