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Il Manifesto Rassegna Stampa
01.02.2022 'Apartheid' in Israele e sostegno ai terroristi Houthi in Yemen: ecco il volto del quotidiano comunista
La disinformazione di Michele Giorgio, Chiara Cruciati e di Amnesty Int.

Testata: Il Manifesto
Data: 01 febbraio 2022
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio - Chiara Cruciati
Titolo: «Oggi Amnesty accusa israele di apartheid. È bufera preventiva - II messaggio iraniano agli Emirati: missile Houthi sugli Accordi di Abramo»
Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 01/02/2022, a pag.8, con il titolo "Oggi Amnesty accusa israele di apartheid. È bufera preventiva" l'analisi di Michele Giorgio; con il titolo "II messaggio iraniano agli Emirati: missile Houthi sugli Accordi di Abramo", il commento di Chiara Cruciati.

Il Manifesto ancora una volta è in prima fila nella demonizzazione di Israele con articoli che faziosamente puntano il dito contro lo Stato ebraico. Nel pezzo di Michele Giorgio il rapporto di Amnesty - una ong con un'agenda politica da sempre contro Israele - viene presentato come la descrizione fedele e imparziale dei fatti, mentre ne è una distorsione. Altrettanto disinformante l'articolo di Chiara Cruciati, che presenta i terroristi Houthi armati dall'Iran come semplici "ribelli".

A commento della disinformazione del Manifesto e della demonizzazione da parte di Amnesty, ecco una notizia dell'ultima ora, segnalata da Celeste Vichi presidente dell'Associazione Italia Israele di Livorno:
Osila Abu Assad è la prima donna araba nominata giudice in un tribunale distrettuale israeliano. 4 dei 6 giudici arabi recentemente scelti dalla Commissione israeliana per la nomina dei giudici, sono donne, così come un nuovo giudice è appartenente alla comunità LGBTQ. Se questo è "apartheid"...

יוסף חדאד - Yoseph Haddad on Twitter:
Osila Abu Assad, giudice arabo israeliana, smentisce le menzogne del Manifesto

Ecco gli articoli:

CAMERA

Michele Giorgio: "Oggi Amnesty accusa israele di apartheid. È bufera preventiva"

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Michele Giorgio

Una giornata densa di polemiche accompagnerà oggi la presentazione di Israel's Apartheid against Palestinians: Cruel System of Domination and Crime against Humanity. E il rapporto in 182 pagine con cui Amnesty International si unisce all'accusa di praticare l'apartheid contro i palestinesi già rivolta a Israele da Human Rights Watch lo scorso aprile (A Threshold Crossed. Israeli Authorities and the Crimes of Apartheid and Persecution) e poco più di un anno fa da B'Tselem, la più nota e stimata (all'estero) ong israeliana per i diritti umani (This is apartheid: The Israeli regime promotes and perpetuates Jewish supremacy between the Mediterranean Sea and the Jordan River).

NEL LUNGO E DETTAGLIATO rapporto — che su richiesta di Amnesty non è pubblicabile fino alle 10 di questa mattina — la ong per i diritti umani con sede nel Regno unito afferma che le autorità israeliane devono essere chiamate a rendere conto del crimine di apartheid contro i palestinesi e del sistema di oppressione e dominazione nei confronti della popolazione palestinese, in Israele e nei Territori occupati. Lo studio, secondo le poche e brevi anticipazioni disponibili ieri, documenta uccisioni, requisizioni di terre e proprietà, trasferimenti forzati, limitazioni dei movimenti e diniego della nazionalità e cittadinanza a danno dei palestinesi. Violazioni, che secondo Amnesty, rappresentano un sistema di apartheid e quindi un crimine contro l'umanità così come definito dallo Statuto di Roma e dalla Convenzione sull'Apartheid. Il fuoco di sbarramento contro Amnesty e il suo rapporto è cominciato tre giorni fa con Ngo Monitor, un'associazione legata alla destra israeliana e nota per la sistematica denuncia di voler delegittimare Israele e di lavorare per il terrorismo che ha rivolto a numerose ong straniere, non solo quelle per i diritti umani, che operano nei Territori palestinesi occupati o che seguono il conflitto israelo-palestinese.

NGO MONITOR HA GIÀ anticipato sui social diverse pagine del rapporto di Amnesty, suscitando le reazioni irate di numero- si cittadini israeliani e sostenitori di Israele all'estero. Le critiche all'organizzazione non entrano nel merito e non riguardano il contenuto del rapporto. Piuttosto Amnesty è accusata di non rivolgere le sue indagini ad altri Stati o, ad esempio, di non operare a difesa dei cristiani oppressi e perseguitati in vari paesi. Una reazione non nuova che vuole Israele preso di mira ingiustamente mentre gravi violazioni dei diritti umani avvengono in molti altri luoghi del pianeta, nel quadro di una campagna messa in atto da ong e associazioni che appoggiano i palestinesi. Ad esempio, secondo il professor Gerald Steinberg dell'Università Bar Ilan (Tel Aviv) e direttore di Ngo Monitor, la campagna contro Israele e l'accusa di apartheid hanno avuto inizio a Durban nel 2001 con la «Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza» delle Nazioni Unite, organizzata a suo dire per isolare e condannare Israele.

PER STENBERG, il direttore di Human Rights Watch, Ken Roth, ha una «ossessione» per Israele e, afferma, con le sue accuse di apartheid avrebbe ottenuto visibilità e finanziamenti generosi per la sua ong. Ora, scrive Steinberg in un articolo, «questa campagna è stata ripresa da Amnesty e da altre potenti ong con pregiudizi anti-israeliani, allo scopo di sfruttare in modo immorale le sofferenze delle vere vittime dell'apartheid e del razzismo e trasformare una disputa politica in un conflitto razziale». Perciò, per il direttore di Ngo Monitor le denunce palestinesi e delle ong per i diritti umani contro l'occupazione militare che dura da oltre 50 anni e la violazione di diritti sanciti dalle leggi internazionali sarebbero solo una «disputa politica». Stamattina Amnesty replicherà alle accuse presentando il rapporto completo. Ma ieri è trapelato che l'ong britannica chiede alla Corte penale internazionale di indagare poiché, scrive, «che vivano a Gaza, Gerusalemme Est, a Hebron o in Israele, i palestinesi sono trattati come un gruppo razziale inferiore e sono sistematicamente privati dei loro diritti».

Chiara Cruciati: "II messaggio iraniano agli Emirati: missile Houthi sugli Accordi di Abramo"

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Chiara Cruciati

Stavolta il missile balistico sparato dai ribelli yemeniti Houthi verso gli Emirati arabi ha sorvolato gli Accordi di Abramo: il terzo lancio in appena un mese ha preso di mira il territorio emiratino durante la visita del presidente israeliano Isaac Herzog, una prima assoluta resa possibile dalla normalizzazione ufficiale delle relazioni tra Stato ebraico ed Emirati, siglata nell'agosto 2020 a Washington sotto l'ala protettiva di Donald Trump. IL MISSRE, lanciato all'alba di ieri, è stato intercettato e distrutto dalla contraerea di Abu Dhabi. I resti sono caduti in una zona non popolata, a differenza di quello del 17 gennaio scorso che aveva ucciso tre lavoratori migranti. La condanna, sul fronte filo-israeliano e filo-Golfo, è unanime: «Mentre il presidente israeliano è in visita per promuovere la stabilità regionale, gli Houthi minacciano i civili», il commento del Dipartimento di Stato Usa. «Chi testa gli Emirati, sbaglia», quello laconico ma ben più minaccioso di Anwar Gargash, consigliere del presidente ed ex ministro degli esteri emiratino (fautore degli Accordi di Abramo, ça va sans dire). Herzog non se l'è vista brutta, lui che già a Dubai nel 2020 aveva usato l'Expo come palco per celebrare la normalizzazione con gli Emirati (a cui è seguita quella con Bahrain e Sudan). A ricordarla al Medio Oriente ieri sono stati gli Houthi, che ormai prendono di mira gli Emirati tanto quanto l'Arabia saudita, i due pesi massimi (seppur rivali negli interessi sul campo) della coalizione sunnita che dal 2015 bombarda lo Yemen per porre fine al controllo che Ansar Allah - braccio politico Houthi - mantiene su metà paese. E se finora ogni tentativo di dialogo è naufragato, domenica Mohammed al-Bukhaiti, membro del politburo dei ribelli, su Twitter è tornato a indicare nell'Oman il luogo e il mediatore di un eventuale nuovo round di negoziati con il governo ufficiale yemenita, quello guidato dall'evanescente presidente Hadi e sostenuto da Riyadh. Altrimenti è guerra: «Se le parti che chiedono un intervento esterno non rispondono agli appelli per la pace, proseguiremo con le nostre operazioni militari in casa e fuori finché l'ultimo centimetro di terra yemenita non sarà liberato».

E MENTRE IN YEMEN si continua a morire (377mila il più aggiornato bilancio delle vittime dal marzo 2015, di cui il 60% per fame e malattie), il principale sponsor degli Houthi - seppur senza mai rivendicare sostegno militare - si prepara a fare lo stesso viaggio di Herzog: a febbraio una delegazione commerciale iraniana guidata dal ministro dell'Industria, secondo quanto riportato dal Teheran Times, volerà ad Abu Dhabi per fare un po' di business.

IN PASSATO non mancava: miliardi di dollari di interscambio bloccati nel 2018 dal ritorno delle sanzioni Usa. Con i missili Houthi, l'Iran manda il suo messaggio: basta ai rapporti con Israele. Che non a caso ha di recente offerto aiuto agli Emirati per dotarsi di un miglior sistema di difesa aerea.

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