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La Repubblica Rassegna Stampa
08.06.2023 Dal caso Mortara al film 'Rapito' di Marco Bellocchio
Analisi di Alberto Anile

Testata: La Repubblica
Data: 08 giugno 2023
Pagina: 36
Autore: Alberto Anile
Titolo: «Dentro la fabbrica di “Rapito”»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 08/06/2023, a pag. 36, con il titolo "Dentro la fabbrica di “Rapito” ", l'analisi di Alberto Anile.

RAPITO | Cinema Teatro Politeama | Pavia

Ancora pochi giorni fa, fuori da un cinema romano che programmava Rapito, un signore d’aspetto maturo distribuiva volantini di Militia Christi in difesa di Pio IX. Il film di Marco Bellocchio non ha suscitato le polemiche che la produzione paventava ma ha toccato qualche nervo scoperto: Rapito ricostruisce il caso di Edgardo Mortara, prelevato nel 1858, a sei anni, dall’Inquisizione bolognese per essere educato come cristiano dentro le mura del Vaticano, sotto l’occhio di un pontefice che nel frattempo vedeva disgregarsi le antiche alleanze internazionali e veniva minacciato dal regno sabaudo. Si è detto che Spielberg avrebbe bloccato un progetto analogo per l’avanzare di quello bellocchiano ma è vero il contrario: il regista deiPugni in tasca ci pensava da anni, e aveva anzi archiviato quello che allora s’intitolava La conversione proprio perché il collega americano aveva avuto la stessa idea, riprendendola dopo Esterno notte grazie al fatto che Spielberg aveva infine deciso di congelare il suo The Kidnapping of Edgardo Mortara.


Il recentissimo libro di Daniele Scalise sul caso Mortara (Longanesi ed.)

Che si realizzi o meno il bis statunitense, Rapito rimarrà nella storia del cinema per diversi meriti: avere svelato a un pubblico ampio una pratica agghiacciante come quella delle conversioni forzate, organizzata dalla Chiesa ai danni degli ebrei a partire dal Cinquecento, e avere realizzato con mezzi adeguati una ricostruzione storica notevole anche dal punto di vista spettacolare (Rapito è il film più costoso della carriera di Bellocchio, oltre tredici milioni di euro in una coproduzione che mette insieme mezza Europa). Perciò verrà sempre utile un libro come quello appena pubblicato dalla Cineteca di Bologna, a cura di Paolo Mereghetti, che presenta la sceneggiatura del film con alcuni testi di accompagnamento. L’idea riprende quella di un’antica e benemerita collana edita da Cappelli, “Dal soggetto al film”, collana che tutti gli studiosi di cinema conoscono, che proponeva i film dei maggiori autori italiani contemporanei sotto forma di copioni; una collana «gloriosa e pionieristica», come la definisce Gianluca Farinelli nella presentazione iniziale, qui rievocata anche nel suo impiantografico e tipografico. Nel caso diRapito, l’impianto è il medesimo: brevi saggi, qualche testimonianza, e la sceneggiatura di un’opera che, come spiega Mereghetti, intende «fare i conti con la Storia e con quanto di oppressivo e di coercitivo può esercitare sulle persone, allontanandosi dai tempi in cui viviamo per allargare lo sguardo a quanto di metafisico configuri e innervi il Potere e i suoi rappresentanti ». Il libro consegna alle future generazioni di studiosi innanzitutto le dichiarazioni del regista sul “perché ho fatto questo film”: «La storia del rapimento del piccolo ebreo Edgardo Mortara mi interessa profondamente perché mi permette di rappresentare prima di tutto un delitto, in nome di un principio assoluto. “Io ti rapisco perché Dio lo vuole. E non posso restituirti alla tua famiglia. Sei battezzato e perciò cattolico in eterno”. (…) Che è giusto per una salvezza ultraterrena schiacciare la vita di un individuo». Il regista tiene anche a precisare di aver voluto tenere conto dell’evoluzione di Edgardo, rimasto per tutta la vita dalla parte dei suoi rapitori e della nuova religione, facendosi anche sacerdote: «un uomo che, fedele ai suoi violentatori che crede suoi salvatori, diventa alla fine un personaggio che ci esime da ogni spiegazione razionale». Ma è il lavoro sulla sceneggiatura la parte più preziosa del libro. Se la vecchia Cappelli decideva di volta in volta se pubblicare la versione antecedente le riprese o quella desunta in moviola, per questa di Rapito si è deciso di riprodurre l’ultima versione (la settima!), a firma di Bellocchio e di Susanna Nicchiarelli, arricchita saggiamente, con un sagace gioco di evidenziazioni e colorazioni, delle modifiche effettuate in corso d’opera, dando così anche conto di ciò che non è stato montato e insieme di ciò che è stato aggiunto. È perciò interessante scoprire che sulla carta il film sviluppava un tantino di più il personaggio di Edgardo adulto, che veniva attanagliato da una serie di malattie misteriose, e che a Parigi ritrovava per un momento madre e fratello; o che certi particolari del battesimo clandestino, rievocati nelle scene del tribunale, erano inizialmente previsti a inizio film, in stretto ordine cronologico. L’inserimento di qualche intervista agli interpreti principali potrebbe offrire un ulteriore miglioramento ai prossimi volumi della collana “Contemporanei”. Oltre ai produttori (Beppe Caschetto e Simone Gattoni) sarebbe stato interessante avere anche le testimonianze degli attori, in particolare dei due straordinari Barbara Ronchi e Fausto Russo Alesi, che nel film danno carne e sangue agli sgomenti genitori di Edgardo, annichiliti da un Potere cieco e presuntuoso.

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