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La Repubblica Rassegna Stampa
12.10.2022 Germania: uno scudo per proteggere Kiev
Analisi di Gianluca Di Feo

Testata: La Repubblica
Data: 12 ottobre 2022
Pagina: 13
Autore: Gianluca Di Feo
Titolo: «La protezione tedesca. Uno scudo per Kiev contro i missili di Mosca»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/10/2022, a pag. 13, con il titolo "La protezione tedesca. Uno scudo per Kiev contro i missili di Mosca" il commento di Gianluca Di Feo.

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Gianluca Di Feo

Ukraine war: Biden warns Putin not to use tactical nuclear weapons - BBC  News

Ha attraversato la frontiera polacca in piena notte, confusa nel traffico di tir e con i rimorchi coperti da teloni anonimi per non farsi scopriredai satelliti. Così ieri, poche ore dopo la rappresaglia scatenata da Putin, la colonna con la prima batteria di missili contraerei tedeschi è entrata in Ucraina. Si chiamano Iris-T Sml e sono il sistema bellico più avanzato donato alle forze di Kiev: armi hi-tech europee – un quinto èmade in Italy – utilizzate pure dai caccia Eurofighter. Il raggio d’azione è di 40 km e i tre lanciatori mobili – ciascuno con 8 missili – possono fare da scudo a buona parte della capitale, intercettando aerei, droni e cruise. Anche se non ci sono conferme, dovrebbe essere presente purela centrale radar semovente che può identificare 180 bersagli a una distanza di 250 km. Un salto di qualità nella difesa dei cieli, in grado però di offrire una copertura limitata. Berlino ha promesso due di queste batterie la scorsa primavera. Costruirle richiede oltre sei mesi e peranticipare la consegna sono state “dirottate” quelle già in assemblaggio per un altro Paese, pare l’Egitto. Inoltre è stato necessario addestrare il personale: per i militari ucraini gli Iris-T rappresentano una rivoluzione tecnologica e devono seguire tre mesi di corsi. Formazione e tempi di produzione sono i due grandi problemi che impediscono di accogliere l’appello del presidente Zelensky: «Quando riceveremo – ha detto ieri al G7 - una quantità sufficiente di sistemi di difesa aerea moderni ed efficaci, l’elemento chiave del terrore russo, gli attacchi missilistici, cesserà di funzionare». Non ci sono soluzioni rapide. Negli scorsi mesi sono state rastrellate nell’Europa orientale batterie di S-300, apparati di concezione sovietica identici a quelli usati dagli ucraini. Molte però sono state distrutte dai raid di Mosca e soprattutto si stanno esaurendo le scorte di missili, realizzate soltanto dai russi. Ed ecco la necessità di trovare sistemi contraerei occidentali. Ma nei due decenni di pace e di tagli ai bilanci militari, i Paesi della Nato ne hanno acquistati pochissimi e con il ritorno degli spettri nucleari nessuno vuole privarsene. L’Italia, ad esempio, ha solo cinque batterie di Samp-T per difendere l’intera Penisola: un modello che, come i Patriot statunitensi, è ancora più sofisticato e richiede periodi di formazione molto lunghi. A luglio gli Usa hanno deciso di regalare otto Nasams, missili con una portata di 50 chilometri a cui è affidata pure la protezione della Casa Bianca. Secondo il Pentagono le prime due batterie saranno pronte entro «uno-due mesi», anche se ieri si è parlato di accelerare. Per le altre sei bisognerà aspettare la primavera. C’è un’unica maniera per fare più in fretta: dare a Kiev le ultime versioni dei vecchi Hawk americani, in servizio in Svezia, Grecia e Romania. Strumenti semplici ma che difficilmente riuscirebbero a fermare droni e cruise. Insomma, potrebbero rivelarsi un’arma spuntata contro la minaccia del Cremlino. Ed ecco che dagli ambienti dell’esecutivo di Kiev torna la stessa richiesta formulata nei primi giorni dell’invasione: imporre una “no fly zone” sull’Ucraina, con la Nato impegnata attivamente per bloccare i raid di Mosca. Una domanda bocciata all’epoca dal presidente Biden perché comporterebbe un coinvolgimento diretto dell’Alleanza atlantica nel conflitto, con il rischio concreto di escalation. Ma se i bombardamenti sulla popolazione dovessero proseguire, quale sarebbe la risposta dell’Occidente? Alcuni governi – in particolare la Polonia e i Paesi baltici – restano disponibili a valutare lo scenario della “no fly zone”, nella convinzione che se crollasse la resistenza ucraina loro sarebbero i prossimi a finire nel mirino di Putin.

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