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La Repubblica Rassegna Stampa
03.04.2023 Forse la resistenza anti Putin
Cronaca di Daniele Raineri

Testata: La Repubblica
Data: 03 aprile 2023
Pagina: 4
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Le due ipotesi: vendetta ucraina o russi anti Putin»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/04/2023, a pag. 4, la cronaca di Daniele Raineri dal titolo "Le due ipotesi: vendetta ucraina o russi anti Putin".

Festival Internazionale del Giornalismo
Daniele Raineri

Russian propagandist Vladlen Tatarsky killed in blast at St Petersburg cafe
Il bar devastato


Kramatorsk - Il propagandista militare Vladlen Tatarsky - alias di Maksim Fomin - assassinato da una bomba in un caffè di San Pietroburgo era, per dirla con una battuta di Woody Allen, "il tipo di uomo che se fosse trovato con un pugnale nella schiena non ci sarebbe abbastanza posto sulla pedana dei sospetti". Si è trattato di un attacco da professionisti, probabilmente realizzato con meno di un chilogrammo di esplosivo di grado militare nascosto dentro una statuetta, e le piste possibili sono due: mandanti ucraini oppure mandanti russi. Ieri una giovane russa, Daria Trepova, è stata arrestata perché avrebbe consegnato la statuetta - è nata nel 1997 ed era stata già arrestata a manifestazioni per la pace. Se anche fosse stata lei a piazzare la bomba, c'è da vedere chi gliel'ha fornita. Per ora non ci sono elementi definitivi, si può fare però qualche speculazione che tenga conto dei precedenti. Gli ucraini consideravano Tatarsky un bersaglio di alto profilo perché era un blogger da mezzo milione di follower che appoggiava una linea genocida, predicava che il massacro di Bucha (quattrocento civili ucraini uccisi in un mese di occupazione) era stato una scelta giusta perché aveva intimidito l'Occidente e che i soldati russi impegnati nell'invasione avevano il diritto di uccidere e saccheggiare. In questi mesi di conflitto ci sono già state operazioni spettacolari compiute a sorpresa e molto in profondità nel territorio controllato dai russi - con un movente simbolico. Il 20 agosto una bomba ha ucciso vicino a Mosca Daria Dugina, figlia del propagandista russo Alexander Dugin - si pensa che fosse lui il bersaglio reale e che lei sia morta per uno scambio di posto avvenuto all'ultimo momento. In quell'occasione, tra i possibili responsabili era stato fatto anche il nome di Kyrylo Budanov, il generale trentasettenne che dirige la Gur, l'intelligence militare dell'Ucraina (era la Gur a consegnare ai partigiani di Kherson l'esplosivo al plastico usato per fare attentati contro i collaborazionisti durante l'occupazione russa). Il governo di Kiev aveva respinto l'accusa. Il 5 ottobre però il New York Times aveva pubblicato uno scoop che sosteneva, grazie a fonti dell'intelligence americana, che l'omicidio della Dugina fosse il risultato di un'operazione pianificata da un non meglio specificato settore del governo ucraino. Come a dire che forse il presidente Zelensky non ne era a conoscenza, ma di certo qualcuno nelle sue agenzie d'intelligence sapeva tutto. L'articolo faceva capire che una parte dei servizi ucraini si era mossa in autonomia, che l'Amministrazione Biden era molto irritata per l'attentato di Mosca e che le informazioni passate ai giornalisti del New York Times dovevano essere considerate come un ammonimento: siamo contro questi attacchi. Pochi giorni dopo, l'otto ottobre, un camion-bomba era esploso sul ponte di Kerch che collega la Russia alla Crimea e lo aveva danneggiato. Sappiamo che in realtà il camionista sarebbe dovuto passare sul ponte il sette ottobre, quindi nel giorno del compleanno di Putin, ma si era addormentato lungo la strada ed era in ritardo sulla consegna. Chi aveva organizzato l'attentato voleva che fosse anche uno sberleffo contro il presidente russo e non era successo soltanto per un contrattempo. I servizi di Mosca avevano accusato Budanov, il direttore della Gur. Questa volta l'accusa era esplicita perché a luglio l'intelligence ucraina aveva pubblicato uno studio approfondito sul ponte di Kerch - in particolare sui suoi punti vulnerabili - e con il senno di poi sembrava una rivendicazione. Colpire Tatarsky in un locale di Yevgeny Prigozhin, fondatore del gruppo Wagner, mentre i mercenari della Wagner avanzano a Bakhmut, potrebbe far parte dello stile della casa. Il consigliere del presidente Zelensky, Mikhailo Podolyak, ieri ha commentato che "i ragni nel barattolo si mangiano l'un l'altro, il terrorismo diventa uno strumento di lotta politica interna", come a dire che è tutta una faccenda tra russi, ma in pubblico non potrebbe dire altro. La pista russa può imboccare due direzioni. Una è quella della resistenza armata in Russia, che è poco conosciuta ma esiste e potrebbe aver deciso di fare un salto di qualità, anche senza aiuti dall'esterno. L'arresto di Trepova potrebbe portare molte informazioni in più. L'altra è quella di un regolamento di conti: Tatarsky era un rinnegato ucraino che criticava in modo feroce l'esercito russo ed era legato al gruppo Wagner, che da mesi è in rotta di collisione con i generali russi. La sua morte ricorda quelle di tre comandanti dei separatisti uccisi nel Donbass tra il 2016 e il 2018 con attentati esplosivi - in ascensore, in ufficio e dentro a un caffetteria - attribuite ai servizi russi. Ma un attentato in quel ritrovo di propagandisti a San Pietroburgo è davvero troppo improbabile - e Tatarsky passava molto tempo vicino al fronte dove sarebbe stato più facile ucciderlo, se prendiamo per buona la teoria del regolamento di conti.

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