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La Stampa Rassegna Stampa
21.03.2023 La mano di Xi su Putin
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 21 marzo 2023
Pagina: 6
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «La mano di Xi su Putin»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/03/2023, a pag.6 con il titolo "La mano di Xi su Putin" il commento di Anna Zafesova.

Anna Zafesova | ISPI
Anna Zafesova

Xi Putin meeting: What to expect from China-Russia talks - BBC News
Putin con Xi Jinping

L'attesissima visita di Xi Jinping a Mosca inizia subito con un mezzo giallo diplomatico, quando già nei primi minuti di saluti formali al Cremlino il leader cinese si complimenta con Vladimir Putin: «La Russia ha raggiunto successi significativi sotto la sua guida, l'anno prossimo vi attendono le elezioni e sono convinto che il popolo russo le darà il suo sostegno». La candidatura del presidente russo nel 2024 ufficialmente è uno dei più grandi misteri della politica russa, e ufficialmente Putin non ha ancora sciolto le riserve, per quanto sia molto improbabile che rinunci al Cremlino, meno che mai dopo aver modificato la Costituzione nel 2020 per godere di altri due mandati da sei anni. Ma il fatto che i russi vengano a sapere che Putin si ricandiderà dal presidente cinese è qualcosa di talmente straordinario, che il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov si affretta a spiegare ai giornalisti «avete frainteso Xi», che avrebbe invece più genericamente affermato che il suo «amico» russo avrebbe conservato l'appoggio anche tra un anno. Difficile che si sia trattato di una gaffe, non a questo livello di politica, dove di solito ogni battito di ciglia viene soppesato e misurato, come era calcolato e intenzionale il sorriso molto cordiale e benevolo che Xi ha indossato per tutto il tempo in cui Putin ha recitato il suo benvenuto al «caro amico» dalla Cina. Forse si è trattato di un errore di traduzione, oppure di una cortesia con la quale il presidente cinese ha voluto replicare ai complimenti di Putin, inclusa la frase «vi invidiamo un pochino» (per il tumultuoso progresso cinese) che deve essere costata cara al leader russo. Ma l'interpretazione più ovvia è quella che Xi abbia voluto mostrare il suo appoggio all'interlocutore, che poi era esattamente quello che Putin gli chiedeva, quando l'ha persuaso per settimane a venire a Mosca. E il fatto che il presidente cinese abbia messo piede al Cremlino – per di più per una visita ufficiale con tutti gli onori, dalla cena a base di pesce e vini dalla tenuta di Putin sul Mar Nero ai manifesti di saluto affissi lungo il passaggio del suo corteo – due giorni dopo che il Tribunale dell'Aja ha spiccato contro il presidente russo un mandato di cattura è chiaramente un segnale, se non di approvazione senza riserve, almeno di quella «neutralità prorussa» di cui parlano alcuni commentatori. Non si tratta di un appoggio senza riserve, comunque, e anche questo è qualcosa che Pu e Xi – la "cinesizzazione" del nome del presidente russo inventata dal Kommersant scompare dal sito del quotidiano dopo poche ore, segno che l'allusione allo status sempre più sottomesso della Russia rispetto alla Cina è stata notata – mettono subito in chiaro, nei pochi secondi di battute di benvenuto davanti alle telecamere. Ieri mattina, il giornale ufficiale Rossiyskaya Gazeta era uscito con un articolo di Xi Jinping sulla necessità di risolvere i conflitti «ragionevolmente, in un sistema che tenga conto di tutte le esigenze di sicurezza in modo paritario», mentre l'editoriale a firma di Putin sul Renmin Ribao insiste soprattutto sulle colpe di ucraini e americani, sostenendo che la Russia vorrebbe un negoziato. Posizioni non proprio allineate, e infatti il presidente russo dichiara di aver «preso conoscenza» del piano di pace formulato da Pechino, e di volerne discutere nei ripetuti colloqui che avrà con Xi. In altre parole, le seppur vaghissime proposte cinesi sono state considerate troppo blande, e si tratta di capire quali leve può usare Putin per spingere la Cina a schierarsi più apertamente a suo fianco. Nelle 72 ore che il compagno Xi trascorrerà sul suolo russo si troverà in una situazione piuttosto delicata. A giudicare dai commenti degli opinionisti moscoviti vicini al regime, le aspettative sono enormi, in quella che di fatto è un'ammissione del ruolo cruciale della Cina (e di conseguenza di un ruolo subordinato della Russia). Da Pechino dipende la sopravvivenza dell'economia russa: non solo è ormai, insieme all'India, l'acquirente principale degli idrocarburi russi, ma è anche l'unico possibile grande fornitore di alte tecnologie e armi. Il problema è quanta dipendenza Putin sarà disposto a offrire in cambio della salvezza e di quanto Xi vorrà andare allo scontro con l'Occidente per le rivendicazioni imperiali russe. È evidente che la solidarietà all'Ucraina sia stata offerta (soprattutto da Washington) avendo in mente anche Taiwan, così come è molto probabile che in caso di vittoria di Putin Xi si sarebbe schierato più decisamente a suo fianco nella richiesta di spartire il mondo in una "nuova Yalta". Ma oggi Putin è un perdente, è in difficoltà, e anche il suo nuovo status di criminale internazionale è qualcosa che Pechino e altre capitali "emergenti" possono anche decidere di non riconoscere, ma non a ignorare. Se Xi decidesse di prendere Putin sotto la sua ala, lo farebbe perché è un vassallo, non un alleato. Come scrive il politologo russo dissidente Maksim Trudolyubov, «la posizione di Putin rispetto a Xi sta diventando sempre più simile alla posizione di Lukashenko rispetto allo stesso Putin». Resta da vedere quanto Putin vorrà fare il Lukashenko di Xi, e quanto riuscirà a ottenere quell'autonomia che il presidente belarusso riesce a conservare ormai da anni, continuando a evitare di consegnare il suo Paese a Mosca. E resta da capire quanto Putin sia imprescindibile per Pechino, nonostante la frase di Xi sulla scelta che il popolo russo dovrebbe fare nel 2024 possa venire interpretata come una garanzia. Il regime ideologico che Putin ha costruito è fortemente nazionalista, e il leader cinese appartiene forse all'ultima generazione di nomenclatura di Pechino che si ricorda ancora l'umiliazione inflitta da Stalin che considerava Mao un «fratello minore», e la rottura trentennale con i compagni di Mosca. Un collasso del regime di Putin potrebbe, nella visione della Cina, dare troppo vantaggio all'Occidente e soprattutto agli Usa. Ma potrebbe presentare per la Cina anche opportunità grandi quanto mezzo continente euroasiatico.

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