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La Repubblica Rassegna Stampa
19.04.2023 I regimi fascisti complici di Auschwitz
Cronaca di Concetto Vecchio

Testata: La Repubblica
Data: 19 aprile 2023
Pagina: 6
Autore: Concetto Vecchio
Titolo: «Mattarella: “I fascisti furono complici dei carnefici nazisti”»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 19/04/2023, a pag.6, la cronaca di Concetto Vecchio dal titolo "Mattarella: “I fascisti furono complici dei carnefici nazisti” ".

AUSCHWITZ — La prima immagine è il filo spinato. L’intero lager ne è circondato con un fitto reticolato. E poi il silenzio che coglie d’istinto una volta entrati: uno stupore sgomento che la luce di primavera amplifica. «Il lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si può sopravvivere, e perciò si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza», scrive Primo Levi in Se questo è un uomo . «Studiate questa storia e poi trasmettela a vostra volta», è non a caso l’invito che Sergio Mattarella rivolge alle tre scolaresche di Ancona, Sacile e Terracina che lo seguono nella visita nei block. «Per quanto abbia letto tanto, visto film e video, poi essere qui è un’altra cosa», confida il Capo dello Stato a una studentessa che gli domanda cosa stia provando. «Qui si ha la misura dell’inimmaginabile: perciò bisogna ricordare, tramandare la memoria della Shoah».

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Sergio Mattarella

La prima volta di Sergio Mattarella ad Auschwitz è un monito a quelli che vogliono cambiare le carte in tavola, e che lui chiama «gli araldi dell’oblio». Lo dice ai ragazzi della Marcia dei vivi che si dipana per tre chilometri fino a Birkenau: «Ricordare è dimensione di impegno». Specie in un Paese come il nostro dove il presidente del Senato ha derubricato i nazisti che marciavano in via Rasella a banda musicale. Davanti alla marea di pettorine blu venute da tutto il mondo pronuncia una frase che è il senso vero della sua venuta: «I nazisti godettero della complicità dei regimi fascisti europei che consegnarono i propri concittadini ai carnefici». Come Tatiana e Andra Bucci, le due sorelle di Fiume che finirono a Birkenau nell’aprile del 1944. Tatiana aveva sette anni, Andra cinque. Furono sigillate per quasi un anno in questo cimitero senza tombe. Mentre aspetta l’arrivo del presidente Tatiana racconta la sua storia. Della sua famiglia furono internati in otto: «Io, mia sorella, la mamma, la zia, mio cugino Sergio, la mamma di Sergio, un’altra zia. Ci salvammo in quattro». Con la madre si rividero un anno dopo la fine della guerra. Erano finite a Londra, e dopo molte traversie fu il numero impresso dal kapo sul braccio, e che la mamma aveva memorizzato, a fugare i residui dubbi che erano proprio loro. «Nel vedere tutti questi ragazzi ho pianto», ammette Tatiana. «Sono venuta già quaranta volte, la prima nei primi anni Novanta con lo storico Marcello Pezzetti, in precedenza e per tanto tempo non se ne è parlato, non eravamo pronti. Che dire? L’uomo sa essere crudele, ma poi ci sono anche uomini che danno la vita per gli altri. Oggi trovo insopportabile che il Mediterraneo sia diventato un cimitero». «Questa baracca conteneva settecento cuccette, ma ci dormivano in mille e duecento», spiega la guida. Poi si entra dentro. E si incontrano la teca ricolma di scarpe rubate, le valigie ammucchiate, ibarattoli di Zyklon B, il veleno usato nelle camere a gas. «Avete visto che macchina dell’orrore?» dice Mattarella ad alcune studentesse. Si sofferma più a lungo davanti a una sezione che raccoglie i vestitini dei più piccoli. «Ecco, questa era una scarpa di bambina», dice come tra sé. Dei 230mila che entrarono qui, se ne salvarono settemila. «È tutto straziante. Vediamo stoviglie, vestitini, scarpe, ma dietro ogni oggetto c’erano persone. E noi vediamo solo una piccola parte di quel che è avvenuto». E a quel punto sente il bisogno di stringere la mano di Tatiana Bucci. Contrastare il negazionismo. «Oggi più che mai la memoria rimane un monito perenne che non può essere evaso». Tra pochi giorni sarà il 25 aprile. Il Capo dello Stato lo trascorrerà nel Cuneese, nel ricordo del capo partigiano Duccio Galimberti, ucciso dai fascisti, e dell’eccidio nazista a Boves. Si torna fuori, nella luce. Con la figlia Laura e le sorelle Bucci il presidente avanza sotto le insegne Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi ),lo slogan feroce del lager. Dice: «L’odio, il pregiudizio, il razzismo, l’estremismo e l’indifferenza, il delirio e la volontà di potenza sono in agguato, sfidano in permanenza la coscienza delle persone e dei popoli». Le studentesse del Liceo economico sociale Pujati di Sacile, Chiara, Natalia, Matilde, Alice, fanno altre domande, vogliono sapere, «sentire i racconti delle sorelle Bucci dà un’altra profondità alle cose studiate», ammette Eriselda. «Ci ha colpito apprendere che erano costrette a giocare attorno ai cadaveri nel Kinderblock, le baracche dove venivano rinchiusi i più piccoli». «Quando non ci saremo più sarete voi la nostra voce», dice materna Andra. «Quel che è successo non potrà essere dimenticato ». Tira ora un vento pungente su Birkenau. E la memoria corre ai milioni di Primo Levi che in quella notte dell’umanità si chiedevano: «Possibile?». «Mai più!» scandisce Mattarella dal palco che chiude la Marcia dei vivi.

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