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La Repubblica Rassegna Stampa
09.06.2023 Ucraina: i russi sparano sui soccorritori del Dnepr
Cronaca di Brunella Giovara

Testata: La Repubblica
Data: 09 giugno 2023
Pagina: 16
Autore: Brunella Giovara
Titolo: «Dopo l’acqua, le bombe. Tiro a segno russo sui soccorritori del Dnepr»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 09/06/2023, a pag.16, con il titolo "Dopo l’acqua, le bombe. Tiro a segno russo sui soccorritori del Dnepr", l'analisi di Brunella Giovara.

La diga sul fiume Dnepr e la tragedia del Novecento, Stalin e due anni dopo  Hitler gli ultimi a farla saltare in aria - La Stampa

MYKOLAIV — Alle 14 precise cominciano a sparare. Non che prima si fossero astenuti dal tirassegno. Ma alle 14 i russi sparano con i mortai e nel bersaglio ci sono i disgraziati di Kherson, che è gente già sul punto di annegare, e con loro i soccorritori, che sono per lo più civili, poliziotti, volontari, infermieri. Si può ben dire che Kherson è una città in ginocchio, affondata nella melma della piena del Dnepr, provocata dall’esplosione della diga di Nova Kakhovka. L’acqua arriva ai tetti e su alcuni tetti ci sono persone da salvare. I soccorsi arrivano sui gommoni, ma è tutto molto difficile e quasi impossibile, se il nemico approfitta del momento tragico per darti il colpo di grazia. Così ieri è morta una donna. Stava per annegare, nella piazza Korabel completamente allagata, ed è arrivato il colpo che ha anche ferito in modo grave un agente di polizia e un volontario, e di striscio altre sette persone. E per poco non ha ammazzato il rabbino capo di Kiev e Ucraina, incontrato pochi giorni fa nella capitale dopo l’uccisione di una bambina di 9 anni, e diceva «che i russi sono criminali, uccidono i civili». Ieri Moshe Reuven Azman era a Kherson, «abbiamo nuotato per salvare la gente», stava giusto raccontando in diretta Facebook quando sono arrivati i primi colpi. La situazione è questa e andrà avanti ancora, fino a quando gli occupanti della riva sinistra del fiume non riusciranno più a raggiungere Kherson con il loro tiro. In città ci sono anche militari ucraini, per i soccorsi. Il comando generale ha comunque inviato un contingente, togliendolo al fronte su cui si combattono le battaglie per la riconquista dei territori perduti. I russi li accusano di aver sparato sulla loro parte, ma tutti gli sfollati raccontano di continui bombardamenti che arrivano sempre da una sola direzione, ed è quella russa. Il consigliere del presidente Zelenski, Mykhailo Podolyak, ha detto che «loro non stanno nemmeno cercando di evacuare i territori occupati. La gente è seduta sui tetti senza cibo e acqua, sotto il sole e le bombe». E ieri mattina è arrivato anche il presidente Zelensky, a Kherson, per rendersi conto di persona della situazione, e promettere una ricostruzione veloce, un «risarcimento per i residenti colpiti dal disastro. Dobbiamo proteggere le vite, aiutare le persone il più possibile». La situazione è terribile. I cadaveri cominciano ad affiorare. Il sindaco in esilio di Oleshki, Yevhen Ryschuk, ha detto che solo nel suo villaggio (zona occupata) ne hanno recuperati otto, e uno galleggia intrappolato nella casa. Seicento chilometri quadrati sono sott’acqua, il 32 per cento sulla riva destra, il resto su quella sinistra, occupata dai russi. E tentare di salvare gli ucraini su quella riva è impossibile. L’evacuazione degli altri è in corso, gli sfollati vengono caricati sugli autobus e sui pulmini gialli delle scuole, portati nei centri di raccolta. Alla stazione di Mykolaiv si ritrovano famiglie che hanno perso tutto, e non per modo di dire, come quella di Roman e Helena, con le tre figlie: Valeria, Veronika e Viktoria, due me si appena, che non sa niente di guerra e alluvioni ma strilla disperata lo stesso. La madre mostra il video sul cellulare: «Vedi, questa è la mia casa. E quella è la mia bandiera », piantata nel giardino, l’acqua arriva a toccarla. «Mia madre si è salvata per miracolo, adesso è con noi, affitteremo una casa e aspetteremo che le acque si ritirino. Torneremo, certo. Ma a me viene da piangere. Niente sarà recuperabile». Intorno, i volontari dell’Unicef, della Croce rossa, distribuiscono panini e bottiglie d’acqua, vestiti e biancheria pulita. È tutto già visto, la vita misera degli sfollati vista sui treni di evacuazione, a inizio guerra, e poi accampati nelle stazioni di Varsavia, con cani e bambini terrorizzati dalle prime bombe della loro vita. Ira, anche lei di Kherson, operaia, due figlie di 10 e 4 anni, Arina e Angelina: «Le bambine sono abituate ai missili, quando suona l’allarme scendono con la bambola nello scantinato. Sanno quello che devono fare, eppure sono così piccole. E ora l’acqua, ci siamo salvati dall’occupazione dei russi, e stavamo per morire annegati». Kherson è stata occupata dal 2 marzo del 2022 fino all’11 novembre. «L’“okkupazia ” è stata molto pesante. La città era deserta, siamo sempre stati barricati in casa, ma poi abbiamo finito le provviste e siamo dovuti uscire, a cercare del cibo. La fame ci ha cacciati fuori di casa come mendicanti, i russi ogni tanto distribuivano del pane». E poi la domanda «ma a lei, è mai successo di vivere in una città occupata dal nemico?», e la risposta è no, «lei è molto fortunata, allora». Intanto partono gli autobus che portano gli evacuati verso Kryvyj Rih e Odessa, e insieme le colonne delle autocisterne dell’esercito, che portano il carburante sul fronte di Zaporizhzhia.

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