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La Repubblica Rassegna Stampa
05.04.2023 La Pasqua ebraica
Analisi di Scialom Bahbout

Testata: La Repubblica
Data: 05 aprile 2023
Pagina: 27
Autore: Scialom Bahbout
Titolo: «La Pasqua ebraica e il futuro dei bambini»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/04/2023, a pag. 27, con il titolo "La Pasqua ebraica e il futuro dei bambini", l'analisi di Scialom Bahbout.

Intervento del rabbino capo di Venezia Scialom Bahbout dedicato alla  risoluzione Unesco - Osservatorio Antisemitismo
Scialom Bahbout

Emanuele Luzzati: “Il Seder di Pesach” | Il Blog delle Ragazze
Il seder di Pesach secondo Emanuele Luzzati

Il senso della festività che inizia oggi è quello di tramandare la storia dell’Esodo. Perché non esiste domani se non si conosce il passato L’avvicinarsi di Pesach, la Pasqua ebraica, richiama l’attenzione sul saggio di Michael Walzer Esodo e rivoluzione : il filosofo americano afferma che la storia della liberazione del popolo ebraico dall’Egitto è diventata il paradigma di ogni rivoluzione e questo perché non è stato possibile cancellarne il ricordo dai libri. L’influenza dei temi dell’Esodo si è sentita, non solo nella politica, ma anche nella letteratura: si pensi a Lev Tolstoj che fa del protagonista del romanzo Resurrezione una persona pronta a dedicare la propria esistenza al servizio degli sfruttati e degli oppressi. Tuttavia, il problema è come sia stato possibile che, a distanza di molti secoli, l’Esodo susciti ancora tanto interesse al di là del campo ebraico in cui è nato e si è sviluppato. Ciò che caratterizza l’Esodo è che si tratta di un momento fondante della storia del popolo ebraico, l’inizio della sua storia, e la domanda che è stata posta fin dall’inizio fu come tramandare questo momento. È chiaro che è stato necessario attivare la memoria che è uno strumento importante non solo per il singolo, ma per la collettività che deve trasformare un fatto biologico, come una nascita, in qualcosa di culturale. «Ricorda il giorno in cui uscisti dall’Egitto dalla casa degli schiavi »: a chi e come trasmettere il ricordo? Il testo biblico dà una chiara e semplice risposta: «Racconterai a tuo figlio». Da notare che non è scritto ai tuoi figli, come siamo tentati naturalmente di leggere, ma TUO figlio, al singolare. Questo spiega per quale motivo i protagonisti della cena pasquale sono i bambini, non in senso generico, ma nel senso specifico: ogni bambino ha il diritto di ascoltare e rivivere quella storia come qualcosa che si riferisce personalmente a lui. È questa l’occasione in cui gli adulti, in genere i genitori, sono chiamati a svolgere una funzione educativa ponendosi allo stesso livello dei bambini. È la prima vera occasione in cui i genitori possono svolgere una funzione che poi dovranno continuare per lunghi anni. La scuola, la società, l’Università interverranno dopo che saranno posti iprimi importanti semi. Oggi la maggior parte dei genitori rinuncia al proprio ruolo nell’educazione, cosa che non può che avere riflessi negativi perché altri assumeranno questo ruolo. La tradizione propone — a titolo esemplificativo — quattro tipi di bambini che noi potremmo definire come: l’intellettuale, il semplice, l’indifferente e il ribelle. Nachman di Brezlav — il rabbino mistico del XIX secolo vissuto in Ucraina — pone l’intellettuale e il semplice uno di fronte all’altro. L’intellettuale ha la presunzione di capire la realtà fino in fondo e di poter guidare il Mondo, mentre in realtà è la persona semplice che riesce a vivere e a dare un senso vero alla vita. Alla fine dei conti l’intellettuale si illude di conoscere e di possedere una realtà che non conosce, perché non la vive nella sua essenza. L’uomo occidentale disprezza la persona semplice che accetta la realtà così com’è e che cerca di vivere prima ancora di capire. Ma chi è il semplice? È una persona che è passata attraverso la fase intellettuale per capire che in fondo se si vuole essere vivi bisogna fare un maggior uso della sensibilità e dell’amore: bisogna ricorrere alla sapienza solo quando non si riesce a risolvere il problema con la semplicità. Rimanere indifferenti e non porsi molte domande è uno dei comportamenti classici dell’uomo, fino a quando non accade qualcosa di problematico, quando il ribelle mette tutto in discussione e l’indifferenza diventa un atteggiamento pericoloso anche per chi la pratica come una forma di autodifesa. Il ribelle costringe l’indifferente ad uscire dal proprio guscio che non lo protegge più dai pericoli della società ed è costretto a fare le sue scelte. In realtà ogni bambino attraversa nella sua storia tutti questi momenti: l’importante è che abbia accanto i genitori che lo aiutino e lo guidino. Tuttavia, esistono molti modi per essere figli come altrettanti per essere genitori: l’importante è che alla tavola della cena pasquale tutti possano essere presenti senza alcuna discriminazione. La tradizione ebraica insegna che perfino chi ha insegnato anche una sola lettera a un bambino ne diventa genitore. La storia che si narra la sera di Pasqua appartiene a tutti i bambini e a tutte le generazioni: sarebbe una grave omissione se qualche bambino venisse escluso. Un esempio per tutti: gli adulti non possono applicare una legge che esclude un bambino, nato per esempio da una gravidanza surrogata, dal godere dei diritti e delle esperienze che gli spettano, perché, le colpe dei padri non possono ricadere sui figli (Deuteronomio 24: 16), anche quando si tratta di atti definiti come colpe dalla legge. Simbolicamente alla tavola della cena pasquale siedono anche tutti i bambini che sono stati esclusi, perché rapiti o perseguitati nel corso della Storia dal potere politico o religioso, e anche trucidati dai nazisti che, eliminando un milione e mezzo di bambini, pensavano che avrebbe cancellato la storia e i valori dell’Esodo. Ogni popolo, ogni nazione deve saper trovare gli strumenti per raccontare e rivivere la propria storia, per poter continuare a dare il proprio contributo all’Umanità. I bambini sono i veri protagonisti cui ognuno deve trasmettere la propria storia, e sono quindi un patrimoniofondamentale per il futurodella società e della nazione. La parola figlio, BEN in ebraico, significa anche costruttore e spesso ci sfugge quanto i bambini possano essere i veri costruttori del nostro futuro. Un’antica parabola del Talmud esprime bene questo concetto, sempre valido specie in tempi in cui i bambini sono oggetto di abusi e di guerre create dagli adulti e che insanguinano il mondo: «Alcuni Saggi furono mandati a visitare le città della Terra d’Israele per vedere se c’erano maestri che potessero insegnare la legge ai bambini, ma non ne trovarono. Dissero: “Portateci dai difensori della città”. Li portarono dalle guardie e dai soldati che controllavano le porte della città. “E questi sarebbero i custodi? Questi distruggono la città; chi sono i custodi? I veri custodi sono i Maestri e i bambini che studiano la legge, come sta scritto nei salmi: Se il Signore non collabora alla costruzione di una casa (con l’applicazione della sua legge), coloro che la costruiscono lavorano invano; se il Signore non collabora alla sorveglianza di una città le guardie lavoreranno invano ». Pasqua ci ricorda che bisogna restituire ai bambini, assieme al loro passato, ciò che appartiene loro, cioè il loro futuro: l’educazione a un uso corretto partecipato della libertà che ci viene data. Una società in cui non ci siano bambini che seguano questo percorso sarebbe destinata a scomparire. Per quanto riguarda l’Italia, dovremmo riflettere sulla nostra storia e definire quali sono i fondamenti su cui educare e costruire le giovani generazioni e far sì che i bambini possano crescere in sintonia con essi. Questo lavoro deve essere fatto prima dalle famiglie e poi dalle strutture pubbliche che hanno una influenza sulla formazione e l’educazione. «Riportare il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri »: questo secondo Malachia, l’ultimo dei profeti della Bibbia, l’obiettivo che ci si deve proporre per costruire il futuro.

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