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L'Opinione Rassegna Stampa
17.01.2009 Le reazioni in Israele all'odio europeo
L'analisi di Michael Sfaradi

Testata: L'Opinione
Data: 17 gennaio 2009
Pagina: 1
Autore: Michael Sfaradi
Titolo: «Le reazioni in Israele all'odio europeo»

Sull'OPINIONE di oggi, 17/01/2009, a pag.5, l'analisi di Michael Sfaradi da Israele.

Le manifestazioni anti-israeliane che si susseguono nel mondo e in Europa in particolare non hanno una grande eco al confine fra Israele e la striscia di Gaza. Due sono i commenti che si sentono ripetere fra la gente qui in Israele: il primo è che in queste manifestazioni c'è troppo antisemitismo, soprattutto nei confronti degli ebrei non israeliani e che sono a senso unico. Nessuno aveva alzato un dito o una parola negli otto anni in cui Hamas aggrediva giorno per giorno il sud di Israele ed ora, queste violente prese di posizione, puzzano di malafede. Il secondo commento è rivolto alle comunità ebraiche sparse nel mondo che dovrebbero prendere seri provvedimenti al fine di garantirsi la loro sicurezza in un'Europa sempre più islamizzata ed antiebraica. In questi giorni di guerra momenti di calma e di grande agitazione si susseguono, le notizie vere, poche, e voci di corridoio, tante, fanno da colonna sonora alle lunghe ore di attesa passate guardando all'interno della striscia d i Gaza con il cannocchiale. Amos Ghilad, ministro del governo Olmert e incaricato per le trattative per il cessate il fuoco con Hamas secondo le proposte egiziane, continua a fare la spola fra Tel Aviv e il Cairo portando nella sua valigetta proposte, controproposte e soprattutto rifiuti. Rientrato da poco dal Cairo è attualmente in riunione a porte chiuse con il ministro della difesa. In Israele non si segue con attenzione quello che succede al vertice di Doha, le notizie che arrivano dalla striscia di Gaza e dalle città sotto bombardamento sono quelle che interessano di più il pubblico israeliano. Uno dei portavoce del ministero degli esteri ha dichiarato durante una trasmissione televisiva che Israele attualmente rischia di vedere seriamente colpite le poche relazioni diplomatiche aperte con i paesi arabi, nonostante questo però non è possibile, allo stato attuale delle cose, accettare un cessate il fuoco che non metta Hamas in condizione di non nuocere. Anche perché i dirigenti di Hamas stanno cercando di prendere tempo in attesa di sviluppi politici a loro favorevoli, fanno questo a costo di indicibili sofferenze della loro popolazione. Questi giorni di guerra e l'enorme distruzione che essi hanno portato nella striscia di Gaza ancora non bastano per far loro rendere conto che è giunto il momento di smetterla con la stupida propaganda e con l'impossibile guerra, anche nell'interesse della stessa popolazione palestinese. Non vogliono rendersi conto che è giunto il momento di diventare pragmatici e20di affrontare, con l'aiuto del mondo, la via della pace e l'ennesima ricostruzione che porti finalmente ad uno Stato palestinese che impari a vivere accanto ai suoi vicini. Questa, che dovrebbe essere la più logica delle soluzioni, nella mente dei dirigenti di Hamas sembra essere una grande utopia. A loro sembra più conveniente continuare in una guerra che è ormai completamente persa anziché accettare un cessate il fuoco che porterebbe tanto sollievo alla popolazione civile. Invece si intestardiscono nella loro pazzia fuori luogo, continuano con delle impossibili richieste che se il governo di Israele facesse l'errore di accettare sarebbero poi spese dalla propaganda araba come una vittoria sul campo e ripetute all'infinito creando i presupposti di una nuova guerra da combattere nel prossimo futuro. Hamas vuole la riapertura di tutti valichi fra Israele e la striscia di Gaza, l'impegno internazionale che Israele non possa richiuderli e il ritiro completo delle truppe israeliane dalla striscia prima dell'inizio del cessate il fuoco. Nelle loro farneticazioni i dirigenti di Hamas a Gaza e soprattutto a Damasco, non citano la cessazione dei lanci di missili Grad e Kassam sulle città israeliane e, soprattutto, non prendono in considerazione la liberazione di Gilat Shalit, nelle loro mani da quasi tre anni senza che la Croce Rossa internazionale possa averlo visto e che un medico possa averlo visitato. Non si rendono conto che continuando di questo passo la loro sconfitta si trasformerà nel giro di pochi giorni in una resa totale e senza condizioni. Intanto Said Siam, leader e ministro dell'Interno nel governo di Hamas è stato colpito ed ucciso in una casa di Gaza City. Un missile teleguidato sganciato da un elicottero è entrato dalla finestra dell'abitazione dove si trovava uccidendo lui e tutti i presenti. Insieme al ministro di Hamas sono morti un figlio, un fratello ed altri familiari. Poco dopo le brigate Ezzedine al-Qassam, braccio armato di Hamas hanno, in un comunicato, minacciato vendetta: "Il suo sangue non sarà versato invano", come se di sangue nella striscia di Gaza fino ad oggi non ne sia stato versato abbastanza. La dinamica di questa eliminazione ha fatto molto discutere qui in Israele anche perchè l'appartamento dove Siam è stato ucciso era stato affittato dal fratello soltanto due giorni prima e non era la sua residenza abituale. Questo sta solo a significare che i servizi di informazione stanno attualmente lavorando all'interno della striscia di Gaza con il massimo ordine ed efficienza e che non è escluso che nelle prossime ore altri leader del movimento integralista possano cadere sotto i colpi dell'esercito israeliano.

 

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