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Corriere della Sera Sette Rassegna Stampa
24.01.2014 Negazionismo: diffuso su internet, ma non solo
commento di Mirella Serri

Testata: Corriere della Sera Sette
Data: 24 gennaio 2014
Pagina: 32
Autore: Mirella Serri
Titolo: «Il negazionismo si fa virtuale e pervade la rete»

Riportiamo da SETTE del CORRIERE della SERA di oggi, 24/01/2014, a pag. 32, l'articolo di Mirella Serri dal titolo "Il negazionismo si fa virtuale e pervade la rete".


Mirella Serri           Il negazionismo imbavaglia la Shoah

Benvenuti in rete! «Finalmente ho trovato un luogo in cui non devo vergognarmi di essere bianco», scrive Nordic Superman in un post su Stormfront. «Sono felice di avere trovato questo sito. Mi sentivo solo, ultimamente», è l'entusiasta constatazione di StarKiller85. Ben arrivati dunque negli anfratti più cupi e bui del web, dove si mettono al bando e si pubblicano liste di cosiddetti "delinquenti". Questi siti — oltre a Stormfront (che ha pure inaugurato una discussione sui genitori adottivi di Mario Balotelli, rei di essere di religione israelita) — si chiamano Jew watch, Aryan nation, Blood and honour e, proprio nel Giorno della Memoria, fanno il pieno di contatti e di violente disquisizioni per ricordare che l'Olocausto non c'è mai stato, anzi, che ce lo siamo inventato. A raccontarci il recente volto del negazionismo virtuale è la semiologa Valentina Plsanty nel capitolo aggiunto alla riedizione del suo libro L'irritante questione delle camere a gas. Logica del negazionismo (Bompiani). Questo saggio del 1998 analizzava per primo le "strategie persuasive" degli storici che hanno confutato l'esistenza dello sterminio di massa attuato dai nazisti. Ora affronta questo «fenomeno diffuso ma minoritario» con le pagine web che nascono, spariscono, cadono in disuso oppure vengono cancellate. La rete, per chi mette in discussione la Shoah, è pelle nuova però la sostanza e i contenuti vengono da lontano: sono gli stessi di circa 35 anni fa, quando il quotidiano Le Monde accese i riflettori e il dibattito sulle tesi di Robert Faurisson. Insieme al gruppetto dei suoi seguaci, come Henri Roques e Carlo Mattogno, l'Eichmann di carta, così è stato chiamato, ha cercato di conquistare una rispettabilità scientifica con un'escalation d'interventi che ridiscutono tanta memoria storicamente accertata, dalle camere a gas all'autenticità del diario di Anna Frank. Le sue teorie hanno trovato un humus fertile in internet e alimentano, per esempio, prese di posizione come quelle del greco fascista e negazionista Nikólaos Michalollakos, fondatore di Alba Dorata, che in tivù su Auschwitz e dintorni si è permesso addirittura di fare dell'ironia: «Cosa dovrebbe essere successo da quelle parti? Io non ci sono mai stato, voi sì? In ogni caso non credo proprio che vi fossero delle camere a gas, quella è una vera menzogna». Un atteggiamento ripreso, è un altro esempio, dal deputato ungherese Marton Gyongyosi, assai dubbioso «che siano stati 4oomila i cittadini di religione israelita» deportati nel suo Paese durante la guerra. E per rimpinguare quei numeri antichi (e per lui evidentemente esigui) ha proposto al Parlamento di pubblicare un «elenco di tutti gli ebrei pericolosi che minacciano la sicurezza nazionale in Ungheria». L'origine di tutte queste elucubrazioni? Ancora oggi nel web e su carta ci si rifà alle dottrine cornplottiste che hanno una loro fonte nei falsi Protocolli dei Savi di Sion: frutto di penne menzognere e di molteplici rimaneggiamenti, attribuivano agli ebrei il progetto di un complotto per il dominio del mondo attraverso media e finanza. La tesi cospirazionista va alla grande nei Paesi arabi dove i Protocolli sono un bestseller, ma trova un terreno fertile anche negli animi più esaltati nella protesta antiestablishment (settimane fa il leader del movimento dei Forconi ha protestato contro "l'Italia schiava dei banchieri ebrei"). Allora, che fare? «l)on't feed the tali», raccomandano i gestori di Wikipedla agli utenti. Per prima cosa ignoriamo le provocazioni e non facciamoci trascinare anche noi nelle polemiche online. Riconoscimenti e dibattiti sono il carburante per la sopravvivenza dei negazionisti. Non of friamo occasioni di discussione ma, caso mai, dimostriamo quanto sono grossolane le loro certezze.

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