Molti paesi adottano la definizione di antisemitismo dell’IHRA ma finanziano le ong che vi si oppongono
Lo dimostra un recente studio di NGO Monitor, da Israele.net
Alla luce del drammatico aumento delle manifestazioni di antisemitismo a livello globale, e della necessità di mettere in campo misure per contrastarlo, numerosi paesi hanno sottoscritto la definizione operativa di antisemitismo approntata dall’Alleanza Internazionale per la Memoria della Shoà (IHRA). Eppure, paradossalmente, molti di questi stessi paesi sostengono finanziariamente anche delle ong che si oppongono alla definizione dell’IHRA e la combattono attivamente. “NGO Monitor”, un think tank con sede a Gerusalemme, ha condotto di recente uno studio approfondito che mette in luce questa contraddizione. Dalla sua introduzione nel maggio 2016, la definizione dell’IHRA ha ottenuto ampi consensi. A luglio 2023 risultava adottata da una quarantina di governi e da numerose organizzazioni intergovernative, caratterizzandosi come uno strumento fondamentale di indirizzo nella lotta contro l’antisemitismo. Ma questi consensi sono accompagnati da un risvolto sorprendente.
I dati di “NGO Monitor” rivelano che un numero significativo di questi stessi paesi finanzia anche le ong che rifiutano il quadro definitorio dell’IHRA. Paesi come Belgio, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera e persino l’Unione Europea come tale – tutti in prima linea nella difesa dei diritti umani – sembrano fare una sorta di doppio gioco. Secondo lo studio, in modo contraddittorio questi paesi sostengono organizzazioni che risultano “praticare e promuovere forme di evidente antisemitismo secondo la definizione dell’IHRA”. Si tratta di ong che affermano di rappresentare i diritti umani e i valori umanitari e che invece spesso e volentieri diffondono retorica e luoghi comuni antisemiti e tollerano aperte espressioni di antisemitismo da parte di loro dipendenti e dirigenti rifiutandosi di considerare le manifestazioni di antisemitismo una questione di diritti umani. Lo studio sottolinea, ad esempio, come molte di queste ong sostengano opinioni che ricadono nella definizione di antisemitismo dell’IHRA, come negare agli ebrei il diritto dell’autodeterminazione, sostenendo che l’esistenza stessa dello stato di Israele sia una espressione di razzismo. Analizzando le motivazioni della virulenta opposizione di queste ong alla definizione dell’IHRA, lo studio suggerisce che esse non sono guidate semplicemente da differenze ideologiche, ma hanno in mente innanzitutto la loro stessa auto-conservazione, che evidentemente prevale su tutto il resto. Con la definizione dell’IHRA che guadagna sempre più terreno, queste ong hanno ragione di temere che molte loro attività e campagne di demonizzazione dello stato ebraico vengano smascherate come antisemite. Ad esempio quando applicano sistematizzazione a Israele un doppio standard pretendendo dallo stato ebraico comportamenti che non richiedono a nessun altro stato democratico, quando usano simboli e immagini riciclati all’antisemitismo classico per caratterizzare Israele e gli israeliani, o quando equiparano Israele ai nazisti. Delle 45 campagne contro l’IHRA analizzate dalla studio, che vedono il coinvolgimento di più di 300 ong, il 52% mirava a dissuadere governi e istituzioni intergovernative (come le Nazioni Unite) dall’adottare la definizione IHRA come standard di antisemitismo, il 39% erano campagne più ampie rivolte all’opinione pubblica in generale e il 9% aveva come obiettivo enti professionali specifici come l’American Bar Association e diverse università.
(Da: Jerusalem Post, 29.8.23)