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La Repubblica Rassegna Stampa
14.09.2023 Il patto degli autocrati
Commento di Paolo Garimberti

Testata: La Repubblica
Data: 14 settembre 2023
Pagina: 32
Autore: Paolo Garimberti
Titolo: «Il patto degli autocrati»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 14/09/2023, a pag.32, il commento di Paolo Garimberti dal titolo "Il patto degli autocrati".

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Paolo Garimberti

Brindisi, armi e razzi spaziali: le 4 ore di vertice tra Putin e Kim.“Uniti  contro l'imperialismo” (sbbf)
L'incontro tra i due dittatori

In uno scenario evocativo di antichi tempi sovietici, Vladimir Putin e Kim Jong-un, due paria del mondo secondo il Dipartimento di Stato, si sono stretti platealmente la mano per quasi un minuto davanti alle telecamere, prima di suggellare, in due ore di colloquio, un baratto di armamenti, avvolto nel mistero e nell’ambiguità, che enfatizza l’isolamento della Russia, ma getta ombre cupe sul proseguimento della guerra in Ucraina. Perfino la Cina sembra infastidita dalle effusioni diplomatiche e soprattutto dalle intese militari tra il dittatore nordcoreano e lo zar russo. Commentando il lancio di due missili balistici a corto raggio da parte della Corea del Nord, avvenuto poche ore prima dell’incontro Kim-Putin, la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino ha detto che la Cina “è molto preoccupata per gli sviluppi e i cambiamenti della situazione nella penisola coreana”. La spregiudicatezza di Putin, che pur di attingere alla gigantesca riserva di munizioni della Corea del Nord, necessarie a respingere la controffensiva ucraina, è pronto ad aiutare Kim nello sviluppo di missili a testata nucleare, non piace al prudente Xi Jinping, che si muove in precario equilibrio tra la “non condanna” della guerra russa all’Ucraina e il desiderio di recuperare i rapporti, almeno commerciali, con l’Europa e l’America. Nella sofisticata segnaletica diplomatica di Pechino, non è forse un caso che, nello stesso briefing in cui ha auspicato “la pace e la stabilità” nella penisola coreana, la portavoce del ministero degli Esteri ha annunciato la visita del cardinale Zuppi per sottolineare che “sulla questione ucraina la Cina è sempre impegnata a promuovere la pace”. Messaggi confezionati con cura nel linguaggio, ma che sembrano segnalare che l’amicizia tra Mosca e Pechino non è sempre “senza limiti”, come avevano proclamato gli stessi Putin e Xi nel loro primo incontro dopo l’invasione dell’Ucraina a marzo di quest’anno. Forse è proprio per un resetdi questi limiti che tra pochi giorni, il 18 settembre, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, fedelissimo di Xi Jinping (ha sostituito Qing Gang, misteriosamente epurato), si recherà a Mosca per incontrare il suo omologo Sergej Lavrov. La guerra in Ucraina è stata la cartina di tornasole che, attraverso i voti sulle risoluzioni delle Nazioni Unite o le difficili gestazioni dei documenti finali del G20, ha svelato gli spostamenti delle faglie geopolitiche. In questo mondo à la carte, che ha preso il posto di quello a menù fisso dell’epoca della guerra fredda (la scelta era tra Stati Uniti e Unione Sovietica, altre portate nonerano previste, i “non allineati” erano al massimo un dessert), ognuno si muove secondo la propria convenienza, più che secondo l’appartenenza. La clamorosa visita di Biden a Hanoi, dopo il G20 in India, ne è la conferma e una plastica rappresentazione: il presidente degli Stati Uniti ascolta, mano sul cuore, l’inno accanto al segretario del partito comunista vietnamita. È passato meno di mezzo secolo dalla fuga in elicottero dell’ambasciatore americano, dal tetto dell’ambasciata a Saigon, con la bandiera avvolta sotto il braccio. Lo storico Michael Doyle suggerisce, nel suo ultimo libro, che sarà necessaria una “pace fredda” (Cold peace è il titolo) per evitare un’altra guerra fredda. In questo assetto geopolitico instabile, l’ “asse del male” tra Putin e Kim è uno sbocco quasi naturale. Il presidente russo, sul quale incombe un mandato di cattura internazionale, può dialogare, oltre che con il suo vassallo Lukashenko, soltanto con gli “Stati canaglia”: l’Iran e, appunto, la Corea del Nord di Kim Jong-un, che nonostante la giovane età usa un linguaggio vecchio per proclamare il suo sostegno alla Russia “nel fronte anti-imperialista”. Il flop di presenze altolocate al Forum Economico Orientale di Vladivostok (la vicepresidente del Laos era la dignitaria di più alto rango) aveva mostrato il crescente isolamento di Putin rispetto all’edizione dello scorso anno. L’enfasi con la quale la tv russa ha mostrato le immagini dell’incontro con Kim al cosmodromo Vostochny è parsa una compensazione dell’insuccesso di Vladivostok. Putin stesso ha detto che la scelta del cosmodromo era dovuta al fatto che Kim “mostra molto interesse per la tecnologia missilistica” (Little Rocket Man, era stata la sprezzante definizione di Trump) e, ha aggiunto, “cerca di sviluppare anche lo spazio”. Dunque missili con testata nucleare e satelliti spia contro munizioni e razzi, di cui la Corea del Nord ha riserve per decine di milioni, secondo gli esperti. Uno scambio impari, apparentemente. Ma di quelle vecchie munizioni, fabbricate ancora su licenza sovietica, la Russia ha disperato bisogno per continuare la guerra in Ucraina a tempo indeterminato. Sembra un paradosso che lo scenario più citato per far tacere le armi in Ucraina sia proprio quello che avvenne tra le due Coree, dopo tre anni di guerra: un armistizio senza un trattato di pace, che risale al 1953, quando a Pyongyang regnava ancora Kim Il-sung, il nonno di Kim Jong-un.

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