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La Stampa Rassegna Stampa
21.03.2024 Aaron Fait: Torino, scelta razzista e ignorante, il rettore deve dimettersi
Intervista di Fabiana Magrì

Testata: La Stampa
Data: 21 marzo 2024
Pagina: 2
Autore: Fabiana Magrì
Titolo: «Aaron Fait 'Scelta razzista e ignorante il rettore dovrebbe dimettersi'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/03/2024, a pag. 2, con il titolo "Aaron Fait 'Scelta razzista e ignorante il rettore dovrebbe dimettersi'", l'intervista di Fabiana Magrì ad Aaron Fait

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Fabiana Magrì

Aaron Fait, professore di biochimica delle piante all'università Ben Gurion del Negev. La scelta dell'Università di Torino di boicottare le università di Israele è stata per lui «una brutta sorpresa. Un fulmine a ciel sereno». Il rettore deve dimettersi

«È un messaggio di debolezza e povertà intellettuale, quello di un'università e di un rettore che cedono al boicottaggio accademico». Con profonda amarezza Aaron Fait, professore di biochimica delle piante all'università Ben Gurion del Negev, commenta la decisione del senato accademico dell'Università di Torino di non partecipare al bando Maeci 2024 per lo scambio con gli atenei israeliani. «È stata una brutta sorpresa. Un fulmine a ciel sereno», aggiunge il docente italo-israeliano, nato a Bolzano da famiglia triestina. «Perché - spiega - proprio un mese fa il nostro vicepresidente è stato a Torino per incontri e collaborazioni. Ne abbiamo diverse. E anche personalmente, è una città che mi ha sempre accolto e ospitato con affetto nelle scuole, anche nei licei, per miei seminari su Israele e sulla scienza».
La sorpresa diventa delusione mentre riflette - al volante della sua auto dopo una giornata al campus di Sde Boker dove insegna - sulle implicazioni della scelta dell'ateneo piemontese. «Il boicottaggio verso Israele non è mai servito a niente. Mi fa davvero una grande tristezza. Questo ostruzionismo generale non ha un vero scopo se non quello di mettere una X su un'intera nazione, su un intero popolo. Non ci porta certamente verso un mondo migliore. Al contrario, si ottiene l'inverso. E poi - si domanda - che senso ha accusare qualcuno di razzismo attraverso un comportamento razzista?».
Oltre che deluso, lo scienziato esprime preoccupazione. Fait sta rientrando a casa dalle figlie, a Holon dove vivono, vicino a Tel Aviv. Pensando a loro, porta un esempio dal suo microcosmo. «Le mie bimbe vanno in una scuola, un asilo arabo ed ebraico, a Giaffa. Quando è iniziata la guerra - racconta - la nostra reazione è stata di cercare di essere maggiormente in contatto gli uni con gli altri, con gli insegnanti e con gli amici palestinesi che vivono in Israele. Abbiamo organizzato serate per stare insieme, anche su Zoom quando non si poteva di persona perché c'erano le sirene e i razzi. Abbiamo cercato di allentare la tensione, di mantenere quel senso di comunità che è l'unica forza che ci porterà avanti, quando la guerra sarà finita. Se avessimo boicottato i palestinesi e mandato via i loro bambini dalla scuola, cosa avremmo raggiunto? - si chiede - Semplicemente maggiore divisione».
Un cortocircuito intellettuale porta il ragionamento di Fait dalla preoccupazione all'incredulità. «Pensa all'assurdo: boicottano un'università come la Ben Gurion, che al suo interno ha un corpo docente misto, con arabi della comunità beduina. Anche tra gli studenti, il 20 o il 30 percento sono beduini musulmani. È un paradosso». Quelli che boicottano le università israeliane, in particolare quelle di Gerusalemme, Haifa e Beersheva in cui le comunità arabe palestinesi e beduine trovano possibilità di espressione culturale e intellettuale, per Aaron Fait sono «poveracci ignoranti». Lo vuole dimostrare con una storia, il caso di una sua allieva palestinese, venuta a studiare in Israele dalla Giordania, che lavora con lui da due anni. Il professore racconta che dopo il 7 ottobre la famiglia della studentessa ha iniziato a esercitare molte pressioni su di lei per convincerla a tornare a casa. «Mi ha chiesto aiuto a trovare un dottorato da qualche parte in Europa. Non vuole rientrare in Giordania perché ha paura di ripercussioni. Teme che, con una laurea israeliana in mano, la sua carriera possa essere in salita». E magari adesso, per lo stesso motivo, non troverà opportunità nemmeno a Torino. «Invece di aprire gli orizzonti, insomma, li riduciamo ancora di più».
L'ultimo passo, nel corso della conversazione, è quello dall'incredulità allo sdegno. «Le università devono fare ricerca scientifica, coltivare il pensiero critico e la cultura. Non devono occuparsi di bassa politica». La premier italiana Giorgia Meloni alla Camera ha definito «preoccupante» la decisione del Senato accademico torinese, soprattutto se dettata da un'occupazione da parte dei collettivi. E Aaron Fait è d'accordo. «Un rettore che subisce pressioni politiche così forti, che chiedono un gesto razzista piuttosto dovrebbe dimettersi». 

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