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La Repubblica Rassegna Stampa
30.12.2021 Hong Kong: chiuso l’ultimo giornale libero
Cronaca di Gianluca Modolo

Testata: La Repubblica
Data: 30 dicembre 2021
Pagina: 17
Autore: Gianluca Modolo
Titolo: «Perquisizioni e arresti. A Hong Kong chiude l’ultimo giornale libero»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/12/2021, a pag. 17, con il titolo "Perquisizioni e arresti. A Hong Kong chiude l’ultimo giornale libero" la cronaca di Gianluca Modolo.

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Dopo l’ Apple Daily , i giornalisti dello Stand News sapevano che prima o poi sarebbe toccato anche a loro. Ieri mattina un centinaio di poliziotti ha fatto irruzione nella redazione di quello che ormai era rimasto l’ultimo media pro-democrazia di Hong Kong, portandosi via computer, telefoni, 500mila dollari e vari documenti. Trentatré scatoloni in tutto. Un altro centinaio di agenti nelle stesse ore, all’alba, bussava alle porte di casa dei redattori e dei membri del consiglio di amministrazione. In manette ci sono finiti in sette. L’accusa: «Cospirazione per pubblicare materiale sedizioso ». I conti del giornale sono stati congelati: 61 milioni di dollari hongkonghesi (quasi 7 milioni di euro). Le abitazioni private perquisite. A poche ore dagli arresti, la decisione: si chiude. Il direttore, Patrick Lam, tra gli arrestati, ha rassegnato le dimissioni e tutti i dipendenti sono stati licenziati.

File:Stand News logo.png - Wikimedia Commons
Stand News

Dopo l’ Apple Daily , un altro giornale messo a tacere. Fondato sette anni fa dopo la Rivoluzione degli ombrelli, lo Stand raggiunse una certa popolarità durante le manifestazioni del 2019, con la sua copertura in tempo reale degli scontri e con i suoi editoriali critici. Il quotidiano online, l’unico di Hong Kong ad aver lavorato assieme all’International Consortium of Investigative Journalists sui Pandora Papers, un mese fa era stato nominato per il premio sulla libertà di stampa da Reporter Senza Frontiere. Dopo il raid del 17 giugno nella redazione del Daily , lo Stand – vista l’aria che tirava in città – aveva deciso di sospendere gli abbonamenti, bloccare i commenti agli articoli e, dal mese scorso, aveva smesso di accettare nuove donazioni. Tra gli arrestati anche la popstar Denise Ho, ex membro del cda del giornale. Portata via da casa all’alba, la cantante, paladina dei diritti Lgtbq+, è stata uno dei volti più noti delle proteste degli ultimi anni che hanno scosso l’ex colonia britannica. Anche Ronson Chan, il vicedirettore, è stato prelevato da casa sua per essere interrogato, ma non è stato arrestato. La sera prima aveva ospitato la cena dell’Associazione dei giornalisti di Hong Kong, di cui è presidente. «La città avrà sempre bisogno della verità, non importa quanto sia difficile la strada da percorrere », aveva detto. «Non stiamo prendendo di mira i giornalisti, ma i reati di sicurezza nazionale», si è difeso il sovrintendente Steve Li, accusando la testata di aver pubblicato articoli che hanno suscitato «odio o disprezzo per il governo». La sedizione, reato che risale ad una vecchia legge di eredità coloniale che può portare fino a due anni di carcere, non è tra i crimini elencati dalla nuova legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino lo scorso anno. Anche se le autorità, viste le ultime sentenze, stanno approfittando delle larghe maglie della nuova legge – sostengono in molti – per andare a riesumare vecchi reati e reprimere qualsiasi forma di dissenso verso la Cina e il Partito comunista. «Pechino sta sradicando ogni spazio dell’opposizione», ha twittato Sunny Cheung, attivista in esilio negli Stati Uniti.

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