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La Repubblica Rassegna Stampa
04.09.2021 'Essere un uomo', il nuovo libro di racconti di Nicole Krauss
Recensione di Susanna Nirenstein

Testata: La Repubblica
Data: 04 settembre 2021
Pagina: 8
Autore: Susanna Nirenstein
Titolo: «Donne sull'orlo della libertà»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 04/09/2021 a pag.8, con il titolo "Donne sull'orlo della libertà", la recensione di Susanna Nirenstein.

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Susanna Nirenstein

Nicole Krauss racconta cosa significa “Essere un uomo” dal punto di vista  delle donne – ilLibraio.it
Autrice e copertina (Guanda ed.)

L’americana Nicole Krauss, classe 1974, è maestra della narrativa intricata, intrecciata, maestra delle voci multiple, possibilmente in tempi e luoghi diversi, specie tra Stati Uniti e Israele, dove vive sicuramente un suo secondo io. È stato così per Storia dell'amore, La grande casa, Selva oscura, tre romanzi (tutti editi da Guanda) che l'hanno portata ai vertici delle classi fiche e tra i finalisti del National Book Award. Eppure, nonostante i complicati plot che la caratterizzano, la Krauss sottolinea sempre come non ci siano schemi preordinati che la guidino quando scrive; anzi, lei, rivendica, ama lavorare sul filo del rasoio, l' improvvisare, inventare lì per lì, senza mai sapere dove i protagonisti e gli snodi la conducano, con tutti i rischi di avventurarsi in strade cieche che questa attitudine comporta. Ora per il nuovo libro, Essere un uomo, che Guanda manda in libreria, una raccolta di dieci racconti scritti nell'arco di alcuni anni, il processo è stato evidentemente diverso, soprattutto, ha detto, meno carico d'ansia, perché una storia breve nasce e finisce quasi come un battito d'ali. Non si creda comunque che non ci siano fili rossi a tenere insieme i vari titoli, il rapporto tra uomini e donne soprattutto, tra tenerezza e rischi di violenza, tra desiderio di stabilità e aspirazione alla libertà, tra l'essere una ragazza ribelle e diventare una vittima ad esempio, o tra le promesse e i vincoli della religione, o ancora, tema da cui Nicole Krauss, figlia di angloamericani con forti radici a Tel Aviv, nipote di sopravvissuti alla Shoah, non può prescindere, tra passato e presente, come del resto fin dalla prima pagina un personaggio mette in chiaro: «Eravamo ebrei europei, persino in America, il che significa che ci erano accadute cose terribili, cose che rischiavano di ripetersi», e lo stesso si potrebbe dire per molti dei protagonisti delle diverse vicende, ognuno dei quali vive sotto il peso della Storia che rimane parte indelebile della loro identità. Un'altra caratteristica comune alle dieci parabole è una qualche forma di paradosso (Nicole Krauss del resto, in Selva oscura, ha persino immaginato che Kafka si fosse rifugiato nel deserto israeliano): perché se ci sono poche fratture, esplosioni dirompenti, e abbondano invece le tensioni, le ferite comunque raccontate con una formula energica, le situazioni stranianti fanno da padrone: prendiamo "Il marito", dove, per quegli strani e dolorosi incastri prodotti ai margini degli stermini di massa, a una vedova di Tel Aviv viene "riportato" dai servizi sociali un consorte che secondo loro è stato disperso dopo la guerra: la cosa per varie ragioni è impossibile, ma la donna lo accetta e lo inserisce in famiglia! Oppure "Zusya sul tetto": qui invece un dotto ebreo viene salvato da una morte certa dovuta a un tumore: mentre è in coma indotto fa sogni d'ogni tipo che gli fanno assaporare la durezza delle regole religiose osservate finora con ardore, per cui quando si sveglia, risorto alla vita, sottrae il nipote appena nato alla circoncisione che l'aspetta portandolo sulla cima di un palazzo e innalzandolo al cielo, pensando per lui un futuro diverso dalla vita che ha condotto. O ancora "Io dormo ma il mio cuore è sveglio": la storia di una giovane donna newyorchese che eredita un appartamento del padre a Tel Aviv di cui non conosceva l'esistenza: non ci sono solo la sorpresa e le domande per la scoperta di quella che sembra essere "la vera casa" del babbo, ma lo sconcerto per la presenza di uno sconosciuto antico amico del genitore che ha le chiavi, si mette a preparargli i pasti, lavargli la biancheria intima, e addirittura si mette a dormire nel suo letto: dapprima esterrefatta e arrabbiata, poi trova più semplice accettarlo come una piacevole novità. Non solo "me too", ha detto in qualche intervista, la storia e la natura degli uomini è più complessa. Tema forte per la gran parte delle storie, come forse avrete già capito, è la libertà. Prendiamo il primo racconto: la figlia di un expatriat iraniano, si trova con l'io narrante in una scuola svizzera che dovrebbe contenere le loro nature dirompenti, ma mentre chi narra è più giovane e timida, Soraya si lancia in un'avventura pericolosa con un uomo sposato e voyeur e forse sadico: la preoccupazione è molta, ma anche la curiosità per la sua temerarietà. E così anche la simpateticità per Noa ("I giorni della fine") che, esterrefatta dal divorzio pacato, amichevole, dei genitori, si sottrae del tutto alla loro tutela, e mentre un incendio divora la città, decide d'un tratto, con uno slancio di fantasia, di avere il suo primo rapporto sessuale con il giovane chassid che gli deve consegnare la pratica di separazione di mamma e papà. È così, le donne di Nicole Krauss, divisa da Jonathan Safran Foer dopo 10 anni di matrimonio e due bambini, sono piene di dubbi, fragilità, paure, desiderio di protezione, ma alla fine in loro l'euforia della libertà ha sempre la meglio.

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