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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa Rassegna Stampa
02.01.2024 Devono essere uccisi tutti i capi di Hamas
L’analisi di Benny Morris nell'intervista di Orlando Trinchi

Testata: La Stampa
Data: 02 gennaio 2024
Pagina: 4
Autore: Orlando Trinchi
Titolo: «Questo conflitto durerà ancora per anni fino all'uccisione di tutti i capi di Hamas»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/01/2024, a pag.1, con il titolo "Questo conflitto durerà ancora per anni fino all'uccisione di tutti i capi di Hamas" l'intervista di Orlando Trinchi a Benny Morris.

L'intervista a Benny Morris
Benny Morris

«Questa è la mia sensazione, che la ricerca e l'uccisione dei leader di Hamas continuerà per anni». Lo storico e israeliano Benny Morris non vede vicina la fine dell'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, definita da alcuni obiettivi fra cui, in primo piano, la completa eliminazione dei leader del gruppo palestinese. Docente di storia al dipartimento di Studi Medio-orientali dell'Università Ben Gurion del Negev a Beer Sheva, Morris è uno dei principali rappresentanti dei nuovi storici post-sionisti, gruppo di ricercatori universitari che hanno messo in discussione alcuni aspetti dei conflitti arabo-israeliani. Morris, continua l'offensiva israeliana nella Striscia, mentre il conto dei morti a Gaza, secondo il ministero della Salute palestinese, sale a oltre 21 mila. Sradicare Hamas è possibile? «Non credo che troverete alcun israeliano in disaccordo con l'obiettivo dell'offensiva israeliana a Gaza. È vero, non sappiamo quante persone siano effettivamente morte a Gaza negli ultimi due mesi. Il ministero della Salute di Hamas non fa distinzione tra le diverse tipologie di morti: si parla di oltre 20.000 ma non si sa se corrisponda a verità. Non sappiamo quanti di loro siano effettivamente combattenti di Hamas e quanti invece siano i civili. Dai frammenti di notizie che provengono dagli ospedali o da altri luoghi di Gaza tutto ciò che vediamo sono bambini, donne e anziani, mentre non figurano mai i combattenti di Hamas tra i morti e i feriti». Biden ha criticato più volte Netanyahu per i «bombardamenti indiscriminati». Israele potrebbe perdere l'appoggio americano? «Al momento, Biden sta sostenendo con fermezza Israele: ha difeso il diritto di attaccare Hamas in seguito al massacro del 7 ottobre e sembra essere completamente in linea con gli obiettivi israeliani, ma ha un problema con il numero di vittime civili, che posso capire. In parte, si tratta di un problema politico con la sua base nel Partito democratico: l'opinione pubblica è colpita dalle immagini televisive dei morti e della distruzione di edifici. Nell'ultimo mese sono circolate voci secondo cui gli americani starebbero cercando di porre fine all'attacco israeliano, ma in realtà tutte le dichiarazioni rilasciate da Biden e dalla Casa Bianca non hanno dato alcun riscontro circa una volontà statunitense di mettere un punto all'offensiva di Israele». Crede che un coinvolgimento dell'Autorità palestinese di Abu Mazen, come auspicano gli Usa, potrebbe risultare positivo? «Non credo che vi sia una grande discussione intorno al possibile coinvolgimento dell'Anp. Netanyahu si è sempre opposto, perché è contrario alla soluzione dei due Stati. Consegnare ad Abu Mazen il controllo del settore civile della Striscia di Gaza significa in qualche modo legittimare una soluzione dei due Stati. D'altro canto, Netanyahu sostiene che Israele non vuole occupare o rioccupare per un tempo indeterminato la Striscia di Gaza, quindi qualcuno deve prendersi cura almeno dei civili nella zona della Striscia di Gaza e non vi è nessuno, tranne l'Autorità Palestinese, che può farlo. Forse potrebbero essere coinvolti gli americani, forse gli Emirati Arabi Uniti, ma, in sostanza, c'è bisogno che i palestinesi giochino un ruolo fondamentale sotto il profilo della sicurezza». Analisti israeliani e non sostengono che Netanyahu stia combattendo per la propria sopravvivenza politica. «Sì, credo sia vero. È sotto processo per corruzione, il popolo ora è contro di lui e molti fra coloro che lo hanno sostenuto ora riconoscono le sue responsabilità nella tragedia del 7 ottobre. È evidente che stia combattendo per la sua vita politica e che ciò gli rubi molto più tempo ed energia rispetto alla reale gestione del conflitto. Coloro che si stanno realmente occupando della conduzione della guerra sono tutti professionisti, militari a cui non piace Netanyahu». Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha garantito agli uomini di Hamas che se si fossero arresi avrebbero avuto salva la vita. Gli crede? «No, la mia supposizione è che Israele ucciderà ogni leader di Hamas che troverà. Non credo che i capi dell'esercito siano interessati ai prigionieri, ai processi o alle condanne al carcere, ma che vogliano semplicemente queste persone morte. Giustamente, in quanto ritengo che i criminali di guerra dovrebbero essere uccisi. Ho la sensazione che la ricerca e l'uccisione dei leader di Hamas continuerà per anni, fino al Qatar. Ovunque si trovino, il Mossad li troverà e li ucciderà. Lo stesso capitò in seguito all'attacco terroristico alle Olimpiadi di Monaco di Baviera nel 1972. Un commando di terroristi palestinesi uccise undici tra atleti e allenatori israeliani e Golda Meir ordinò al Mossad di trovare e uccidere chiunque fosse stato coinvolto nell'attentato, cosa che avvenne negli anni seguenti. Nel 1979, sette anni dopo il massacro, venne trovato e ucciso l'ultimo terrorista coinvolto. Penso che accadrà lo stesso con i leader che hanno organizzato il massacro del 7 ottobre». Considera decisiva la posizione dell'Iran nel conflitto? «Il ruolo dell'Iran sullo sfondo del conflitto in corso è chiaro. Gli iraniani, ne sono sicuro, hanno incaricato gli Houthi di compromettere i traffici navali nel Mar Rosso, mentre hanno ordinato o consigliato a Hezbollah, nell'intento di logorare Israele, di aprire il fuoco lungo il confine libanese. L'Iran ha giocato la propria partita nella guerra a Gaza su un piano parallelo. Non sappiamo esattamente cosa accadde durante l'attacco del 7 ottobre, ma sono anni che Hamas ha difficoltà finanziarie, quindi anche sotto questo aspetto si riconosce la mano iraniana. La mia posizione personale è che sia Israele che l'America avrebbero dovuto da tempo colpire l'Iran e spero ancora che ciò accada, perché Teheran è la vera mente dietro gli attacchi contro Israele e Usa avvenuti nel mondo negli ultimi decenni». Che cosa ne pensa invece del ruolo del Qatar? «Un ruolo molto strano. Si tratta del principale finanziatore di Hamas. I leader di Hamas vivono in Qatar. D'altra parte, i rapporti stretti fra Qatar e Hamas possono tornare utili per cercare di ottenere un accordo relativo agli ostaggi, quindi Israele al momento non critica apertamente il governo qatariota». È ancora favorevole alla soluzione dei due Stati? «In teoria, sarei ancora favorevole, penso che potrebbe garantire giustizia a entrambe le parti. Il problema è che i palestinesi hanno sempre rifiutato questa formula – per rimanere in tempi più recenti, ricordiamo il rifiuto di Arafat a Barak e Clinton nel 2000 e quello di Abu Mazen nel 2007 – mentre non sono state messe sul tavolo proposte per una concreta soluzione. Ovviamente Hamas non prende nemmeno in considerazione un progetto di questo tipo, essendo il suo unico intento quello di distruggere Israele. Ora, purtroppo, al rifiuto palestinese si aggiunge quello israeliano: Netanyahu e il suo governo non accettano la soluzione dei due Stati e continuano a espandere i loro insediamenti nei Territori occupati».

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