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ANSA Rassegna Stampa
01.08.2013 Se i negoziati sono fermi è colpa di Israele, ovviamente
la posizione menzognera di Caritas Jerusalem

Testata: ANSA
Data: 01 agosto 2013
Pagina: 1
Autore: Redazione Ansa
Titolo: «MO: Caritas Gerusalemme, insediamenti-muro mine processo pace»

Pubblichiamo il lancio ANSA dal titolo "MO: Caritas Gerusalemme, insediamenti-muro mine processo pace".

Raed Abusahliah

I negoziati fra Israele e palestinesi sono un fallimento, qual è la causa?
Secondo Caritas Jerusalem, Israele.
Occupazione, muro. E' la solita litania intonata dai filopalestinesi per giustificare lo stallo dei negoziati provocato, invece, dalla totale mancanza di impegno della controparte palestinese.
Era Abu Mazen a porre precondizioni inaccettabili e rifiutare di sedere al tavolo dei negoziati. Ora si limita a dire "Palestina Judenrein".. E Hamas? Nessuno cita più la Striscia di Gaza,  Israele dovrebbe accettare il continuo lancio di razzi?
Ecco il pezzo:

 (ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 31 LUG - La ripresa del processo di pace tra israeliani e palestinesi «è un fatto positivo, perché l'unico modo di risolvere i problemi è negoziare». Ma le condizioni in cui avviene non lasciano spazio a troppe aspettative, perché «ci sono troppi ostacoli alla soluzione dei 'due popoli-due Stati', a partire dagli insediamenti di coloni che Israele continua a costruire nei Territori palestinesi». Cosi il sacerdote palestinese Raed Abusahliah, direttore generale di Caritas Jerusalem, riporta all'agenzia vaticana Fides le considerazioni diffuse tra i cristiani arabi di Terra Santa rispetto alle nuove trattative in corso tra Israele e Autorità palestinese su impulso dell'attuale amministrazione Usa. Secondo padre Raed, l'inizio di un negoziato è sempre una buona notizia, ed è appropriata «anche la decisione di porsi una scadenza, nove mesi, per arrivare a un accordo». D'altro canto, «la parte palestinese appare debole: il presidente Abu Mazen non ha l'appoggio di Hamas, e anche alcuni gruppi dell'Olp contestano la base su cui si è iniziato a discutere». In particolare, ogni eccessiva aspettativa sull'esito dei nuovi negoziati secondo il sacerdote arabo viene fatalmente contraddetta dalla politica dei fatti compiuti portata avanti dal governo israeliano. «Temo che la soluzione 'due Stati per due popoli' - spiega padre Raed - venga resa impraticabile dai fatti: dentro i Territori palestinesi ci sono già centinaia di insediamenti abitati da migliaia di coloni ideologicamente orientati, e continuano a costruirne di nuovi. Chi ha la forza e l'intenzione di convincerli a andarsene? E poi c'è il Muro di separazione che gli israeliani stanno costruendo e che proveranno a proporre come nuovo confine, anche se non corrisponde alla frontiera stabilita dall'Onu nel 1967 e comprende parecchi Territori palestinesi». Dal punto di vista delle Chiese e delle altre comunità religiose - sottolinea il direttore di Caritas Jerusalem - «l'accordo dovrebbe tutelare la libertà di movimento e di accesso ai Luoghi Santi che è incredibilmente diminuita dall'inizio delle trattative israeliano-palestinesi. Dopo gli accordi di Oslo la libertà d'accesso ai Luoghi Santi non è più garantita. Tante città, compresa Ramallah, sono circondate da posti di blocco. Occorrono garanzie internazionali per l'applicazione di ogni eventuale accordo, soprattutto per quanto riguarda la libertà di accesso ai Luoghi Santi».

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