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La Repubblica Rassegna Stampa
28.11.2022 'Abbasso Xi Jinping'
Commento di Gianluca Modolo

Testata: La Repubblica
Data: 28 novembre 2022
Pagina: 14
Autore: Gianluca Modolo
Titolo: «'Abbasso Xi Jinping': la rivolta dei fogli bianchi attacca anche il leader»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/11/2022, a pag. 14, con il titolo " 'Abbasso Xi Jinping': la rivolta dei fogli bianchi attacca anche il leader" la cronaca di Gianluca Modolo.

Taiwan-Cina: in caso d'invasione Pechino avrebbe una superiorità militare  schiacciante

Tutti con un foglio bianco in mano, diventato il simbolo delle proteste che nelle ultime 48 ore, simultaneamente, sono scoppiate ai quattro angoli della Cina per dire basta alle restrizioni anti-Covid che da quasi tre anni tengono il Paese chiuso a chiave. «Siamo qui stasera per dire no ai tamponi, per chiedere più libertà, per esprimere la nostra solidarietà a tutte le persone che sono rinchiuse in lockdown, alle vittime dell’incendio di Urumqi, nel Xinjiang, dove dieci persone hanno perso la vita perché i soccorsi sono arrivati in ritardo proprio a causa delle chiusure, ai ragazzi di Shanghai che la scorsa notte sono scesi in strada a protestare e sono stati arrestati», ci racconta Austin. «È il mio nome straniero », dice ridacchiando sotto la mascherina gialla dei Minions. Sono in migliaia a marciare lungo il fiume Liangma, a Pechino. Una veglia, qui, perlopiù silenziosa. Un silenzio rotto dai cori che partono ritmati ogni cinque minuti e dalle macchine che rallentano, suonano i clacson come a dire “siamo con voi”, sparano a tutto volume dalle autoradio la versione rock dell’Internazionale. Applausi. Guardata a vista dagli agenti della polizia - immobili - la gente intona la Marcia dei volontari, l’inno cinese: “Alzatevi, voi che non volete essere schiavi”.

Xi Jinping: China's everlasting emperor awaits his third term | Financial  Times
Xi Jinping

«Sono canzoni con un significato potente, che tutti conosciamo: a volte le parole sono più forti delle azioni», interviene Howe, originario del sud della Cina ma a Pechino da quasi dieci anni, venuto qui assieme alla sua fidanzata. «Siamo arrabbiati, stufi, dopo tre anni così che vita è questa? Mi piace il calcio, sto seguendo i Mondiali e quando vedo la gente sugli spalti senza mascherina mi chiedo se noi cinesi viviamo nello stesso pianeta rispetto al resto del mondo. I fogli bianchi? È un modo per prendere in giro la censura: se non scriviamo niente, di che cosa ci possono incolpare? Spero che il nostro messaggio arrivi ai livelli alti del Partito, ma non sono moltofiducioso. Qui in Cina, purtroppo, non cambia mai niente». Proteste che vanno avanti tutta la notte, gente che si sposta in massa verso il centro della capitale, un centinaio dicono di voler andare a Tiananmen, ma vengono bloccati. «Abbasso il Partito comunista, abbasso Xi Jinping», hanno gridato sabato sera invece i ragazzi scesi in strada a Shanghai dove la protesta si è fatta più violenta: ieri notte ci sono stati scontri con la polizia. Chiedono le dimissioni del leader: scene rarissime e pericolose, criticare pubblicamente il segretario generale porta dritti al carcere. Un’onda così in molte città cinesi contemporaneamente non si vedeva da quando Xi ha preso il potere dieci anni fa. “Servite il popolo”, “Non vogliamo i codici sanitari”. Ognuno qui ha infatti bisogno di un codice verde sullo smartphone per fare qualsiasi cosa. Ogni 24, 48 o 72 ore (a seconda dei regolamenti che cambiano in continuazione) bisogna sottoporsi a lunghe code in strada per farsi un tampone. Un sistema di tracciamento che permette di individuare i positivi e i loro contatti stretti. I quali devono essere portati in un “luogo di isolamento centralizzato” per cinque giorni, più altri tre di osservazione a casa. Anche per piccole manciate di positivi, interi complessi residenziali o distretti possono finire in lockdown dalla sera alla mattina. È diventato difficile programmare lapropria vita quotidiana, gli spostamenti, soffrono negozi, ristoranti e qualsiasi altra attività commerciale alla quale viene ordinato di chiudere. Ma il Partito sembra aver sottovalutato il crescente malcontento verso la strategia di Xi, che nonostante piccoli miglioramenti non cambia. L’aumento dei casi (quasi 40mila ieri) sta complicando la tabella di marcia di riapertura: la Cina sembra essersi auto-intrappolata, incapace di mettere fine a questo incubo. Ha avuto tre anni per prepararsi, ma invece di migliorare il sistema ospedaliero, spingere sui vaccini, ha speso miliardi in test e strutture per vincere la guerra contro un virus che invece non sparirà. La protesta si allarga alle università. In mattinata nella capitale era toccato agli studenti della prestigiosa Tsinghua: «Abbiamo bisogno di democrazia, della libertà di espressione», gridano. E prima ancora allaPeking. Equazioni matematiche, discorsi ufficiali dei dirigenti, parole innocue ripetute decine di volte nei post sui social: i cinesi si stanno ingegnando con molti trucchetti per evadere pure la censura online. Si scende in strada anche a Wuhan, Chengdu, Canton. «Non dimenticatevi di coloro che hanno fatto morire con queste assurde misure», grida un ragazzo. «Non dimentichiamo», rispondono gli altri in coro. È la lunga notte della Cina.

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