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L'Opinione Rassegna Stampa
01.08.2009 L'Iran batte gli Usa. beh, non ha mica torto
L'analisi di Stefano Magni

Testata: L'Opinione
Data: 01 agosto 2009
Pagina: 5
Autore: Stefano Magni
Titolo: «L’Iran convinto di aver battuto gli Usa»

Sull'OPINIONE di oggi, a pag.5, l'articolo di Stefano Magni "L’Iran convinto di aver battuto gli Usa". Esaminando il comportamente del presidente Usa, occorre riconoscere che l' Iran non ha tutti i torti.

  In Iran la repressione continua. Ma in politica estera, gli ambienti vicini ad Ahmadinejad e all’ayatollah Khamenei si sentono vincitori. Il giornale Kyhan, vicino all’establishment, ha pubblicato una lunga e lucida analisi sulla debolezza statunitense. L’editoriale della pubblicazione governativa (tradotto e divulgato in lingua inglese dal centro studi Memri) raccomanda di tenere duro nel negoziato sul programma nucleare perché Washington non avrebbe più alcuna possibilità o intenzione di ricorrere all’uso della forza, in caso di fallimento delle trattative. Gli analisti iraniani sono molto più attenti di quanto non si possa credere alla comunicazione politica della Casa Bianca. E non si sono lasciati sfuggire le frasi pronunciate da Hillary Clinton a Bangkok, la settimana scorsa, sulla necessità di fornire gli alleati asiatici di uno scudo anti-missile, quando l’Iran avrà la sua atomica. “Le parole del segretario di Stato” - scrivono gli editorialisti - “devono essere interpretate a un livello più profondo rispetto alla mera constatazione che l’America ha ormai accettato un Iran nucleare. Attualmente è percezione diffusa a Teheran che gli Stati Uniti siano in una situazione in cui il loro ‘bisogno strategico’ di un dialogo con noi sia diventato così critico da vale il prezzo di un Iran nucleare”. Insomma, la comunicazione dell’amministrazione Obama ha dato una tale impressione di debolezza (agli occhi di un regime integralista islamico) da far credere che ora siano gli Usa ad aver bisogno della Repubblica Islamica. Gli editorialisti conservatori iraniani sono convinti che gli Usa stiano pensando ad altri fronti: “Gli ufficiali dell’intelligence statunitense, da mesi, stanno ripetendo e sottolineando che le ‘minacce concrete e immediate alla sicurezza nazionale’ arrivino da altre aree, quali il Pakistan e l’Afghanistan e così, invece di sprecare energie in un inutile conflitto con l’Iran, preferiscono ottenere la sua cooperazione per affrontare i loro problemi più gravi”. Si può solo immaginare con quale umore i prossimi negoziatori di Teheran andranno a discutere sul programma nucleare, con una superpotenza che loro ritengono già in ginocchio. “Le recenti manipolazioni sioniste sul Congresso statunitense per spingerlo verso un attacco militare preventivo o a nuove sanzioni economiche” - si legge su Kayhan - “non hanno nulla a che vedere con la strategia americana di punire l’Iran se il dialogo dovesse fallire (...) Gli americani, attualmente, non stanno neppure pensando alla fase post-negoziale e la loro principale preoccupazione è che l’Iran possa non accettare il dialogo. Anche le cosiddette misure punitive sono una mera manipolazione per indurre l’Iran ad accettare trattative, non per punirlo nel caso di un loro fallimento, perché sanno bene che una punizione è impossibile quanto inefficace”. Naturalmente il dialogo dovrebbe avvenire alle condizioni dettate da Teheran, mentre, ora come ora, secondo i raffinati editorialisti pro-Ahmadinejad: “...Ora gli americani stanno elemosinando il dialogo, con un linguaggio veramente irrispettoso, come dei cowboy analfabeti. A causa della loro natura arrogante, non hanno ancora imparato che per chiedere di parlare con qualcuno di cui hanno bisogno occorre una certa educazione”.

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