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L'Opinione Rassegna Stampa
20.01.2009 Tra i militari israeliani che ritornano da Gaza
reportage di Michael Sfaradi

Testata: L'Opinione
Data: 20 gennaio 2009
Pagina: 3
Autore: Michael Sfaradi
Titolo: «La danza della vittoria»

Da L'OPINIONE del 20 gennaio 2009 l'articolo di Michael Sfaradi "La danza della vittoria"

Sono molti i razzi che dalla striscia di Gaza sono arrivati nella zona di Sderot e del Neghev occidentale domenica 17 gennaio 2009. Sembrava quasi che la sospensione dei combattimenti, che il premier Olmert aveva appena annunciato, non avesse sortito alcun effetto. Il portavoce dell’esercito aveva comunque avvertito che nelle ore a seguire l’annuncio sarebbero comunque potuti partire razzi verso Israele. Mentre il Gota della politica internazionale si dirigeva verso Sharm el Sheik, per il vertice indetto dalla presidente Mubarak, si capiva che le cose stavano cambiando anche sul terreno e a conferma di ciò è stata l’improvvisa apparizione dei vertici di Hamas alla televisione palestinese che in una patetica dichiarazione di vittoria hanno annunciato la loro tregua. Posso testimoniare che il ritiro delle truppe israeliane dalla striscia di Gaza è in atto, infatti, da dove mi trovo ho visto il fumo salire sale dal suolo ed ho udito classico rumore dei motori diesel, il segno che le truppe corazzate si stavano muovendo da Gaza verso il confine con Israele. Mi sono mosso dal punto di osservazione e seguendo la strada che parallela al confine con la striscia di Gaza va da Shar a Neghev verso Sderot sento alla mia sinistra il rumore dei motori diesel che si fa sempre più forte, arrivato ad uno spiazzo di emergenza a lato della strada, mi sono fermato per guardarmi meglio intorno. Dietro un gruppo di alberi tre carri armati Merkava4, lucidi come se fossero appena usciti dalla fabbrica, avanzavano in fila indiana a meno di duecento metri da dove mi trovo. Arrivano in uno spiazzo naturale e come se fossero delle semplici utilitarie si parcheggiano uno a fianco all’altro con i cannoni rivolti verso la striscia di Gaza. Soltanto quando vedo troupe del secondo canale della televisione israeliana trovo il coraggio di avvicinarmi e posso così guardare negli occhi degli uomini che hanno appena finito di combattere una guerra.

La prima cosa: il più vecchio fra loro non supera i 23 anni, ma nonostante l’età hanno combattuto come dei veterani. Non parlano con la stampa, è vietato, ma hanno il loro modo di farci capire quello che provano. Dal carro di destra esce uno di loro con una radio, la mette a tutto volume e come un gruppo di amici in discoteca si mettono a ballare musica hip-hop sulla torretta e sui fianchi di uno dei carri. Sono contenti di essere ancora vivi, possiamo ben capirli. Dalla telecamera solo i saluti alle madri o alle fidanzate, uno di loro urla al cielo che non è finita fino a che Gilad Shalit non torna a casa. Nel mondo forse non si sa, ma il militare israeliano ancora nelle mani di Hamas è anche lui un carrista. Quei ragazzi hanno con Hamas un conto separato in sospeso. Fra tutte le cose che ho avuto modo di vedere durante questi giorni di guerra, quel “ballo di vittoria” è probabilmente la cosa che rimarrà più impressa nella mia memoria, 15 ragazzi che hanno appena finito di combattere per Israele esattamente come hanno fatto i loro fratelli più grandi, i loro padri, i loro nonni e come, probabilmente, faranno i loro figli fino a che il mondo arabo non imparerà a vivere in pace e a convivere con gli altri popoli e le altre religioni. Quello strano ballo eseguito sul più improbabile dei palcoscenici viene improvvisamente interrotto da uno degli addetti alle radio, è arrivato qualche ordine che deve essere immediatamente eseguito. Ci fanno segno di allontanarci e rientrano rapidamente nei loro carri. Non è ancora arrivato il tempo di ballare in tranquillità. Anche se Israele aveva inizialmente preso una settimana per lo sgombro della striscia di Gaza, abbiamo potuto notare durante la notte che le truppe corazzate e la fanteria che stanno rapidamente rientrando, e se dovesse tutto continuare di questo passo nei prossimi due massimo tre giorni non ci saranno più militari israeliani all’interno della Striscia di Gaza. Ancora una volta Israele è riuscita a sorprendere il mondo non solo con l’attacco e l’avanzata, ma anche con la ritirata.

Otto anni di bombardamenti e la guerra sbagliata del 2006 contro Hezbollah avevano fatto credere ai dirigenti di Hamas che Israele fosse completamente imbrigliata e succube dell’opinione pubblica mondiale. L’operazione “Piombo fuso” ha dimostrato esattamente il contrario. La pazienza di Israele non era il segno di una debolezza, era il segno di un forte che attende ad agire contro un debole, ma questa pazienza ha un limite e Hamas lo ha superato. Come alla fine di ogni guerra ci sono le speranze di una pace duratura, una pace che porti tranquillità a tutte le popolazioni della zona, purtroppo però dopo la telefonata di ieri di Ahmedinejad ad Ismail Haniyeh gli ottimismi si stanno raffreddando. Ahmedinejad ha fatto i complimenti per la resistenza di fronte al nemico sionista e ha detto che questo è solo l’inizio di una guerra che porterà alla vittoria finale. Poco dopo Hamas ha dichiarato che continuerà la fabbricazione e l’importazione di armi per continuare la guerra contro Israele, per cui è molto più probabile che ci ritroveremo presto in una situazione come quella attuale, di tensione o di guerra aperta che non in un clima di tranquilla collaborazione fra popoli. Anche perché una delle clausole del cessate il fuoco è proprio la proibizione ad Hamas di riarmarsi. Israele su questo punto è stata molto chiara.

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