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La Repubblica Rassegna Stampa
21.10.2022 Le strategie dell'esercito ucraino
Cronaca di Fabio Tonacci

Testata: La Repubblica
Data: 21 ottobre 2022
Pagina: 16
Autore: Fabio Tonacci
Titolo: «In missione al confine con i piloti dei droni. Così Kiev individua i bersagli da colpire»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 21/10/2022, a pag. 16, con il titolo "In missione al confine con i piloti dei droni. Così Kiev individua i bersagli da colpire" la cronaca di Fabio Tonacci.


Fabio Tonacci

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«Mo arrivemm al confine russo, jamme ja ...», fa il sergente Konstantin, mentre spinge il pick-up a centoventi all’ora su uno sterrato segnato da pozzanghere e crateri di mortaio. Ecco due cose che non capita di vedere spesso in Ucraina: un soldato che parla in dialetto campano e la frontiera della Federazione Russa. La stessa che, all’alba del 24 febbraio scorso, è stata attraversata dai carri armati di Putin che puntavano verso Kharkiv. Siamo appena entrati nella zona grigia, ultimo cuscinetto di terra ucraina. Piovono bombe su chiunque si avvicini. Nel pick-up nessuno scherza più, i telefoni sono spenti e Konstantin Dolmat, che a Nola anni fa guidava i pullman, non ci pensa proprio ad alzare il piede dall’acceleratore. Mercoledì mattina, 19 ottobre, le dieci. Polvere e nervi. La missione dell’unità di intelligence del battaglione Skala è facile da spiegare, un po’ più complicata da realizzare. Sei uomini stanno viaggiando su due veicoli, uno davanti all’altro, lungo una strada che costeggia l’ultimo villaggio ucraino e un bosco. Hanno l’ordine di posizionarsi a due chilometri dal confine: faranno alzare un drone che sorvolerà il territorio della Federazione per individuare lanciamissili, tank, basi e trincee nemiche. Lo pilota Pavlo Vadmit, 32 anni, nome di battaglia “Buri”, ex istruttore di fitness appassionato di videogiochi (il suo preferito è il bielorusso “World of Tanks”), arruolatosi cinque anni fa nell’esercito di Kiev pur avendo madre e cugini russi. «L’obiettivo è trasmettere le coordinate alla nostra artiglieria in tempo reale con il sistema satellitare Starlnk. Starà poi al comando decidere dove e quando, noi correggiamo il tiro», spiega Pavlo. «Ovvio, ci possono essere imprevisti». L’imprevisto è un drone russo più rapido che veda loro prima del termine del lavoro e ne segnali ai mortai la posizione. Se accade, qualcuno potrebbe non tornare alla base. L’importanza della missione l’ha spiegata prima della partenza il tenente Oleksandr Kravtsov, comandante delle operazioni di intelligence del battaglione Skala (in ucraino: Roccia), composto da poco meno di duecento soldati regolari di diverse brigate più qualche volontario di Pravi Sektor, organizzazione paramilitare di estrema destra. È stato il primo battaglione a entrare a Izyum liberata, ora è impegnato sia in questa zona della regione di Kharkiv (non possiamo rivelare dove per motivi di sicurezza) sia nel Donbass sul fronte di Bakhmut. È stato Kravtsov ad aver consentito a Repubblica di seguire l’unità. «Ci aspettiamo che i russi possano aggredirci di nuovo lungo quel tratto della frontiera, con la mobilizzazione hanno a disposizione molte più forze di prima. Questa volta non dobbiamo farci trovare impreparati come a febbraio». È grazie a questo tipo di operazioni, condotte in cielo e sul terreno, che riescono a indirizzare i missili su bersagli strategici nella regione russa di Belgorod. Konstantin inchioda all’improvviso. «Qui...». Sterza verso un campo di erbacce e parcheggia il pick-up sotto gli alberi. L’unità, composta da sei uomini, si ripara in un cespuglio. Da una valigetta nera Pavlo ha tirato fuori un drone a quattro eliche, di quelli che si comprano nei negozispecializzati. In un attimo vola via verso la Russia con un brusio da zanzara. «Ha un’autonomia di 25 minuti, penetrerà al di là della frontiera per 1,8 chilometri». Pavlo ha una coperta mimetica sulle spalle e gli occhi sul tablet che invia immagini della pianura russa, Konstantin è steso a terra e guarda il cielo. Il suo compito è ascoltare i rumori con l’orecchio buono che gli è rimasto. «Dall’altro sento poco, mi è esplosauna bomba accanto. Trenta schegge, meno male che avevo il giacchetto antiproiettili». C’è vento, e non è una buona notizia: il frusciare delle fronde copre il sibilo del proiettile di mortaio che fende l’aria e infatti il primo boato coglie tutti di sorpresa, pur cadendo lontano. «Mannagg’ a loro ...» , mormora Konstantin. È passato sopra le nostre teste diretto verso un’altra unità nascosta nel bosco. «Non hanno droni con schermatura elettromagnetica, li hanno visti». Pavlo ha trovato ciò che cercava. Sul tablet arrivano immagini a colori, il verde dei campi, il marrone della terra, il grigio delle strade, il nero delle tracce lasciate dai cingolati. «Guarda qui». Da un buco nel terreno spunta un cannone. Pavlo schiaccia un tasto e registra le coordinategeografiche. «Un carro armato, posso leggere la Z», coordinate prese. Trincee, un pezzo di artiglieria, un check-point, dei militari che sentono il ronzio del drone e scappano via. Pavlo usa il joystick, schiaccia e al comando sanno dove puntare i missili. Come quando giocava a World of Tanks, ma stavolta è vero. Reale come quest’altro fischio sopra di noi. Il “Romeno”, uno con dei gran baffi a manubrio, conta il tempo tra il sibilo e l’esplosione. «Uno, due, tre...È caduto a un chilometro da noi», sentenzia serafico, fumando una sigaretta tra gli arbusti. Pavlo continua a inviare coordinate, ma il drone non tornerà da solo. Per colpa del vento, è atterrato nel bosco e lo deve recuperare a piedi. Bisogna aspettare che torni, restando nascosti e sperando che il drone russo guardi altrove. Altro sibilo, altro boato, più vicino. Il “Romeno”: «Cinquecento metri». Pavlo riappare trafelato, ha corso per due chilometri: ha il drone in mano. Esplosione. «Quattrocento metri, dobbiamo andare!», urla il “Romeno”, che si è alzato e non è più serafico. Konstantin si attacca al volante, gli altri seguono. La seconda parte della missione, mettere le mine lungo il confine russo, è abortita. «Se uno dei mezzi viene colpito, l’altro prosegue. Se viene danneggiato, non dobbiamo rimanere in macchina ». Le istruzioni di Pavlo, mentre il pick-up corre attraverso la zona grigia. In meno di cinque minuti siamo fuori.

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