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La Repubblica Rassegna Stampa
10.01.2023 Armi all’Ucraina, FI e Lega frenano sul via libera allo scudo italiano
Cronaca di Emanuele Lauria

Testata: La Repubblica
Data: 10 gennaio 2023
Pagina: 6
Autore: Emanuele Lauria
Titolo: «Armi all’Ucraina, FI e Lega frenano sul via libera allo scudo italiano»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/01/2023 a pag.6 con il titolo "Armi all’Ucraina, FI e Lega frenano sul via libera allo scudo italiano" la cronaca di Emanuele Lauria.


Il governo garantisce che alla fine, al massimo a febbraio, doterà Kiev dello scudo anti-missile. Ma le perplessità non mancano, anche dentro la maggioranza. Dove nessuno si sofferma più sulle diverse sensibilità politiche, pur essendo noto che dentro Forza Italia e Lega non mancano gli scettici sull'invio delle armi all'Ucraina. Il senatore del Carroccio Claudio Borghi (fedelissimo di Salvini) annota che "il risultato del voto ha dato chiaramente a Giorgia Meloni la facoltà di stabilire la linea: noi non siamo guerrafondai - sottolinea - ma ci atteniamo alle indicazioni che vengono dalla premier". Il fatto è che nel centrodestra fanno eco le difficoltà che l'esecutivo sta affrontando nella fornitura dell'avanzato sistema di difesa Samp/T. L'Esercito possiede cinque batterie operative, più una per l'addestramento. Sono cinque però solo sulla carta. Una è attiva in Kuwait. Un'altra è stata promessa dal precedente governo agli Stati Uniti: verrebbe schierata in Slovacchia. E un altro paio è ciclicamente in manutenzione. Secondo il vicepresidente della Camera Giorgio Mulé, ex sottosegretario alla Difesa, "non c'è alcun problema di volontà politica. Il dato è che l'Italia ha oggettive difficoltà a sguarnirsi di dispositivi come il Samp/T. Nessuno - afferma Mulé - vuole dire no alle richieste della Nato o di Washington, ma noi di quei sistemi non ne abbiamo così tanti a disposizione. Possiamo continuare a dare un prezioso contributo anche su altri fronti, come quello dell'intelligence". E una riflessione critica la fa anche il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell'Aeronautica, che indica la via del confronto parlamentare: "La decisione di privarsi di sistemi che afferiscono direttamente alla sicurezza nazionale - dice in un'intervista alle Formiche.net - non è da prendere a cuor leggero, soprattutto senza un dibattito aperto".

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Tricarico aggiunge: "Il nostro Paese non è chiamato a decidere in solitudine: la Difesa aerea è questione da sempre sotto comando Nato. Necessaria una concertazione con gli alleati". Poi c'è la questione economica. Il Samp/T che il governo dovrebbe fornire a Kiev vale circa 250 milioni: è privo di alcune componenti - e dei missili - che sarebbero assicurati dai francesi. Già nelle scorse settimane il ministro della Difesa, Guido Crosetto, aveva espresso la sua opinione sul fatto che "l'Ue dovrebbe fornire supporto finanziario ai Paesi che sostengono l'Ucraina". Il leghista Borghi, ex presidente della commissione Bilancio della Camera e membro del Copasir, esprime un sospetto: "Quando, nel recente passato, ho posto rilievi sul costo di alcune forniture militari all'Ucraina - afferma - mi è stato detto che non c'era l'esigenza di rimpiazzarle. Adesso forse si pone un problema di spesa non secondario". Non è comunque tramontata, qualora l'impasse sul Samp/T non dovesse essere superata in tempi brevi, l'ipotesi di fornire lo Skyguard-Aspide, sistema missilistico di vecchia generazione. La questione per ora è in stand-by. Anche se il governo continua a rassicurare sull'invio dello scudo aereo a difesa di Kiev. Il pacchetto verrà definito non prima del 20 gennaio, data del vertice degli alleati nella base militare di Ramstein. Ma non potrà slittare oltre la visita che la premier Meloni intende fare nella capitale ucraina prima dell'anniversario dell'inizio del conflitto (il 24 febbraio). Domani, intanto, comincerà al Senato il dibattito sulla conversione del decreto che dà copertura all'invio degli armamenti per il 2023. Mentre parte l'ennesima accusa lanciata dall'ambasciata russa: sui social mostra una foto con "mine di fabbricazione italiana disinnescate da genieri russi: quanti di questi "souvenirs d'Italia" - scrive l'ambasciata - rimangono ancora in terra ucraina?". Fake news per Crosetto, che in un tweet scrive che le ipotetiche mine italiane nulla c'entrano con forniture recenti.

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