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La Repubblica Rassegna Stampa
29.05.2023 Turchia, vince Erdogan: diritti sotto attacco
Cronaca di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 29 maggio 2023
Pagina: 10
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «Erdogan vince ancora: “È il secolo della Turchia”. E attacca i diritti Lgbtq»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 29/05/2023, a pag.10, con il titolo "Erdogan vince ancora: “È il secolo della Turchia”. E attacca i diritti Lgbtq", la cronaca di Gabriella Colarusso.

Gabriella Colarusso (@gabriella_roux) | Twitter
Gabriella Colarusso

Turkey: Erdoğan faces his greatest electoral challenge yet | Financial Times
I due sfidanti Kilicdaroglu ed Erdogan

ANKARA — La folla in festa alla Kulliye saluta l’inizio della terza era erdoganiana. «È il giorno della salvezza », sorride Halime, 37 anni, i capelli avvolti in un hijab colorato e la veste nera. «Erdogan sistemerà le cose. Saremo forti,inshallah ». Dopo due decenni al potere, il leader più longevo della storia politica turca, Recep Tayyip Erdogan trionfa ancora: con il 52% dei voti, sarà il presidente della Turchia per i prossimi cinque anni. Kemal Kilicdaroglu, il candidato dell’opposizione che guidava una coalizione di sei partiti, si è fermato al 48%. Quasi due milioni di elettori non sono tornati alle urne per il ballottaggio, ma l’affluenza è stata comunque significativa, l’84%. «Oggi si apre il secolo della Turchia », scandisce il presidente alla piazza in tripudio. «L’opposizione è pro-Lgbt, ma gli Lgbt non possono infiltrarsi tra noi. Rinasceremo». A dispetto dei pronostici, di una crisi economica che morde e di un terremoto devastante, e contro un fronte dell’opposizione mai così unito, il Rais ha confermato la presa sul suo popolo: le masse islamo-conservatrici dell’Anatolia centrale che ieri sono andate in forza a votare perlui. La macchina del consenso è stata una leva formidabile: in 20 anni Erdogan ha conquistato il controllo dei media e delle istituzioni, dell’industria religiosa e culturale, dalle moschee alle soap opera, e ha silenziato gli oppositori scomodi. Ma oltre il suo potere vasto, c’è il fiuto politico. Il Rais ha offerto ai turchi la promessa del ritorno a una grande nazione musulmana. E protezione: nei seggi distribuisce soldi agli elettori, sgrida chi fuma, dona giochi ai bambini. E prega. La campagna del primo turno l’ha chiusa recitando il Corano a Santa Sofia, da lui convertita in moschea, quella del ballottaggio con la visita alla tomba di Abu Ayyub al Ansari, imam e compagno di Maometto. Lo sfidante Kemal Kilicdaroglu ha giocato con le mani legate, pochi mezzi e scarsa visibilità. Aveva puntato sull’inclusività e sulla difesa della democrazia, poi ha tentato la carta nazionalista per conquistare voti a destra — anche al prezzo di alienarsi i voti curdi. «Dico a voi: alzatevi e camminare orgogliosi», ha detto aisuoi. Ma non è apparso credibile. Non abbastanza, almeno, contro un leader politico sopravvissuto a innumerevoli tempeste anche grazie alla capacità di cambiare posizione a seconda del contesto e della convenienza. Agli inizi della carriera, dopo il buon governo da sindaco di Istanbul, Erdogan fu arrestato per averletto una poesia in pubblico e bandito dalla politica. Due anni dopo, fondò l’Akp e stravinse le elezioni. Seguirono successi elettorali anche dopo fallimenti politici. Tra il 2005 e il 2009 provò prima a far entrare la Turchia in Europa e poi a negoziare la pace con il partito curdo Pkk, considerato organizzazione terroristica in Turchia. Entrambe le trattativefallirono, lui cambiò approccio adottando il pugno duro con i curdi e cercando alleanze a Oriente. Nel 2013 il movimento popolare di protesta Gezi Park sembrò farlo vacillare, ma riuscì a spezzarlo con la repressione. Tre anni dopo, nel 2016, il fallito colpo di Stato attribuito ai gulenisti contribuì alla svolta autoritaria: circa 40mila persone furono arrestate o denunciate. Nel 2017, il sigillo: il referendum vinto per un soffio gli consegnò il sistema presidenziale e pieni poteri, senza veri contrappesi. «Faremo un governo all’altezza del nuovo secolo turco», aveva già detto in tv, facendo immaginare ai turchi una nuova stagione di sviluppo, come il decennio 2005-2017 che ha portato la Turchia nel club delle potenze emergenti. Ma non sarà facile mantenere la promessa. La sua politica economica eterodossa, un mix di anti-imperialismo e credenze islamiche, ha innescato una crisi valutaria. Le riserve estere della banca centrale sono vuote e Ankara ha bisogno di soldi. Tanti. I ritrovati amici del Golfo sono corsi in suo aiuto, iniettando capitali nei forzieri dell’Istituto. Putin gli ha abbonato il pagamento di una bolletta energetica da 10 miliardi, ma ripresenterà il conto. La politica estera, con la mediazione tra russi e ucraini sul grano e la posizione di ponte tra Oriente e Occidente, spiega una parte importante del consenso che riscuote. Ma la contrarietà all’ingresso della Svezia nella Nato rischia di creare tensioni con gli alleati. E poi c’è Assad. Erdogan cerca un riavvicinamento con il regime siriano per gestire la questione dei rifugiati, l’autocrate di Damasco venderà cara la pelle. Il grande gioco, di cui la sua piazza ora non si cura, oggi è il giorno della festa.

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