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La Stampa Rassegna Stampa
03.10.2022 Europa unita contro Putin
Cronaca di Francesca Sforza

Testata: La Stampa
Data: 03 ottobre 2022
Pagina: 2
Autore: Francesca Sforza
Titolo: «La Russia a rapporto»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/10/2022, a pag.2 con il titolo "La Russia a rapporto", la cronaca di Francesca Sforza.

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Francesca Sforza


Putin e Hitler in un fotomontaggio

Ventisette ambasciatori russi convocati da altrettanti paesi europei, uno ogni stato membro. E' questa l'operazione che è stata avviata in sede Ue mercoledì scorso e che nei giorni successivi ha fatto scattare le chiamate nelle singole capitali: tra le prime a muoversi ci sono state la Danimarca, l'Olanda, la Polonia, le tre repubbliche baltiche, e poi l'Italia – l'ambasciatore Sergej Razov andrà oggi ufficialmente alla Farnesina – la Germania, l'Austria, la Francia. Ma nei prossimi giorni ci si aspetta che nessuno dei ventisette stati membri – Ungheria compresa, che però al momento non ha ancora ufficializzato la convocazione – si sottragga all'invito che è venuto dal consiglio dei ministri europeo in stretto coordinamento con l'Eeas, il servizio diplomatico dell'Unione Europea. L'indicazione rappresenta una reazione della diplomazia comunitaria che potrebbe definirsi "di scuola", ma che ha un significato politico che trascende la cornice formale e che segna un passaggio interessante in questa difficile fase della guerra. Convocando ventisette ambasciatori russi nell'arco di pochi giorni, infatti, l'Ue vuole mandare al Cremlino un messaggio inequivocabile, che non possa venire confuso con generiche dichiarazioni di distanza o di condanna: «Non riconosciamo e non riconosceremo mai i referendum illegali che la Russia ha progettato come pretesto per questa ulteriore violazione dell'indipendenza, della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina, né dei loro risultati falsi e illegali», si legge nella nota diffusa dal Consiglio europeo degli stati membri, che continua: «Non riconosceremo mai questa annessione illegale, queste decisioni sono nulle e non possono produrre alcun effetto giuridico di sorta: Crimea, Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Luhansk sono l'Ucraina. Invitiamo per questo tutti gli Stati e le organizzazioni internazionali a respingere inequivocabilmente questa annessione illegale». Il messaggio sarà dunque recapitato in ventisette lingue, e quando sarà chiaro che la comunità europea è in grado di mostrarsi compatta e coesa di fronte all'annessione illegale del Donbass, sarà possibile aprire una fase successiva. Che cosa c'è da aspettarsi nella nuova fase? Innanzitutto un ottavo pacchetto di sanzioni, destinato questa volta a colpire non solo la Russia, ma anche le repubbliche del Donbass qualora, come nel caso della Crimea, avessero degli asset che generano profitti destinati alla Russia. Fonti qualificate osservano al proposito che ci si troverà di fronte al problema di aggredire gli asset "rapinati" dalla Russia, ma allo stesso tempo di verificare che non siano invece produttori di redditi che finirebbero in Ucraina, cosa non facilissima vista la situazione sul campo. Questa difficoltà pratica, tuttavia, ne solleva una più politica, che comincia a circolare insistentemente nei corridoi comunitari: fino a che punto – ci si chiede sempre più spesso – si può aumentare il livello di sanzioni senza evitare che si rivelino asimmetriche (cioè colpiscano anche chi le commina) e senza innalzare il rischio di reazioni sconsiderate da parte della Russia? Proprio per scongiurare l'accusa di pacifismo facile, l'Europa sta cercando di compattarsi sul fronte della presa di posizione – in quest'ottica va letta la convocazione a Ventisette – per assumere l'acrobatica postura sintetizzabile nel "to react, but not to escalate" (reagire senza favorire l'escalation). La domanda politica successiva è però di un genere tale che non si trova nessuno disposto a formularla ad alta voce: nel medio e nel lungo periodo gli interessi europei e quelli americani - per quanto riguarda la definizione di nuove sanzioni - non finiranno per divergere? E come potrà l'Europa agire in difesa dei propri asset senza cadere nell'accusa di anti-atlantismo? Ecco, proprio costruendo una solida barriera sul fronte della condanna alla Russia, tale che non possa essere messa in discussione da nessuno e che non lasci il minimo dubbio su quale sia la linea da perseguire. Il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha poi dichiarato che durante la visita di Razov alla Farnesina sarà affrontato anche il tema del sabotaggio di NortStream, cosa che però non sembra sia effettivamente all'ordine del giorno proprio nella misura in cui non si vuole togliere peso alla condanna politica sui referendum illegali. Si capisce allo stesso tempo quale sia la preoccupazione di Cingolani in questo momento: trovare una soluzione al problema del tetto del gas cercando di coinvolgere il più possibile quei partner europei più riluttanti. Non si può dimenticare, infatti, a proposito di compattezza politica, che prima di avere un problema di collisione con gli interessi americani, ne abbiamo uno con quelli tedeschi e olandesi, gli uni che sembrano preferire "vie di uscite particolari" dalla crisi, gli altri che fanno finta di non capire quanto sia ipocrita parlare di regole del libero mercato in una situazione di guerra come l'attuale. Riuscirà la convocazione degli ambasciatori russi a rendere l'Europa più coesa sul fronte delle decisioni che l'attendono? Nei fatti, si intende.

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