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La Repubblica Rassegna Stampa
17.04.2023 Gli amici italiani di Putin
Analisi di Gianluca Di Feo

Testata: La Repubblica
Data: 17 aprile 2023
Pagina: 6
Autore: Gianluca Di Feo
Titolo: «Uss, l’affare da mille miliardi e gli amici italiani di Vostok Oil»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 17/04/2023, a pag. 6, con il titolo "Uss, l’affare da mille miliardi e gli amici italiani di Vostok Oil" la cronaca di Gianluca Di Feo.

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Gianluca Di Feo

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Se si vuole comprendere pienamente l’affaire Uss allora bisogna spiegare che il padre del fuggitivo non è solo il governatore di una ricca regione siberiana ma è soprattutto l’artefice del più grande progetto di sviluppo petrolifero del mondo: il programma Vostok Oil, una cornucopia da mille miliardi di dollari. Un eldorado di giacimenti da sfruttare e di impianti da costruire, superiore alla megalomania di qualunque sceicco: 115 milioni di tonnellate di idrocarburi, decine di raffinerie, ottomila chilometri di condotte. In pratica, la testa di ponte per colonizzare l’Artico, presentando però tutto come green: centrali eoliche per dare elettricità alle pompe, tubature rispettose del permafrost e persino un greggio molto meno inquinante, perché con il più basso livello di carbonio del pianeta. Vostok Oil è stato inventato da Alexander Uss e dal numero uno della compagnia energetica Rosneft: Igor Sechin, l’ex colonnello del Kgb ritenuto la persona in assoluto più vicina a Vladimir Putin, così temuto in patria e all’estero da venire chiamato Darth Vader, come il principe delle tenebre di Guerre Stellari. Possibile che i nostri apparati di sicurezza ignorassero tutto questo? Artem Uss anche negli atti giudiziari è stato trattato come un normale imprenditore che voleva investire nel nostro Paese mentre decine di siti investigativi russi, inclusa la fondazione di Aleksej Navalnyj, lo considerano il prestanome a cui il padre ha affidato i forzieri accumulati nella sua carriera politica. E il fatto che nessuno controlli chi sono gli oligarchi che acquistano beni e trasferiscono fondi attraverso società cipriote - come ha fatto Artem Uss per comprare alberghi e terreni in Sardegna - è forse ancora più preoccupante della mancata vigilanza sugli arresti domiciliari nella cascina di Basiglio. A meno che non sia stata proprio “Vostok Oil” la parola magica che ha fatto chiudere gli occhi sul giovane recluso. Il sogno è stato partorito da Alexander Uss e da Igor Sechin nel 2019, sono loro che hanno offerto al nuovo Zar del Cremlino l’occasione di lanciare la soluzione finale per il consolidamento economico della Russia: una sorgente infinita di denaro. Prima dell’invasione dell’Ucraina, tutte le grandi aziende italiane hanno cercato di ritagliare una fetta di questa torta. «Ci saranno importanti ricadute per numerose imprese del nostroPaese - magnificava nel dicembre 2020 l’ambasciatore Lorenzo Angeloni, uno dei direttori generali del ministero degli Esteri senza curarsi delle sanzioni decise dopo l’occupazione della Crimea - . Vostok Oil prevede la costruzione di 15 città industriali, due aeroporti, un porto, 5500 chilometri di strade e ponti». Un mese prima dell’attacco contro Kiev, Putin in persona ne ha parlato agli imprenditori della Camera dicommercio italo-russa: «I produttori italiani di attrezzature ad alta tecnologia stanno anche contribuendo attivamente al progetto Vostok Oil, che Rosneft sta realizzando nel territorio di Krasnoyarsk». Maire Tecnimont, ad esempio, veniva indicata come vincitrice della commessa da un miliardo e cento milioni per la costruzione di una raffineria. Tutti questi affari dove vano passare dagli uffici di Alexander Uss, cheavrebbe personalmente incontrato gli emissari di aziende come Eni, Danieli e Saipem oltre a promuovere attraverso l’Istituto per il Commercio Estero altri piani di sviluppo nella sua regione. Ma il principale alfiere dello sbarco tricolore nel futuro di Vostok Oil è sempre stato Antonio Fallico, l’arbitro delle fortune di Banca Intesa a Mosca. Ha continuato a farlo anche dopo l’inizio della guerra. Lo scorso ottobre il boss di Rosneft Sechin ha parlato - in teleconferenza perché bersaglio delle sanzioni internazionali - subito dopo di lui al Verona Eurasian Economic Forum, davanti alla platea degli irriducibili putiniani d’Italia: «Lo sviluppo procede secondo i piani stabiliti. Saremo lieti di vedere tutti i nostri amici tra i partecipanti a Vostok Oil». I rapporti tra Banca Intesa e Rosneft sono stati molto profondi: nel 2016 ha partecipato alla privatizzazione del colosso energetico russo e l’anno dopo ha guidato un pool di banche che ha finanziato con 5,2 miliardi di euro l’acquisto del 19,5 per cento delle quote. Un’operazione così importante per il Cremlino da avere convinto Putin a consegnare onorificenze di Stato ai vertici dell’istituto. E così anomala da essere entrata nel vortice dei sospetti sul Russiagate trumpiano: nessuno da noi si è preoccupato del fatto che tutto sia avvenuto dopo l’annessione russa della Crimea. Affari così importanti non possono limitarsi ad accordi tra banche o aziende: sono questioni di Stato. Come probabilmente - a sentire le parole spese dal vertice della Farnesina è accaduto pure per il programma petrolifero siberiano. E così diventa più facile comprendere quanti amici influenti potevano interessarsi alla sorte del rampollo di Alexander Uss, a cui il padre - secondo denunce dell’opposizione russa - ha donato anche una piccola quota della stessa Vostok Oil: il passaporto per attraversare qualsiasi frontiera.

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