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La Repubblica delle donne Rassegna Stampa
03.05.2015 Bar Refaeli: io, la moda e Tel Aviv
Reportage di Carlotta Magnanini

Testata: La Repubblica delle donne
Data: 03 maggio 2015
Pagina: 21
Autore: Carlotta Magnanini
Titolo: «Io, la moda e Tel Aviv»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA delle DONNE di oggi, 03/05/2015, a pag. 21-28, con il titolo "Io, la moda e Tel Aviv", il reportage di Carlotta Magnanini.


Bar Refaeli

Patriottica non è probabilmente il primo aggettivo che viene in mente, pensando a Bar Refaeli. Volto da testimonial, bikini da copertina, pedigree da celebrità giramondo, per Tel Aviv rappresenta invece anche la più celebre e sexy ambasciatrice da esportazione. Un'arma di seduzione di massa per Israele, che oggi l'ha scelta come madrina per un concorso indetto dalla sua ambasciata negli Usa, varato per rinvigorire l'amor patrio degli studenti ebrei nei college americani.

Il corpo diplomatico della supermodella oggi si muove con modi operativi ed energici tra i 200 metri quadri della duplex suite dell'Armani Hotel, a Milano. Zero trucco, capelli sciolti e jeans strappati, a vederla china a trafficare con la chiusura del suo trolley vien voglia di sedertici sopra e aiutarla con le cerniere. Sembra impaziente. Sono 18 ore che non esce dalla camera, disseminata di tracce del set fotografico per il sevizio di queste pagine, abiti Armani, che «ti fanno sentire così "donna in carriera", di successo e superchic», dice Refaeli.

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Seduta sul divano, indossa il sorriso di chi si mostra disponibile (o di chi semplicemente ha vinto la battaglia con il trolley) e non nasconde la nostalgia di casa: Tel Aviv, il suo centro di gravità intermittente. «Ma d'ora in avanti conto di restarci il più possibile». Dal modo in cui lo dice si capisce che Bar Refaeli è una abituata a portare a termine i propri piani. A calamitarla in patria c'è anche il neo-fidanzato, l'imprenditore billionario Adi Ezra, erede quarantenne dell'impero alimentare Neto. Insieme da un paio d'anni, l'ufficializzazione è avvenuta i primi di marzo con più dispacci su Instagram per mano della diretta interessata (sulla sinistra cerchiamo invano tracce dell'anello).

È tempo di prendersi del tempo, dice: «Ho sempre viaggiato molto, tre mesi in giro per il mondo e un paio di giorni a casa. Ora farò il contrario. Per questo ho deciso di accettare solo i lavori più importanti». Vediamo. Il suo contratto da brand ambassador per gli orologi Hublot, la conduzione bis dell'X Factor israeliano, la linea di occhiali di cui è volto e partner d'impresa, poi «forse un grosso lavoro con un marchio italiano, ma ancora è top secret». E, certo, quell'impegno meno glamour, ma di valore ideale, come giudice nel video-contest lanciato dall'ambasciata d'Israele negli States: filmati dai 10 ai 90 secondi, fatti con videocamera o cellulare, per dire «tutto quello che ti ispira di Israele».

«Sarò io a scegliere il video più bello, il vincitore andrà in viaggio premio a incontrare il nostro presidente Rivlin, tre finalisti incontreranno l'ambasciatore a Washington», spiega Refaeli, il cui bel volto ammicca sulla locandina pubblicitaria insieme allo slogan: «Per anni l'avete giudicata. Ora tocca a lei giudicare voi». Il riferimento, lampante per i compatrioti, è a un episodio arcinoto di 12 anni fa, quando Bar schivò il servizio di leva, obbligatorio in Israele ma non per le donne coniugate, sposando un amico di famiglia. Il matrimonio fu lampo, la pioggia di critiche durò a lungo. Anche l'anno scorso un suo tweet a sostegno delle Idf, le forze di difesa israeliane impegnate a Gaza, riattizzò i vecchi rancori degli ambienti militari, che si misero a cinguettare livore sul suo passato da «draft-dodger« (disertrice).

«La gente critica, non è un mio problema», ribatte lei. «Impossibile mettere tutti d'accordo: se fai una cosa non piacerà a alcuni, se ne fai un'altra non piacerà ad altri... E così hai finito di vivere. Io seguo sempre le cose in cui credo». In po' lo stesso messaggio con cui su Instagram ha postato una sua foto di schiena e lato B in costume nero affiorante dal mare, con il commento: «Non curarti di quelli che ti parlano alle spalle, se stanno lì dietro deve esserci un motivo». La mostra sull'iPhone: «Qui dico la stessa cosa. Però in modo più carino, vero?».

Non che il suo paese le abbia mai serbato rancore. Nel 2013 il ministero degli Esteri, tra centinaia di bellezze locali d'esportazione - da Gal Gadot a Noam Frost, da Esti Ginzburg a Shlomit Malka, tra le ultime super-ambasciatrici da export, la scelse per veicolare il "made in Israel" e la tecnologia locale. Perché lei? «Penso che Bar Refaeli abbia convinto i suoi connazionali di poter contribuire al bene del proprio paese», è l'idea che si è fatto Menachem Gantz, giornalista corrispondente del popolarissimo quotidiano Yedioth Ahronot e portavoce del Padiglione Israele all'Expo.

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«Ha capito che il modo migliore per farlo era diventare ambasciatrice della sua patria nel mondo». Altro che servizio militare: «Quello che sta facendo con la sua carriera è molto più utile. Specie se dimostra di non rinnegare mai la sua identità, con grinta. Rappresenta lo spirito giovane, creativo e indipendente delle donne israeliane, è una che sa valutare i rischi commerciali e anche le sfide sociali. E' lo spirito che ha fatto grande il nostro paese, e con cui vogliamo presentarci anche all'Expo».

Più sbrigativa, ma efficace, l'interpretazione di Daniel Shapiro, ambasciatore Usa a Tel Aviv: «la bellezza di Bar Refaeli è una delle cose che uniscono Israele e gli Stati Uniti», scrive viaTwitter. Del resto è una che si sente a suo agio quando entra nelle ambasciate, ma anche nei testi delle canzoni di Kanye West (l'uomo più influente al mondo secondo il Time è, dopotutto, un rapper). D'ora in avanti la testimonial dei due mondi se la prenderà più comoda, centellinerà gli ingaggi e avrà più tempo da passare in famiglia, con i suoi amici, nel suo appartamento «da cui vedo il mare». «Non ho poi tutta questa gran necessità di lavorare», ammette.

Non che ne abbia mai avuta. Sono 29 anni e 4 mesi che fa la modella. Cresciuta nella tenuta dei genitori a Hod HaSharon, tra galoppate, vita country (chic) e le monellerie dei tre fratelli maschi, sui set ci gattonava già a 8 mesi, avviata dalla mamma ex mannequin,Tzipi Levine. «Ho dovuto interrompere a 12 anni, per via dell'apparecchio ai denti» (il suo mortificante rito di iniziazione), finché a 15 la sua carriera da piccola svolta alla grande con il titolo locale di Model of TheYear. «Non sono nata nelle favelas, non dovevo guadagnarmi da vivere», dice schietta. «Ho deciso di fare questo mestiere per divertimento».

E cosi, tra divertimento e vocazione, Bar varca la soglia del Terzo Millennio macinando ostacoli come un carro armato Merkava: campagne per Gamier, Escada, Gap, Samsung, Moet e Chandon, Rampage; sulle copertine di Elle, Marie Claire, GQ, L'Officiel, Harper's Bazaar - esplosivo il suo bikini su Sports Illustrated, e sui tabloid grazie all'incontro che la catapultò nella hall of fame. Nel 2005 ha conosciuto Leonardo DiCaprio a Las Vegas, a una festa per gli U2 (lui era al top, in fase Scorsese, la casa piena di Golden Globe e non ancora imbolsito): una relazione che avrebbe amplificato qualsiasi carriera così come la sua fine avrebbe potuto minarla. Invece, conclusa definitivamente la loro storia nel 2011, Bar Refaeli resta in quota, impassibile all'appiccicosa etichetta di ex.


Tel Aviv: la città più amata da Bar Refaeli

Diplomatica e strategica, quando pochi mesi fa le hanno chiesto cosa ne pensasse della nuova liaison di DiCaprio con la popstar Rihanna, la sua risposta è stata un capolavoro di ambiguità: «She is everyone's type», è il tipo di tutti, dichiarazione che i più interpretarono in senso positivo. Sempre con grande diplomazia, Bar Refaeli sa bene come proteggersi. Nonostante tutte le foto diffuse personalmente online («cerco di pubblicarne almeno una al giorno, i social network sono la mia zona di decompressione, quando voglio isolarmi e stare sola») in un tripudio color confetto di baci, fiori e bagni caraibici, chiederle qualcosa sulla sua vita sentimentale è come espugnare una fortezza. Qualche dettaglio in più sul fidanzato Ezra? «Ci siamo innamorati». Su DiCaprio? «Passato remoto». Ancora più difficile: su DiCaprio che commenta Ezra? «Se mai avesse detto qualcosa, non mi interessa. E di sicuro non lo vengo a dire a lei». Una data per le nozze? «Prima devo organizzare il mio trentesimo compleanno, il 4 giugno: darò una grande festa a Tel Aviv».

Ma insomma si sposa, sì? «Non ho mai detto che il mio obiettivo è quello di sposarmi. Ho rivelato di essermi innamorata, ma il matrimonio è un altro passo». Ancora oggi negli ambienti sanremesi si ricorda la riservatezza della superospite 2013: una dea sul palcoscenico del Festival, che riuscì a bucare lo schermo senza dire nulla di sé. Lei dice: «Sanremo è stato faticoso, ma bello. Tutto molto veloce. Non è facile parlare al pubblico che hai davanti mentre un traduttore ti strilla all'orecchio con l'auricolare». Da allora è tornata in Italia? «Certo, ho molti amici qui». Diventa più loquace quando parla di amore in astratto: «Solo dopo molte esperienze riesci a trovare l'uomo giusto. La tesi che si debba uscire con almeno dieci ragazzi prima di tmvare Mr. Right è verissima». O quando cita, tra le donne, le sue eroine: «Mia madre, soprattutto. Così forte, intelligente, straordinaria. È stata una fonte di ispirazione». Sarebbe una bella iniezione di forza per tutte se a Hillary Clinton riuscisse la corsa alla Casa Bianca, non trova? «Ne sarei davvero felice, se diventasse presidente sarebbe un risultato magnifico. E' davvero strano che finora non sia ancora successo, in Israele abbiamo avuto un premier donna un sacco di tempo fa (Golda Meir, a cavallo degli anni 60-70, ndr). Ma se fossi cittadina americana voterei Hillary non perché donna, ma per le sue qualità come persona».

Educata a «credere nelle persone più che in una religione» (l'ebraismo della sua famiglia, con radici tra Italia, Lituania e Polonia, si limita al passaporto, a casa sua si festeggiano shabbat e Hanukkah, ma anche il Natale) e anche per il fatto di non avere pregiudizi, anche quest'anno Refaeli condurrà la nuova edizione di X Factor, che in Israele ha un mirabolante 45% di share. «Per gli esordienti è un'esperienza incredibile, è stupefacente che riescano a raggiungere così tante persone con un programma. Mica come il Grande Fratello: con un reality puoi diventare una celeb, ma a X Factor ci vuole talento». Anche adesso, che il talento si può diramare, gratis e in tempo reale, su Internet e i social? «E' una gran cosa che ci siano tutti questi nuovi canali per diventare "famosi", non la vedo in modo negativo». Consigli per chi inizia? «Impossibile darne a qualcuno che non conosci», dice con saggezza, «è facile dire "devi essere forte", "sii tosta", "è una vita dura", eccetera. Ma sono parole al vento. Io quando ho cominciato ero molto bambina, i miei genitori venivano sempre con me. Ho viaggiato accompagnata da un familiare fino a 19 anni e ancora oggi, il più delle volte, ho sempre qualcuno».

Qui a Milano, per esempio, c'è un'amica truccatrice, una silenziosa ragazza bionda che sonnecchia di là su un divano (e con cui, dopo l'intervista, Bar uscirà a prendersi un gelato postando immancabilmente un selfie-con-cono «italian»). A proposito di supermodel. Gisele Bündchen, 34 anni, ha dato l'addio alle passerelle, ha sentito? «Un vero peccato». Lei si è mai posta una deadline professionale? «Quando ho iniziato pensavo che l'avrei fatto. Oggi che tutto ha funzionato, sono famosa, guadagno bene, conduco programmi e sono in affari, so che potrei fare altre cose: chi lo sa, disegnare vestiti da sposa, premaman, bambini, taglie comode... Oltre a Gisele, ci sono anche Heidi Klum,Tyra Banks, Elle Macpherson: tantissime continuano a lavorare».

La stessa Refaeli si è cimentata in più attività extra. Ha avuto esperienze di cinema (era una terrorista del Mossad [sic! Qui esce allo scoperto l'ignoranza della giornalista: il Mossad non è fatto di terroristi, ma li combatte. Ignoranza nella migliore delle ipotesi - Ndr] nel film Kidon e una paziente psichiatrica in Session), ma Hollywood non è tra i suoi progetti. «Non mi interessa diventare un'attrice. E per accettare un film devono esserci certi presupposti: lo script deve piacermi, si deve girare a Tel Aviv e non deve prendermi troppo tempo».

Meglio far muovere l'economia da imprenditrice: lo è stata di e-commerce di lingerie con il sito Under.me, lo è per alcune startup hi-tech israeliane, ora è partner d'impresa per il brand di occhiali Carolina Lemke, «una fantastica azienda che sto vedendo nascere "da dentro". Per adesso abbiamo aperto uno store a Barcellona». Dove il cuore di Bar Refaeli, quando ci va, si tinge blaugrana, da sempre il Barcelona è la sua passione calcistica. «Sono un maschiaccio», in ebraico bar significa "ragazzo". «Ho preso da mamma, era lei l'uomo di casa: un tipo sportivo ed energico, mai ingioiellata né con i tacchi alti». Anche la figlia, qui in sneakers bianche e T-shirt, non ama gli orpelli sexy e neppure le divise. Patriota Bar sta tornando a casa, e per il suo servizio civile non ha bisogno di alcun equipaggiamento all'infuori di sé.

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