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La Repubblica Rassegna Stampa
27.03.2021 'Il bambino che venne dal fiume': la storia di Mosč in un libro per bambini
Recensione di Wlodek Goldkorn

Testata: La Repubblica
Data: 27 marzo 2021
Pagina: 20
Autore: Wlodek Goldkorn
Titolo: «La favola di Mosč»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA - Robonson di oggi, 27/03/2021, a pag.20 con il titolo "La favola di Mosč" la recensione di Wlodek Goldkorn.

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Wlodek Goldkorn

Il bambino che venne dal fiume. Le avventure di Mosč - Wlodek Goldkorn -  Libro - Feltrinelli - Feltrinelli kids | IBS
La copertina (Feltrinelli ed.)

Un giorno, mentre Mosč pascolava il gregge di Ietro, arrivo fino allo stesso monte che aveva guardato da lontano quando era arrivato al pozzo. Si ricordo delle parole di Tsipora sulle strane presenze che vi abitavano. Era curioso, Mosč: voleva sapere tutto delle stelle, della terra, dei fiumi, dei mari e dei monti, e tosi iniziņ ad arrampicarsi. Ma all'improvviso, forse per la stanchezza, forse per il troppo sole, si senti poco bene. Cadde a terra. Si rialzņ e vide un angelo. Quelle strane creature in ebraico si chiamano malakhim, messaggeri. Secondo i saggi, infatti, gli angeli sono messaggeri di Dio presso gli uomini. L'angelo che Mosč vide era in mezzo a un roveto ardente. Il roveto era avvolto dalle fiamme, ma il fuoco non consumava la pianta né la inceneriva. Era un miracolo. Mose, spinto dalla curiositą, si avvicinņ alla fiamma. Quando mancavano pochi passi alla luce, udi una voce: «Mosč, Mosč». Qualcuno lo chiamava. E allora rispose: «Hineni», "eccomi" in ebraico. Non sappiamo se Mosč invento questa storia per dare coraggio alla sua gente, o se sognņ come farlo, ma sappiamo che con tutte le forze voleva costruire insieme al suo popolo un futuro di libertą. Non č importante qual č la veritą, č importante che cosa ci dice questa storia. Il racconto di Mosč era una scommessa per portare gli schiavi alla rivolta e alla nuova vita in un luogo meraviglioso, dove nessun uomo e nessuna donna avrebbero avuto paura di un sorvegliante cattivo o di aggressivi pastori e i bambini avrebbero potuto giocare, imparare e non sarebbero stati costretti a lavorare. Poi senti la stessa voce comandargli: «Non avvicinarti e togliti i calzari». Mosč si fermo, si sfilo i sandali, e poi con la mano si copri gli occhi. Nessuno lo vide davanti al roveto e nessuno udģ la voce. Non ci sono testimoni di questa storia. Quindi dobbiamo credere a quello che Mosč racconto pił tardi a coloro che volevano ascoltarlo e che ancora pił tardi venne scritto nella Bibbia. Mosč dunque racconto che la voce gli aveva detto: «Ho saputo della miseria degli schiavi in Egitto». "Miseria" in ebraico si puņ dire in molti modi. La parola che usņ Dio, secondo la Bibbia, č oni, ma si puņ usare anche miskčn, povero, che somiglia alla parola "pericolo", sakaną. E Mosč non sapeva se la voce gli avesse parlato della miseria o del pericolo. Del resto, chi č povero č spesso in pericolo. La voce aveva continuato: «Ho sentito le grida, ho saputo della crudeltą dei sorveglianti. E ho deciso di liberare gli ebrei dall'oppressione. Di portarli verso una terra promessa, terra di latte e miele». Mosč non ebbe il tempo di rispondere, perché la voce prosegui: «Sarai tu il mio messaggero, sarai tua guidare il popolo nella fuga dalla schiavitł e nel cammino verso la libertą. Ora parti, va' dal Faraone e digli: "Fa' uscire il mio popolo dall'Egitto!"». A Mosč un simile compito sembrava troppo difficile. Quindi disse: «Chi sono io per parlare con il Faraone?». La voce rispose: «Io sarņ con te. Non avere paura». E dopo un momento di silenzio continuo: «Va' dal tuo popolo, e digli che ti ho mandato io». «Mi chiederanno qual č il tuo nome», rispose Mosč. Infatti, come poteva parlare a na me di qualcuno di cui non sapeva il nome? La voce rispose: «Il mio nome č Sono colui che sono». In ebraico perņ le stesse parole possono significare anche "Sarņ colui che sarņ". E, a pensarci bene, e Mosč ci pensņ bene, "Sarņ colui che sari)", una frase al futuro, vuol dire che tutto nella nostra vita dipende da come ci immaginiamo l'avvenire.

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