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La Nazione Rassegna Stampa
03.11.2015 Gianni Pittella: eurodeputato socialista o portavoce di Hamas?
Lo intervista Matteo Massi

Testata: La Nazione
Data: 03 novembre 2015
Pagina: 12
Autore: Matteo Massi
Titolo: «Stop agli insediamenti Israeliani. Pittella: altrimenti sanzioni dall'Ue»

Riprendiamo dalla NAZIONE - CARLINO - GIORNO, con il titolo "Stop agli insediamenti Israeliani. Pittella: altrimenti sanzioni dall'Ue", a pag. 12, l'intervista di Matteo Massi a Gianni Pittella.

Gianni Pittella è capogruppo degli europarlamentari socialisti e democratici. Eppure, a leggere questa intervista, sembra il portavoce di Hamas. Ecco un saggio delle sue dichiarazioni: "per far partire il negoziato devono finire gli insediamenti israeliani nel territorio palestinese, serve una sorta di blocco. Se non c'è, non si può nemmeno cominciare a negoziare". E come giustifica queste affermazioni ridicole? Sostenendo che "Mi è stato detto che il 64% del territorio palestinese è occupato da Israele e il 92% dell'acqua è in mano ai coloni". Gli è stato detto. Da chi? Da Hamas, forse?
E, non pago, l'eurodeputato conclude: "
L'ultima condizione è che vengano liberati i prigionieri palestinesi".
In linea con le "richieste" del terrorismo palestinese.

Ecco l'articolo:

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Gianni Pittella

BEIRUT è un punto d'osservazione privilegiato - un eufemismo, ovviamente - per provare a capire che cosa sta succedendo in Medio Oriente. Gianni Pittella, ex vice presidente dell'Europarlamento e ora capogruppo degli eurodeputati socialisti, per due giorni è stato laggiù.

Punto d'osservazione privilegiato ma anche piuttosto preoccupato? «Sì - dice Pittella - il Libano è uno stato cuscinetto nella situazione in Medio Oriente dove ci sono due questioni cruciali da affrontare: la Siria e il rischio di una terza Intifada tra Israele e Palestina».

Tocca all'Unione Europea intervenire? «Certamente. Sono i partner mediorientali a chiedere all'Europa di essere protagonista. Perché da un lato c'è una forte azione della Russia e dall'altro lato c'è una debolezza da parte degli americani».

Partiamo dalla Siria. «Gli obiettivi devono essere chiari: l'Isis va sconfitto e serve una defenestrazione morbida di Assad. Il negoziato di Vienna con il coinvolgimento di Russia e Iran può segnare una svolta in questa direzione».

E sul rischio di una terza Intifada, l'Europa dove potrebbe mettere le mani? «Potrebbe avviare una ripresa dei negoziati tra Israele e Palestina».

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Un "bravo ragazzo" palestinese (parola di Gianni Pittella, della mamma del terrorista e di Hamas)

Ma a che cosa dovrebbe portare un nuovo negoziato? «Innanzitutto il quadro in cui aprire il negoziato deve essere chiaro: descalation immediata delle violenze, ma per far partire il negoziato devono finire gli insediamenti israeliani nel territorio palestinese, serve una sorta di blocco. Se non c'è, non si può nemmeno cominciare a negoziare. Mi è stato detto che il 64% del territorio palestinese è occupato da Israele e il 92% dell'acqua è in mano ai coloni. L'ultima condizione è che vengano liberati i prigionieri palestinesi».

E dopo che si fa? «Si sorveglia e si sanziona. Chi non mantiene gli impegni e non rispetta le condizioni va sanzionato».

Un po' come è successo con la crisi in Ucraina? «In quel caso la Russia è stata sanzionata perché ha violato l'integrità territoriale dell'Ucraina».

Quindi serve la mano pesante? «Se si riaprono i negoziati tra Israele e Palestina e si raggiungono degli accordi, anche parziali, ci vuole una capacità sanzionatoria per chi viola gli accordi. Altrimenti tutto è inutile. In questi anni, mentre si negoziava, i coloni israeliani occupavano altro territorio e Hamas dall'altra parte lanciava razzi contro Gerusalemme. Quando si tratta ci vuole una forza che faccia rispettare la sicurezza e che non permetta di costruire nuovi insediamenti. Altrimenti è tutto un bluff. E questo bluff determina una delusione soprattutto nei giovani. Quello che sta succedendo ora».

In che senso? «I giovani palestinesi che hanno usato i coltelli in queste settimane, sono figli di una generazione che non ha conosciuto il trattato di Oslo e che è profondamente delusa che della Palestina non ci stia rimanendo più nulla. Non è nemmeno più Hamas. Comportamenti esecrabili certamente, ma è una reazione a un'azione».

Concretamente, quali possono essere i prossimi passi? «Mi aspetto che la Mogherini che sta lavorando tanto e bene su queste questioni insista. Intanto Schulz sta organizzando per dicembre una plenaria del Parlamento europeo con il leader palestinese Abu Mazen e il presidente del parlamento israeliano. Quella sarà l'occasione giusta per l'Europa per cercare di trovare una soluzione».

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