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Rassegna Stampa
02.05.2002 3/5/02 Arafat è libero, ma lo è anche la stampa italiana?
Arafat libero

Testata:
Autore: un giornalista
Titolo: «un articolo»
Le cronache della " liberazione " di Arafat dalla sua " prigione " di Ramallah campeggiano sulle prime pagine dei nostri giornali, come è giusto che sia. Ma sono uguali, o molto simili, tra loro - in particolare per quanto concerne le omissioni.

Abbiamo tentato di mettere a confronto i resoconti dell'avvenimento descritti nei siti Internet (il 2 maggio non ci sono giornali in edicola) da Corriere della Sera, La Stampa , Repubblica e Il Nuovo. Tentato, perché in realtà i resoconti sono troppo simili fra loro nel modo acritico in cui inneggiano a questa trionfale passeggiata fra il suo popolo di un leader risuscitato. Certo, ovunque si può leggere che si è arrabbiato per la situazione esistente a Betlemme, ma solo chi lo ha visto nei telegiornali si è potuto rendere conto di come Arafat sie oramai visibilmente non più in grado di padroneggiare le proprie reazioni. Nessun resoconto scritto ne rappresenta lo scatto di incontenibile e brutale ira.
E che dire delle sue due affermazioni, riportate da tutti:che i bambini devono immolarsi per la Palestina, e che egli ha sempre protetto i luoghi santi di tutte le religioni, ebraica cristiana e musulmana? Le due affermazioni sono scivolate via con perfetta indifferenza, come se Arafat avesse affermato che quando piove ci si bagna.
Nessuno dei corrispondenti o dei redattori responsabili ha accennato alla gravità di un appello ai bambini (bambini!) ad "immolarsi", nessuno ha ricordato che la Chiesa della natività è stata occupata militarmente da uomini di Arafat armati fino ai denti, che vi hanno sequestrato ragazzini civili e frati, e che se ancora non si è giunti ad un accordo la colpa è solo sua, che ha bloccato ogni tentativo dei palestinesi asserragliati di trattare con gli israeliani; nessuno ha ricordato che la difesa di Arafat dei luoghi santi ebraici ha causato la distruzione e la dissacrazione di antiche tombe legate a personaggi biblici e di sinagoghe.

Ma vi è di più in questo corale osanna alla "liberazione" di Arafat. Ed è che nessuno dei citati quotidiani, e di altri, ha ricordato che Arafat sarebbe stato libero dopo 24 ore, se solo avesse ammesso che il responsabile del tentativo di introdurre una nave stracarica di armi ed i responsabili dell' assassinio del ministro Zeevi erano lì con lui, se avesse accettato subito di processarli, se avesse accettato subito di assumersi la responsabilità politica derivante dalla protezione che egli accordava loro. Egli invece negò e negò e negò di conoscerli, di averli mai visti, di averli accolti nel suo quartier generale, adducendo questa sua ignoranza totale come motivo del non poterli processare.Ora, che ha implicitamente ammesso davanti al mondo di aver sempre mentito, Arafat è "libero", libero dalla prigionia che egli stesso aveva scelta.


redazione@ilnuovo.it

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