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La Repubblica Rassegna Stampa
20.05.2023 Assad riaccolto nella Lega araba
Analisi di Gianni Vernetti

Testata: La Repubblica
Data: 20 maggio 2023
Pagina: 27
Autore: Gianni Vernetti
Titolo: «Il trionfo dell’impunità»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 20/05/2023, a pag.27, con il titolo "Il trionfo dell’impunità" l'analisi di Gianni Vernetti.

27 November | Italy On This Day
Gianni Vernetti

Putin set to host Assad at the Kremlin | MEO
Bashar al-Assad, Vladimir Putin

Ieri a Jeddah, con la reintegrazione della Siria nella Lega Araba ed il palco concesso al satrapo Bashar al Assad, ha trionfato l’impunità. E sono bastati soltanto dodici anni per far dimenticare al consesso dei Paesi arabi una delle più grande tragedie che l’umanità ha conosciuto dal secondo conflitto mondiale: 500mila civili uccisi e altri 150mila scomparsi nelle carceri del regime; 6,6 milioni di rifugiati in Medio Oriente (di cui una parte rilevante in Turchia) ed altri 6 milioni di sfollati interni; 82mila barili bomba lanciati contro ospedali, scuole, edifici religiosi; Aleppo e decine di altre città rase al suolo; 340 attacchi documentati con armi chimiche; stupri ed eccidi di massa, torture; la nascita e la scomparsa del Califfato con la sua scia di morti e il genocidio degli yazidi; un economia in caduta libera e il 90% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà; metà degli ospedali e delle scuole distrutte; 70% della popolazione senza accesso all’acqua potabile. La Lega Araba accoglie fra le sue fila e legittima un brutale dittatore, che in dodici anni ha distrutto e svuotato il proprio Paese, trasformandolo anche in un narco-Stato, che detiene il triste record di essere il primo produttore ed esportatore mondiale di captagon, un’anfetamina estremamente potente, la cui rete produttiva e commerciale porta direttamente al fratello del satrapo: Maher el Assad. Di tutto ciò si è reso responsabile Bashar el Assad che regna ancora su uno stato fallito e in rovina, soltanto grazie al sostegno di altri due Paesi sempre più ai margini della comunità internazionale: la Russia di Vladimir Putin e l’Iran di Ebrahim Raisi. Senza l’intervento dell’esercito russo e senza il sostegno militare diretto dell’Iran e delle milizia di libanesi di Hezbollah, il regime sarebbe probabilmente crollato. In più, il regime di Damasco riesce a controllare soltanto i due terzi del Paese: a nord dell’Eufrate la coalizione di forze curde, assire, yazide e arabe controlla un terzo del Paese e l’Amministrazione Autonoma del Nord e dell’Est della Siria governa su sei milioni di abitanti, grazie all’impegno militare delle Syrian Democratic Forces, sostenute dalla Coalizione Globale contro l’Isis. A nord-ovest, la Turchia occupa con il proprio esercito la provincia di Afrin e quella di Idlib, grazie al sostegno ad una coalizione quelleancora controllate da milizie estremiste sempre legate ad Ankara (Idlib). La Risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è stata fin qui largamente disattesa e nella Siria di Assad, pacificata con il terrore, gli alleati del regime di Damasco, Russia e Iran, non sono certo nella condizione di finanziare alcun progetto post-bellico di rinascita del Paese. Con la reintegrazione di Assad nella Lega Araba, si allontanano inoltre le possibilità di una transizione pacifica. La legittimazione del regime di Damasco non contribuirà a creare le condizioni di fiducia per il rientro dei profughi e neppure a realizzare quel percorso auspicato dalla comunità internazionale: una nuova costituzione per una Siria federale sotto la supervisore delle Nazioni Unite, elezioni libere, giustizia per i crimini di guerra commessi. La permanenza di Assad al potere e insieme all’assenza di una prospettiva di una vera transizione politica a Damasco e le sanzioni ancora tutte in vigore, rendono praticamente impossibili investimenti diretti nel Paese da parte della comunità internazionale. La normalizzazione dei rapporti con il regime di Assad da parte della Lega Araba rischia dunque di creare un precedente pericoloso: garantire l’impunità a dittatori e regimi che si macchiano di crimini di guerra e contro l’umanità ed allontanare le speranze di giustizia dopo dodici anni di guerra e devastazione. Europa e Usa, che si sono espresse contro la normalizzazione dei rapporti con Assad, sono però chiamate ora a fare di più sul piano politico ed economico. L’Unione Europea ha presieduto lo scorso maggio a Bruxelles la sesta conferenza sulla ricostruzione della Siria raccogliendo 6,4 miliardi di dollari fra i Paesi donatori e ulteriori fondi sono stati allocati dopo il terremoto dello scorso febbraio, ma l’implementazione è resa difficile proprio dalla permanenza di Assad al potere. Serve più coraggio e si potrebbe cominciare ad aumentare la presenza nelle aree liberate del nord della Siria, finanziando progetti di ricostruzione, aumentando il sostegno politico all’Amministrazione del Nord e dell’Est della Siria (Rojava), incrementando il sostegno militare alle Syrian Democratic Forces.

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