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La Stampa Rassegna Stampa
17.09.2023 Sostenere l’Ucraina
Anna Zafesova intervista Irina Scherbakova

Testata: La Stampa
Data: 17 settembre 2023
Pagina: 17
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «'Se vince Kiev si salva anche la Russia. Putin ha paura, ma il declino è lento'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/09/2023, a pag.17 con il titolo 'Se vince Kiev si salva anche la Russia. Putin ha paura, ma il declino è lento' l'intervista di Anna Zafesova.

Anna Zafesova | ISPI
Anna Zafesova

Irina Scherbakova: «Per creare una pace giusta bisogna difendere la pace  con le armi» - Vita.it
Irina Scherbakova

La storica Irina Scherbakova era stata tra le cofondatrici di Memorial nel 1988, quando svelare e denunciare i crimini del comunismo stalinista sembrava la condizione imprescindibile per costruire una democrazia. Più di trent'anni dopo, la prima Ong russa ha ricevuto il Nobel per la pace ed è stata messa fuori legge da Vladimir Putin. «Ho vissuto a Mosca per più di 70 anni, ma con l'invasione russa dell'Ucraina ho chiuso a chiave la mia casa e me ne sono andata con una valigia», racconta Scherbakova. Una scelta fatta da centinaia di migliaia di esuli russi, «l'emigrazione politica più numerosa dal 1917, che per ora non ha speranze di poter tornare». 

Cosa resta e chi resta, nella Russia in guerra? «Giornalisti grazie ai quali sappiamo cosa accade, che lavorano nonostante la paura. Ong come Golos, che monitora la correttezza delle elezioni: i suoi capi sono in carcere, ma gli attivisti continuano a denunciare brogli elettorali. Volontari che aiutano i profughi ucraini a scappare dalla Russia e i ragazzi russi a evitare di venire spediti al fronte. Avvocati fantastici, che difendono le vittime innocenti della repressione nei processi farsa. Russi comuni, che vanno ai processi dei dissidenti, che scrivono lettere ai detenuti politici, che mettono le pietre di inciampo tolte dalle autorità, che portano fiori ai monumenti a scrittori ucraini, che scrivono slogan contro la guerra e Putin sui muri, una protesta nascosta, che nasce dal basso e che non si ferma. Non basta, ma esiste». 

Non possono o non vogliono andarsene? «Molti, anche in Memorial, ritengono che bisogna rimanere per utilizzare qualunque spazio ancora possibile per lavorare, nonostante il pericolo che corrono, per mostrare che esiste ancora una resistenza al regime». 

Riescono a farsi sentire dalla maggioranza silenziosa? «Mosca è un luogo assurdo, appare ancora una città ricca e benestante, con nuove stazioni della metropolitana, marciapiedi rifatti, ristoranti, caffè, teatri pieni di gente. La maggioranza, come sempre, non è contraria a quello che sta facendo il regime, ma nemmeno lo sostiene. Si adattano, si adeguano, si arrangiano, cercano di prendere le distanze, di nascondersi dallo Stato. Ma nello stesso tempo c'è una rassegnazione molto russa, il fatalismo, "tanto non possiamo fare nulla"». Che viene incoraggiato dalla propaganda? «Sappiamo dai libri sullo stalinismo come ci si adattava, ci si nascondeva, come si scrivevano delazioni e si tradivano gli amici. Memorial ha parlato tanto di come la Russia sia stata segnata da quella grande paura. Abbiamo visto tanti film sulla Germania del nazismo, come "Mephisto", e oggi è terribile vederlo succedere nella realtà, con tanti intellettuali, registi, attori». 

Vede una via d'uscita? «Per ora sono pessimista, esistono e sono visibili crepe nel regime, e la paura di Putin. Però non spero in soluzioni rapide, le sanzioni spesso vengono aggirate grazie anche all'opportunismo degli imprenditori occidentali, e la Russia purtroppo ha ancora molte possibilità di portare avanti la guerra. Gli esponenti del regime di Putin cambieranno idea soltanto quanto vedranno che l'alternativa per loro è morire o perdere tutto. La popolazione è passiva e silente, hanno regalato quel che restava della loro libertà per sottomettersi allo Stato». 

Che continua a mandarli a morire? «Vero, però è la prima volta nella storia della Russia che una guerra viene remunerata bene, incoraggiando un cinismo mostruoso. Il regime di Putin invoca i "valori tradizionali" mentre distrugge la morale, proponendo ai russi di accettare la morte dei loro cari in cambio di milioni di rubli che non avrebbero mai guadagnato altrimenti». 

In cosa si può sperare? «L'unica speranza di un futuro per la Russia è la vittoria dell'Ucraina, o perlomeno una pace alle sue condizioni. Senza, il regime marcirà, in una decomposizione che non credo porterà a una guerra civile vera, semmai a uno scontro tra diverse gang, in una guerra di tutti contro tutti. Tutto quello che possiamo fare oggi è aiutare gli ucraini, in ogni maniera possibile». 

Come far finire invece la dittatura? «Soltanto riconoscendo e assumendosi la responsabilità morale, politica e giuridica dei terribili crimini di guerra commessi dai russi contro l'Ucraina. Capisco l'amarezza degli ucraini quando dicono che tutti i russi si portano la colpa della guerra, ma paradossalmente dare la colpa a tutti potrebbe permettere ai responsabili di sfuggire. Ci vorrà una sorta di Norimberga». 

Che punirà i capi politici e gli esecutori militari. Ma cosa fare di tutti quei milioni di russi che hanno denunciato i bambini per disegni pacifisti e chiamato la polizia perché i vicini cantavano in ucraino? «Mi viene in mente il dramma di Evgeniy Shwarz "Il drago", scritto negli Anni 40, quando il drago dice che anche se venisse ucciso rimarrebbero le anime che ha mutilato e deturpato personalmente... Però il cittadino comune si adatta, il meccanismo disgustoso del conformismo può funzionare anche in senso opposto. Certo, i totalitarismi in Germania e in Italia hanno lasciato segni profondi, anche in Russia si tenderà a scaricare la colpa su Putin, come la si era scaricata su Mussolini e Hitler. Ma una volta che la paura e la violenza non saranno più gli strumenti principali, e a venire promossi non saranno i personaggi dalle qualità umane più ripugnanti, scatteranno meccanismi più virtuosi».

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