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La Repubblica Rassegna Stampa
01.10.2023 Zelensky: l’Ucraina diventerà l’Israele d’Europa
Cronaca di Fabio Tonacci

Testata: La Repubblica
Data: 01 ottobre 2023
Pagina: 15
Autore: Fabio Tonacci
Titolo: «Da granaio ad arsenale, l’alleanza di Zelensky per fare dell’Ucraina un hub degli armamenti»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 01/10/2023, a pag. 15, con il titolo "Da granaio ad arsenale, l’alleanza di Zelensky per fare dell’Ucraina un hub degli armamenti", la cronaca di Fabio Tonacci.


Fabio Tonacci

Mitobiografia di Volodymyr Zelensky | Fata Morgana WEB
Volodymyr Zelensky

KRAMATORSK — «L’Ucraina diventerà l’Israele d’Europa». Gli analisti militari più esperti usano questa immagine per spiegare il senso della cosiddetta Alleanza delle industrie della difesa, l’iniziativa lanciata dal presidente Zelensky davanti a 252 produttori di armamenti ed equipaggiamento giunti a Kiev da trenta Paesi per partecipare al primo forum internazionale del settore organizzato a conflitto in corso. «L’Ucraina nel futuro prossimo vuole essere insieme hub della tecnologia bellica occidentale più avanzata e prima utilizzatrice delle forniture realizzate nel suo stesso territorio », ragionano gli analisti. Non più solo consumatrice di sistemi d’arma, quindi, ma anche produttrice ed eventualmente esportatrice. «È lo scenario più plausibile, che ricorda appunto la situazione in cui si trova Israele». Partiamo dal forum. Zelensky ne ha aperto i lavori parlando di «valorizzazione del diritto internazionale », di sicurezza collettiva «contro tutte le aggressioni», e della proposta di costruire «l’arsenale del mondo libero insieme all’Ucraina e in Ucraina». Ad ascoltarlo, in platea, c’era una folta rappresentanza turca e francese, presente con decine di manager d’azienda. L’Eliseo ha mandato anche il ministro della Difesa Sébastien Lecornu. Meno numerosi i tedeschi e gli inglesi, pochissimi gli italiani: per il nostro Paese presenti solo due imprese, Sic Navy attiva nella nautica e FAE Group che fabbrica macchine da sminamento, più un colonnello emissario della segreteria generale del ministero della Difesa. Il ministro Crosetto era stato invitato ma non ha potuto partecipare. L’Alleanza pensata da Zelensky, che alla chiusura del forum ha registrato 38 adesioni da fornitori di 19 nazionalità diverse tra cui la turca Baykar (si è impegnata ad aprire su suolo ucraino entro un anno e mezzo un impianto di droni da combattimento Bayraktar T2 con almeno 300 dipendenti), ha uno scopo duplice. Da una parte l’Ucraina, che sta testando sul campo di battaglia i cannoni, i missili e i carri armati degli alleati, può condividere con i costruttori le informazioni e i feedback che riceve quotidianamente da soldati e unità di artiglieria: unknow-how prezioso che i suoi comandi, dopo più di un anno e mezzo di guerra, possiedono. La nazione invasa dalla Russia, infatti, quanto a capacità bellica rappresenta un unicum sul panorama mondiale, ha imparato a usare gli armamenti della Nato ma ha ancora un arsenale di derivazione sovietica simile a quello della Russia. E può mettere sul tavolo la propria tecnologia d’avanguardia nei settori della missilistica (a Dnipro ci sono gli stabilimenti di cui si serviva l’Unione Sovietica) e della progettazione dei droni marini con cui sta attaccando la flotta russa nel Mar Nero. 

Lumsanews n.1 del 24 febbraio 2023 by LIbera Università Maria Ss. Assunta -  Issuu

Zelensky ha anche un secondo scopo, però: attrarre investimenti e creare partnership con l’industria internazionale della difesa, sia pubblica che privata, finalizzando joint venture che portino alla delocalizzazione, cioè alla produzione delle armi Nato direttamente in Ucraina. Il modello di riferimento è l’accordo siglato tra il governo di Kiev e la BAE System, il colosso britannico del settore (tra le altre cose fa i missili a lungo raggio) che ha di recente aperto un ufficio in Ucraina. «La mossa permetterà a BAE di lavorare direttamente con Kiev per esplorare potenziali partner per un piano di realizzazione di cannoni leggeri da 105 millimetri», scriveva la Reuters a fine agosto. Anche la tedesca Rheinmetall ha sottoscritto un memorandum per l’apertura, entro dodici mesi, di un impianto di produzione e riparazione di blindati (si presume anche carri armati Leopard, ma non è stato specificato). Così come ha fatto la Bayktar, che ha promesso tre investimenti da 100 milioni di dollari, e come ha fatto un gruppo di grosse società americane. Nel recente viaggio a Washington Zelensky si è confrontato direttamente con Biden sull’idea dell’Alleanza delle industrie della difesa, riuscendo ad ottenere, stando a quanto riferisce il suo Ufficio presidenziale, sia l’approvazione della Casa Bianca sia diversi accordi per localizzare la produzione. Per adesso, però, siamo appunto a questo, ad accordi. Sottoscritti, firmati, ma che devono essere concretizzati. Dietro la mossa di Zelensky, alla base dell’Alleanza offerta all’industria della guerra, c’è, anzitutto, un’esigenza. Impellente e decisiva. Kiev ha percepito che l’aiuto degli alleati occidentali non sarà per sempre e non sarà per sempre a costo zero. Glielo ha ricordato, ancora due giorni fa, il ministro della difesa francese Lecornu. «Gli arsenali francesi si stanno svuotando. La fornitura gratuita di armi deve diventare l’eccezione, la regola dev’essere la partnership industriale». Che, tradotto, significa che l’Ucraina, nel medio termine, dovrà mettere in conto di dover pagare per veder arrivare le armi che le stanno consentendo di resistere alla Russia.

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