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L'Opinione Rassegna Stampa
23.01.2009 Hamas impone la sharia a Gaza, ma anche nella cristiana Etiopia si perseguitano gli omosessuali
due articoli di Alessandro Litta Modignani

Testata: L'Opinione
Data: 23 gennaio 2009
Pagina: 0
Autore: Alessandro Litta Modignani
Titolo: «Hamas crocifiggerà gli apostati - In Etiopia la Chiesa getta la maschera»

Da L'OPINIONE, l'articolo di Alessandro Litta Modignani "Hamas crocifiggerà gli apostati":

La notizia è di quelle che mettono i brividi. Il 24 dicembre, alla vigilia di Natale, il quotidiano pan-arabo Al Hayat, edito a Londra, ha reso noto che il parlamento palestinese, controllato in maggioranza da Hamas, ha approvato in seconda lettura il nuovo codice penale, ispirato alla legge islamica della Sahria. Il testo suddiviso in 220 articoli e in 14 capitoli, prevede fra l’altro l’introduzione della pena di morte per impiccagione, lapidazione e crocifissione, e altre spaventose misure punitive e repressive, come il taglio della mano per i ladri e la fustigazione per chi consuma bevande alcoliche. La votazione sarebbe avvenuta a Gaza. La costituzione palestinese prevede una terza lettura, poi il presidente Abu Mazen avrà un mese di tempo per opporre un eventuale veto, senza di che il codice entrerà definitivamente in vigore. La notizia, ripresa lo stesso giorno dal sito web dell’emittente satellitare Al Arabiya, è passata quasi inosservata, per via dell’offensiva di guerra israeliana. Il giorno di Natale fonti di Hamas hanno smentito l’approvazione del nuovo codice, ma Al Hayat ha confermato di essere in possesso di una copia del provvedimento, con tanto di timbri e attestati formali. La smentita non convince, anche perché nei mesi precedenti autorevoli esponenti di Hamas avevano annunciato che proprio un codice penale islamico, sul modello di quelli in vigore in Sudan, Yemen e Indonesia, sarebbe stato approvato in tempi brevi. Gli stessi leader avevano ammonito che le nuove norme avrebbero avuto vigore non solo a Gaza ma anche in Cisgiordania. Il 6 novembre scorso, sul giornale di Hamas “Felesteen”, il ministro della Giustizia aveva confermato che si stava preparando un nuovo codice “ispirato al nobile diritto religioso islamico”. Una volta definita, la proposta di legge sarebbe stata sottoposta - ha riportato ancora lo stesso giornale il 9 novembre – all’approvazione del Parlamento, controllato da Hamas. Altre conferme sono apparse su giornali di Hamas nelle settimane successive. La smentita appare più che altro dettata dalla preoccupazione di non isolare ulteriormente il movimento alla vigilia della guerra, ma contraddice numerosi e inequivocabili segnali giunti nel periodo precedente.

Il codice, pubblicato da Al Hayat, suddivide le pene in due categorie: “originarie” e “accessorie”. Nelle prime sono previste la “condanna a morte, crocifissione, carcere e ammende”, nelle seconde si prevedono sanzioni come “licenziamento dal lavoro e esproprio dei beni personali”. L’articolo 59, ad esempio, stabilisce la pena di morte per qualunque palestinese che “sia stato designato a negoziare con un governo straniero su una questione palestinese e lo abbia fatto contro gli interessi dei palestinesi”: una norma evidentemente contro Abu Mazen e i suoi. Ma anche contro chiunque si sia reso colpevole di “aver compiuto atti ostili contro un paese straniero, in modo tale da mettere a rischio di guerra la Palestina o danneggiare le relazioni politiche”. Senti chi parla, verrebbe da dire a Hamas.

La pena della fustigazione compare in molti articoli. L’84 prevede che “chiunque consumi, detenga o produca bevande alcoliche è punito con 40 frustate se è musulmano, mentre chi fa uso di bevande alcoliche o molesti o causi pericolo ad altre persone bevendo in una pubblica piazza o andando in giro ubriaco sarà punito con non meno di 40 frustate e almeno tre mesi di carcere”. Con la fustigazione sono puniti anche quanti “fanno gioco d’azzardo, offendono i sentimenti religiosi e la buona reputazione di altre persone”. E’ previsto il “taglio della mano destra all’altezza del polso per chiunque commetta il reato di furto”. La lapidazione, si sa, è destinata agli adulteri. Non è dato invece di sapere a chi sia riservato “l’onore” della crocifissione, ma è lecito presumere che punisca per il reato di apostasia. In questo caso, chi si converte al cristianesimo subirebbe lo stesso trattamento di Gesù Cristo, duemila anni fa.

E "In Etiopia la Chiesa getta la maschera":

Come tutti sanno, la Chiesa cattolica condanna l’omosessualità perché contraria alla morale cristiana ma, sia ben chiaro, non ha nulla contro le persone omosessuali, anzi si oppone a qualsiasi discriminazione nei loro confronti. Il mese scorso, all’Onu, ha votato contro la risoluzione franco- europea per la depenalizzazione globale dell’omosessualità, ma solo per il timore che, legittimando questa pratica, si aprisse in qualche modo la strada ai matrimoni omosessuali, disgregando la famiglia tradizionale. Solo e soltanto per questo. La Chiesa cattolica, anche quando si schiera con le teocrazie islamiche che puniscono l’omosessualità con la morte, non vorrebbe mai che gli omosessuali fossero perseguitati, vero ?

No. Non è vero. Si tratta solo di un’ipocrisia e quanto accaduto recentemente in Etiopia lo dimostra. Alla vigilia di Natale, si sono riuniti ad Addis Abeba i leader religiosi di quel paese. Erano presenti una dozzina di massimi esponenti delle principali confessioni, compresi i capi degli ortodossi, dei protestanti e, appunto, della Chiesa cattolica. Tutti costoro, nessuno escluso, hanno approvato all’unanimità un appello ai legislatori, per chiedere che la condanna dell’omosessualità – già punita dal codice penale etiopico – sia inserita nella Costituzione. Attualmente per questo reato è prevista una pena minima di 6 mesi, ma i firmatari del documento hanno chiesto un inasprimento delle pene e una modifica della Costituzione, per mettere definitivamente al bando questa attitudine.

Nel testo dell’appello, l’omosessualità viene definita “il culmine dell’immoralità”. Al termine dell’incontro, il patriarca ortodosso Abune Paolos ha definito gli omosessuali “stupidi come animali”: devono essere discriminati e corretti, devono ricevere una lezione, ha aggiunto. I religiosi unanimi hanno chiesto al governo l’apertura di centri di riabilitazione e di mettere anche sotto stretto controllo la distribuzione di materiale pornografico.

Sium Antonios, capo della ong locale “Uniti per la vita”, ci ha messo del suo: “L’omosessualità non rientra fra i diritti umani e non è in relazione con la Creazione; non ha fondamento biologico. E’ inaccettabile e immorale”.

Il fatto che il massimo rappresentante della Chiesa cattolica abbia concorso con il suo voto all’approvazione di questo appello e di queste dichiarazioni, mette il Vaticano di fronte alle sue responsabilità. Il dichiararsi contrario alle discriminazioni si dimostra clamorosamente falso e smentito dai fatti. Le motivazioni addotte in sede Onu si rivelano per quel che erano: un trucco di politicanti preoccupati di salvare la faccia, ma ben determinati a difendere un principio teocratico e illiberale. Così, davanti all’opinione pubblica italiana ci si può atteggiare a persone buone e di fronte alla comunità internazionale ci si finge aperti e dialoganti. Invece, quando si trovano in condizione di esercitare un potere politico reale, le gerarchie si presentano con il loro vero volto: oscurantista, retrogrado e privo di pietà cristiana.

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