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La Repubblica Rassegna Stampa
13.11.2022 Il tramonto del sovranismo in America
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 13 novembre 2022
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Il tramonto del sovranismo in America»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/11/2022, a pag. 1, con il titolo "Il tramonto del sovranismo in America" l'analisi del direttore Maurizio Molinari.

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari

Trump attempts to fix his Putin problem
Donald Trump con Vladimir Putin

La conta dei voti delle elezioni di Midterm negli Stati Uniti ancora non è terminata ma l’esito politico è già cristallino: ad uscire sconfitto è stato il tentativo di Donald Trump di risorgere, trasformando il partito repubblicano in una forza populista-sovranista. L’ex presidente ha dedicato imponenti risorse economiche a far prevalere nelle primarie repubblicane candidati a lui talmente vicini da condividere il mancato riconoscimento della vittoria di Joe Biden nelle elezioni del 2020. Ed era talmente sicuro di trasformare questi discepoli trumpisti “nell’onda rossa” destinata a conquistare il Congresso di Washington che ne ha guidato la campagna fino all’ultimo, con una raffica di comizi dalla Florida alla Pennsylvania, promettendo un’imminente «carneficina politica».

Il disegno era impossessarsi della maggioranza repubblicana — sconfiggendo i conservatori tradizionali — ed al tempo stesso umiliare Biden, per trasformare Midterm in un trampolino verso la ricandidatura alle presidenziali del 2024. Ma la rinascita del populismo che Trump si immaginava a portata di mano si è infranta contro il voto di milioni di americani perché l’appello di Biden a «difendere la democrazia» è stato ascoltato anche da chi teme per l’inflazione. Ed i democratici sono riusciti a scongiurare “l’onda rossa”, fermandola anche nello Stato decisivo della Pennsylvania, dove i candidati trumpisti hanno perso sia al Senato che nella corsa a governatore. Mentre, fra i repubblicani, a prevalere negli Stati-chiave sono stati spesso i candidati più ostili a Trump. Come riassume Karl Rove, già stratega elettorale dell’ex presidente George W. Bush, «ciò che spiega la cattiva prova dei repubblicani a dispetto di un indice di apprezzamento per Biden del 40 per cento è la pessima qualità dei loro candidati, in gran parte imposti da Trump cercando individui disposti a negare il risultato del voto del 2020». Ovvero, puntare sul negazionismo elettorale è stato un boomerang fatale.

A questo bisogna aggiungere la mobilitazione dei liberal attorno alla difesa del diritto di aborto dopo la sentenza della Corte Suprema di Washington contro “Roe vs Wade” che ha visto California, Michigan e Vermont approvare referendum pro-aborto e due Stati conservatori, Kansas e Kentucky, bocciare del tutto l’abolizione dell’interruzione di gravidanza. E, ultimo ma non per importanza, la rielezione a valanga in Florida di Ron DeSantis, il governatore repubblicano proiettato verso la candidatura alle primarie presidenziali del 2024 in alternativa proprio a Trump. Nulla da sorprendersi se il Wall Street Journal riassume il voto di Midterm con il titolo “È Trump il vero sconfitto”, lasciando comprendere che se è stato Donald a perdere contro Biden nelle presidenziali del 2020 questa volta ad andare al tappeto è stato il trumpismo, ovvero il sogno di risorgere cavalcando una miscela di fake news, pregiudizi e grossolana ignoranza. Questo spiega perché la partita politica che si giocherà negli Stati Uniti nei prossimi due anni non potrebbe essere più avvincente. Sul fronte conservatore c’è la possibilità di far risorgere il Grand Old Party grazie a candidati molto diversi: dall’italoamericano DeSantis, politicamente vicino alle posizioni di Trump, all’assai più moderato governatore della Virginia Greg Youngkin, dall’ex vicepresidente Mike Pence che non condivise l’assalto al Capitol all’ex segretario di Stato Mike Pompeoe all’indiana-americana Nikki Haley, già ambasciatrice all’Onu. Trump percepisce il rischio di essere liquidato dal ritorno dei conservatori e si scaglia contro gli avversari più pericolosi — DeSantis e Youngkin — ma la realtà è che sta avvenendo quanto temeva di più: la reazione anti-populista che la solitaria Liz Cheney aveva coraggiosamente incarnato sta prendendo piede dentro il Grand Old Party. Per avere un’idea di quanto sta avvenendo basta guardare i più popolari conduttori dell’ultraconservatrice Fox tvche da alcuni giorni ripetono frasi del tipo «...ma Trump ancora spera» oppure «...ma Trump non se ne rende conto». È ancora presto per dire quale sarà l’identità politica dei repubblicani nel dopo-Trump ovvero cosa resterà del ciclone populista-sovranista ma per la prima volta dal 2016, quando Donald sconfisse a sorpresa Hillary Clinton, il trumpismo appare in evidente declino. Da qui l’opportunità per i democratici di Biden, che incassano un risultato a sorpresa, capace di rilanciarne le sorti in vista del 2024. Con il quasi ottantenne presidente che dopo aver fermato Putin con la scelta di armare l’Ucraina aggredita ora ha neutralizzato Trump puntando tutto sulla difesa dei diritti e della democrazia. Ecco perché fra i cremlinologi c’è chi ritiene che non sia stata casuale la scelta di Putin di annunciare il ritiro da Kherson subito dopo aver visto l’esito del voto di Midterm: Mosca ha capito che non vi sarebbe stato un Congresso trumpista — e dunque ostile agli aiuti all’Ucraina — e ne ha tratto le inevitabili conseguenze sul campo militare. Da qui la sintesi con cui uno storico di Yale, Timothy Snyder, riassume quanto sta avvenendo davanti a Joe Biden: «La Cina è all’apice, la Russia si ritira e Trump è finito». Resta da vedere quali conseguenze avrà il tramonto del trumpismo in America sulla galassia di partiti e movimenti populisti-sovranisti spuntati un po’ ovunque nelle democrazie dall’indomani del 2016. È un interrogativo che investe anche il nostro Paese, governato dalla coalizione più a destra di sempre, che somma più identità assai diverse fra loro: dal trumpismo dichiarato di Matteo Salvini al sovranismo italiano di Giorgia Meloni fino al conservatorismo moderato di Forza Italia. La scelta della premier italiana di impegnare le prime settimane in un’offensiva anti-migranti in Europa — proprio come fece Trump appena arrivato alla Casa Bianca con il muro ai confini messicani — lascia intendere che l’impronta trumpista è molto forte ma il vento anti-populista che arriva da oltre Atlantico dovrebbe suggerire a Meloni maggiore cautela.

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