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La Repubblica Rassegna Stampa
10.10.2022 I due dilemmi degli Usa sull’Ucraina
Cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata: La Repubblica
Data: 10 ottobre 2022
Pagina: 5
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Supermissili e via d’uscita per Putin. I due dilemmi degli Usa sull’Ucraina»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/10/2022 a pag. 5 l'analisi di Paolo Mastrolilli dal titolo "Supermissili e via d’uscita per Putin. I due dilemmi degli Usa sull’Ucraina".

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Paolo Mastrolilli

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Dietro all’attacco contro il ponte in Crimea ci sono i servizi segreti ucraini, secondo una fonte anonima di Kiev citata dal New York Times ,ma la Casa Bianca non sfrutta l’occasione per richiamare all’ordine Zelensky o segnalare prese di distanza. Naturalmente Washington sta riflettendo su tutti questi episodi, in particolare per decidere come proseguire l’assistenza militare, se fornire i missili a lunga gittata Atacms, e come cercare “l’ off-ramp ”diplomatico, la via d’uscita di cui ha parlato in pubblico il presidente Biden. Però non scarica Kiev, o almeno non lascia trapelare differenze ulteriori rispetto a quelle già emerse, e anzi promette di continuare le forniturebelliche per bocca del portavoce del Consiglio per la sicurezzanazionale John Kirby. A proposito del ponte, ilTimes ha scritto: «L’esplosione – che un alto funzionario ucraino ha detto è stata orchestrata dai servizi di intelligence di Kiev – ha rappresentato una botta simbolica per Putin». Non si trattava dunque di un articolo specifico sull’attacco, o del risultato di un’inchiesta condotta dall’intelligence Usa come nel caso dell’uccisione di Daria Dugina, ma solo dell’inciso in un riassunto generale di cronaca. La Casa Bianca ha avuto l’occasione di reagire o commentare, quando ieri mattina Kirby ha partecipato al programma This WeekdellaAbc , e la conduttrice Martha Raddatz gli ha chiesto proprio del ponte: «Non abbiamo nulla da aggiungere – è stata la risposta – alle informazioni già note». Poi ha proseguito: «Quello che posso dirvi è che Putin ha iniziato questa guerra e lui potrebbe finirla oggi, semplicemente spostando le sue truppe fuori dal Paese. Il presidente ha parlato di trovare un modo per porre fine al conflitto, cosa che tutti noi vogliamo fare. Ciò che deve accadere è che le due parti siano in grado di sedersi, negoziare e trovare una via d’uscita pacificamente e diplomaticamente. Finora, Putin non ha mostrato alcuna indicazione, zero, nessuna, che sia disposto a farlo. Anzi, richiamando centinaia di migliaia di riservisti, annettendo politicamente, o almeno tentando, quattro aree dell’Ucraina, dimostra che vuole raddoppiare, vuole continuare a portare avanti la guerra. Che poi è il motivo per cui, francamente, noi siamo in contatto quasi quotidiano con gli ucraini e continueremo a fornire loro assistenza per la sicurezza. Il presidente ha appena approvato altri 600 milioni di dollari di Himars, obici, altre munizioni e veicoli tattici. Vedrete che continueremo a farlo». Non esattamente le parole di chi si prepara a scaricare Zelensky. Questo non significa che Washington non abbia le sue riserve. Già in passato si era lamentata del fatto che Kiev non l’aveva ascoltata, quando l’aveva avvertita dell’imminenza dell’invasione, e che nasconde informazioni su alcune iniziative militari. L’uscita del rapporto sull’uccisione di Dugina è stato un segnale di questa insoddisfazione, e ora l’attacco al ponte conferma la necessità della prudenza che il Pentagono ha sempre adottato con le forniture militari. L’Ucraina chiede missili a lungo raggio Atacms proprio per colpire la Crimea, allo scopo di raggiungere le basi da cui i russi lanciano gli attacchi con i droni iraniani sul suo territorio, e rendere insostenibile l’occupazione della penisola. Washington però frena perché teme l’escalation che coinvolgerebbe la Nato. Tutto questo però non basta ad invertire la rotta. La verità è che gli Usa hanno cercato la soluzione diplomatica a questa crisi prima ancora che cominciasse. Quando ad esempio avevano pubblicato le immagini delle truppe russe che si ammassavano al confine con l’Ucraina, l’obiettivo era denunciare l’invasione e scoraggiarla, ma anche discutere le preoccupazioni di Mosca per la sicurezza. Putin però aveva in mente solo la guerra, perché pensava che in realtà non sarebbe mai avvenuta e il governo Zelensky si sarebbe squagliato. L’obiettivo primario di Biden resta evitare la Terza guerra mondiale, e anzi è stato criticato dagli avversari per aver parlato pubblicamente dell’ off-ramp ,perché così potrebbe incoraggiare Putin a spingere ancora più avanti il ricatto nucleare. In privato i richiami alla prudenza per Zelensky non mancheranno, mentre i canali diplomatici restano aperti, anche tramite interlocutori come il segretario di Stato vaticano Parolin che aveva incontrato il ministro degli Esteri russo Lavrov all’Onu. Ieri poi Biden ne ha parlato col cancelliere tedesco Scholz. Il problema è che per dialogare bisogna essere in due, ma finora Putin ha chiuso ogni porta, minacciando le atomiche per difendere territori annessi illegalmente che non controlla. Non proprio la posizione di chi cerca una soluzione diplomatica.

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