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La Repubblica Rassegna Stampa
05.02.2024 Ostaggi, l’accordo si allontana
Cronaca di Fabio Tonacci

Testata: La Repubblica
Data: 05 febbraio 2024
Pagina: 2
Autore: Fabio Tonacci
Titolo: «Ostaggi, l’accordo si allontana. Hamas rinvia ancora la risposta»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/02/2024, a pag. 2, con il titolo "Ostaggi, l’accordo si allontana. Hamas rinvia ancora la risposta" la cronaca di Fabio Tonacci.


Fabio Tonacci
I nostri sforzi per liberare gli ostaggi procedono incessantemente, ma non accetteremo ogni accordo né ad ogni prezzo
Netanyahu: "I nostri sforzi per liberare gli ostaggi procedono incessantemente, ma non accetteremo ogni accordo né ad ogni prezzo"
TEL AVIV — Come una partita a scacchi in cui uno dei due giocatori muove ma in realtà sta pensando di rovesciare la scacchiera. La trattativa tra Israele ed Hamas per la tregua e il rilascio dei 136 ostaggi (non tutti sono vivi) si sta impantanando su condizioni che, al momento, sembrano inconciliabili. Hamas vuole di più e prende tempo. Una risposta alla proposta di accordo, mediato a Parigi da Egitto, Qatar e Stati Uniti, era attesa per ieri sera, ma i miliziani hanno rimandato senza spiegare il motivo. E fonti a loro vicine, citate da media arabi, fanno capire che l’orientamento prevalente sarebbe quello di non accettare. Hamas, al cui interno si sta consumando l’attrito tra l’ala politica rifugiata in Qatar che fa capo a Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar, il leader nella Striscia di Gaza ritenuto essere nascosto nella chilometrica rete di tunnel sotto Khan Yunis, pretende uno scambio più favorevole rispetto al 3 a 1 (tre detenuti palestinesi per un ostaggio) del precedente accordo di fine novembre, e spinge perché vengano rilasciati anche i miliziani della Forza Nukheba, cioè gli esecutori materiali e principali responsabili dell’assalto ai kibbutz. Ma non è solo questo. Il punto che più misura la distanza con Israele è la durata del cessate il fuoco: lo Stato ebraico è disposto a concedere 36 giorni, prolungabili solo a patto che vengano consegnati tutti i prigionieri; Hamas — stando a quanto trapela da indiscrezioni comparse su Al Arabija e Al Sharq — chiede invece l’armistizio permanente e il ritiro delle truppe israeliane da Gaza. Esattamente ciò che il premier non vuole fare. E non può fare, a meno di non perdere il sostegno dei partiti e dei ministri dell’ultradestra nazionalista e messianica, indispensabili per la tenuta del suo governo. «I nostri sforzi per liberare gli ostaggi procedono incessantemente, ma non accetteremo ogni accordo né ad ogni prezzo», dichiara Benjamin Netanyahu. La stampa israeliana ha rivelato un dettaglio interessante della riunione di governo tenutasi ieri a Gerusalemme. «L’opposizione all’accordo da parte dei ministri è stata segretamente coordinata con Netanyahu », scrive il quotidiano progressista Haaretz. Si tratterebbe dunque di una messinscena, una finta che consente al premier di “incolpare” la compagine di governo di fronte agli occhi degli Stati Uniti che lo pressano perché raggiunga l’intesa con Hamas, premessa per la fine di un conflitto che sta provocando migliaia di vittime civili a Gaza. Più di 27mila, secondo le autorità locali palestinesi. Al quarto mese di guerra, l’esercito israeliano è concentrato su Khan Yunis, la roccaforte dei miliziani nel Sud della Striscia, dove proseguono i bombardamenti. Il ministero della Sanità di Gaza controllato da Hamas denuncia «un attacco contro un asilo nella città di Rafah» che ha causato la morte «di almeno due bambine e decine di feriti, perché nella scuola avevano trovato rifugio molti sfollati». Le forze armate d’Israele sostengono di aver preso il controllo del quartier generale della divisione che opera a Khan Yunis, dove c’era l’ufficio di Mohammad Sinwar, fratello dell’uomo che ha organizzato il massacro del 7 ottobre.

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