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La Repubblica Rassegna Stampa
05.10.2022 Lyman, la disfatta di Putin
Cronaca di Corrado Zunino

Testata: La Repubblica
Data: 05 ottobre 2022
Pagina: 15
Autore: Corrado Zunino
Titolo: «Nelle strade di Lyman i corpi dei soldati russi abbandonati nella fuga»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/10/2022, a pag. 15, con il titolo "Nelle strade di Lyman i corpi dei soldati russi abbandonati nella fuga", l'analisi di Corrado Zunino.

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Alla luce del tramonto Lyman, la liberata Lyman, è una piccola città senza cuore. Soldati ucraini, molti foreigners . Controllano negozi svuotati, edifici sbrecciati, piazze bruciate. A terra, in strada, i corpi immobili di uomini in divisa militare, si dice che siano venti. Difficile capire con l’ombra che avanza chi sono. Il comandante Svat, 58 anni, a capo di diversi battaglioni tattici ucraini in supporto alla 93a Brigata motorizzata, spiega: «Sono russi, soldati russi. Nella fuga l’Armata li ha lasciati a terra. Non possiamo ancora occuparcene, non c’è il tempo. Questa continua a essere area di guerra». Nella foresta, larga, che circonda la città della ferrovia dell’Alto Donbass ci sono ancora unità di combattenti russi, due, tre, quattro al massimo. Coscritti dell’ultima mobilitazione, mercenari di gruppi privati minori, 300 dollari al mese. E soldati della Repubblica del Donetsk. Sono circondati dalla Brigata, ma non si arrendono. «L’altra sera hanno ferito due dei nostri». È tardi. Bisogna rientrare e mettere il telefonino offline, che i droni russi trovano facile la posizione. Diciassette chilometri verso Nord e a sera siamo dentro un filare di case di campagna abbandonate: sono diventate la sala operativa più vicina al nuovo fronte orientale. Dal tardo pomeriggio la rotta l’ha data Micky, con la sua vecchia ambulanza: Barkinkove, Izyum, poi Oskill e di nuovo dentro il Donetsk: fango e condomini neri, missili piantati nell’asfalto, camion M1140 che con il buio riportano al sicuro i preziosi razzi Himars. La stanza del comandante Svat, calzini a terra, kalashnikov poggiati al muro, ospita le brande di quattro sottufficiali: «Sì, abbiamo liberato noi Lyman», racconta, «abbiamo difeso il lato orientale dalla controffensiva dei russi. Ce l’abbiamo fatta, li abbiamo tenuti fuori, ma è stata durissima». Dice subito: «I nemici sono duri, sanno combattere e cambiano tattica in corso». L’armata ha rischiato di sorprenderli, venerdì scorso: «All’improvviso, nel silenzio più totale, c’è stato un attacco aereo tremendo. Ci ha preso in contropiede. Poi hanno iniziato a sparare con tutto quello che avevano: carri armati, obici, lanciarazzi. Abbiamo tenuto, abbiamo perso molti soldati». Qui, nella base operativa nascosta, ci sono americani del Tennessee che hanno deciso che vivranno a Kiev il resto della loro vita e giapponesi che fanno la guerra senza capire una parola dei loro compagni: «Guido battaglioni in gran parte di volontari, sì. Il vantaggio è che vogliono combattere e hanno senso della patria, lo svantaggio che non c’è mai abbastanza tempo per prepararli e spiegare che senza disciplina qui si muore». Uno di loro, in corridoio, gioca un game di guerra e guarda X-Files, insieme. Violenze da parte dei russi? «Ho parlato con tante persone dei villaggi attorno a Lyman, li hanno invasi a inizio marzo e loro sono rimasti perché è stato tutto troppo veloce. Posso dire che le pressioni su chi si dichiarava ucraino, mostrava di noncollaborare, sono state forti. Li hanno portati via, buttati al piano interrato dei palazzi pubblici di Lyman. Non posso dire, invece, che ci siano state torture. Ed è troppo presto per capire se i russi h anno ucciso civili anche qui. L’ho visto a Izyum, con questi occhi. Settanta chilometri su: cimiteri nuovi, cimiteri nuovi... Come li chiamate? Fosse comuni. A Lyman la gente mi ha raccontato di soldati ubriachi che entravano nelle case e portavano via i frigoriferi. Tutti interi. Rubavano i vestiti, certo. Stiamo ancora cercando di capire, l’area è larga e, vi ho detto, la battaglia ancora in corso». Il colonnello Svat mostra una pila di passaporti sul tavolo, sopra la carta militare. In queste ore li sta inviando, uno a uno, ai vertici dell’esercito: «Sono i documenti dei ragazzimorti, e diversi di loro sono ucraini. Guardi questo, una faccia da bambino. Aveva 32 anni, era di Gorlivka, sopra Donetsk. Lo hanno obbligato a combattere i russi, li prendono in strada e li mandano al fronte. Ecco, questi coscritti non sono preparati e muoiono per primi. Ucraini che sparano a ucraini. In guerra non ti riconosci, il passaporto lo vedi dopo». L’unità operativa rientrata in queste casematte ha fatto molti prigionieri. «Li voglio sempre vedere, voglio capire», dice il comandante Svat: «Chiedo loro perché, perché siete venuti a distruggere casa mia. Io voglio gocare a volley con i miei figli e voi mi bombardate? Non hanno mai una risposta. Balbettano: “È la propaganda, ci hanno detto di difendere l’Ucraina dai nazisti. Un mio amico mi ha spiegato che nell’esercito pagano bene”. Io mostro ai prigionieri i miei uomini: lui è un costruttore, lui un manager, lui un cuoco polacco, ti sembrano nazisti? Non li ho mai toccati, giuro. Rispetto le convenzioni internazionali e non faccio male a nessun soldato». Il colonnello Svat ha 58 anni ed è stato un pilota d’aerei. Per ventidue stagioni nell’aviazione militare, poi è uscito e ha iniziato a lavorare, come manager, nelle compagnie civili. «Il 24 febbraio mi hanno richiamato, ma adesso ho compiti a terra. Non credo negli ordini, credo nella comunicazione. Così possiamo vincere le battaglie e andare avanti. Per combattere sul fronte Est puoi stare anche quattro giorni sotto la pioggia. Ora puntiamo su Svatove, più avanti scenderemo su Lisychansk e Severodonetsk, ma detta così sembra un gioco. No, a volte si avanza dieci metri, a volte non si avanza per niente. Credo che il Donbass lo libereremo entro novembre, dicembre al massimo, e spero che la grande comunità russa non permetta a quel bugiardodi Putin di tirarci il nucleare».

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