venerdi 06 dicembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
06.02.2024 Europa, più coraggio con Putin!
Commento di Bernard Guetta

Testata: La Repubblica
Data: 06 febbraio 2024
Pagina: 24
Autore: Bernard Guetta
Titolo: «Europa, più coraggio con Putin»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 06/02/2024, a pag. 24, con il titolo "Europa, più coraggio con Putin", il commento di Bernard Guetta.
 
Bernard Guetta - Wikipedia
Bernard Guetta

Raccogliamo la sfida. Il primo febbraio 2024, giorno in cui i ventisette capi diStato e di governo dell’Unione hanno allocato aiuti all’Ucraina per 50 miliardi di euro, potrebbe passare alla Storia come il giorno della nascita dell’Europa politica. Potrebbe, sì, non soltanto perché i Ventisette hanno confermato la loro volontà di contrapporre la loro unione alle ambizioni imperialistiche di Vladimir Putin, ma anche, e a maggior ragione, perché in quello stesso momento i rappresentanti trumpiani eletti alla Camera degli Stati Uniti hanno continuato a bloccare gli aiuti americani all’Ucraina. Il primo febbraio 2024, mentre l’America veniva meno alla solidarietà nei confronti delle democrazie, gli europei hanno raccolto il guanto della sfida e hanno affermato la loro volontà di difendere da soli la libertà, senza il loro protettore e tutore di sempre. Sì, l’1 febbraio2024 è la data che la Storia potrebbe attribuire alla fine dell’epoca del gendarme americano, al completamento del lungo processo di riposizionamento degli Stati Uniti nella loro competizione con la Cina, e di affermazione in parallelo dell’Unione europea come attore nel panorama internazionale. Ma occorre soddisfare tre requisiti. Il primo è che tutti insieme i 27 dirigenti dell’Unione dicano ai 450 milioni di europei che siamo in guerra, non alla vigilia di quando invieremo uomini in Ucraina e tanto meno di quando li manderemo a marciare su Mosca, ma siamo proprio in guerra contro un dittatore che vorrebbe ricostituire un impero seminando la devastazione nel cuore stesso del nostro continente. Senza credere di essere quaranta, senza dover parlare di sudore, lacrime e sangue, bisognerà dirlo, perché la resistenza a Vladimir Putin esigerà sacrifici veri. Ci è già costata il rincaro delle nostre forniture energetiche, lo sconvolgimento conseguente dell’economia tedesca e la perdita dei nostri investimenti industriali in Russia. Adesso questa resistenza ci chiederà di allocare unapercentuale sempre più consistente delle nostre spese di budget alla Difesa, di comprendere che abbiamo un avversario da sconfiggere, di creare industrie paneuropee di produzione di armi — di uscire dalla leggerezza che dal 1945, e malgrado la Jugoslavia, ci spinge a credere che in Europa non vedremmo più la guerra. Il secondo requisito da soddisfare è che le forze politiche europee che la Russia si adopera tanto a rafforzare siano chiamate a scegliere. Le estreme destre di Germania, Francia, Austria, Olanda; la Lega italiana; i Democratici Svedesi e molti altri devono spiegare le loro connivenze con il Cremlino. Questi partiti non possono più limitarsi a una falsa confessione per cui “forse si è trattato di ingenuità”, come ha detto Jordan Bardella. Gli elettori devono poter sapere a chi danno le loro preferenze quando votano sedicenti “patrioti”, pronti a vendere al Cremlino l’Ucraina, i Paesi Baltici e la nostra sovranità. Il terzo requisito da soddisfare è organizzare, dal centrodestra ai Verdi, passando per i socialisti e il centrosinistra, un fronte unito di forze democratiche determinate a non lasciare che l’abbia vinta il padrone del Cremlino. Non si tratta neanche di cancellare le differenze di approccio tra famiglie politiche, ma di rammentare che, in guerra, Churchill, de Gaulle e Roosevelt non rappresentavano partiti, ma la volontà di vincere. A queste condizioni, prevarremo noi perché, dopo vent’anni di putinismo, la Russia — il Paese più grande del mondo, un Paese traboccante di gas e di petrolio — ha un Pil inferiore non solo a quello della Francia o della Germania, ma anche della Spagna o dei Paesi Bassi, di una sola delle medie potenze dell’Unione. Questo regime scellerato e sfiancato, questo potere di furfanti e di incapaci, non ha niente di invincibile. Anche senza gli Stati Uniti, l’Unione può prevalere, ma non potrà farlo senza tenere bene a mente che la vittoria ha un prezzo.

Per inviare la propria opinione a Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT