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L'Opinione Rassegna Stampa
27.11.2008 Intervista al maestro Lior Shambadal
"ambasciatore musicale" di Israele nel mondo

Testata: L'Opinione
Data: 27 novembre 2008
Pagina: 5
Autore: Michael Sfaradi
Titolo: «L'Italia non abbandoni la musica»
Da L'OPINIONE del 27 novembre 2008, l'intervista di Michael Sfardi a Lior Shambadal, primo direttore dell’orchestra filarmonica di Berlino, "L'Italia non abbandoni la musica:

Incontro il maestro Lior Shambadal, attualmente primo direttore dell’orchestra filarmonica di Berlino e una delle più importanti “bacchette” al mondo, all’indomani del primo dei due concerti dell’orchestra filarmonica di Roma da lui diretti. Mi riceve nella sala hobby del Crown Plaza di Roma con la simpatia che lo contraddistingue e che per nulla stona con la fama che lo circonda. Mi parla di filosofia, di etica, di storia, di religione, cose che solo a prima vista non sembrano collegate alla musica classica. Argomenti complicati che, come ogni bravo maestro, spiega con parole semplici e in modo che anche i non esperti riescono a capire. Affronta il tutto nel suo insieme, e risulta subito chiaro come i vari aspetti e problemi che circondano il mondo della musica, anche se lontani fra loro, partano tutti dalla stessa radice. Mi racconta diversi aneddoti, come quella volta che a Lubiana l’auditorium aveva una pessima acustica e doveva registrare un concerto per la radio e la televisione slovena. Non si perse d’animo e lui, ebreo, chiese di incontrare il vescovo cattolico per ottenere il permesso di usare una delle cattedrali della città per farla diventare una sala da concerto. Non fu facile, ma cambiando il programma trasformando in un concerto di musica sacra lo convinse. Gli faccio notare che ci sono stati sei minuti ininterrotti di applauso alla fine della prima parte dell’esibizione romana, ben dodici alla fine della seconda e che è stato richiamato dal pubblico e dall’orchestra per ben quattro volte sul palco. Quasi ad ignorare ciò che gli avevo appena detto, mi racconta di un famoso direttore d’orchestra che davanti al pubblico alzò la partitura e la indicò con un dito facendo capire che l’applauso doveva essere indirizzato al compositore, perché sua era l’arte che avevano appena ascoltato. “Quell’applauso era suo, noi cerchiamo soltanto di interpretare la sua opera al meglio delle nostre possibilità.”

Maestro Shambadal, nonostante in Israele, vivano circa 6 milioni e mezzo di abitanti, c’è un numero molto alto di musicisti e direttori d’orchestra famosi in tutto il mondo e universalmente riconosciuti come i più bravi attualmente in circolazione. So che il pubblico israeliano, per la musica ha il palato molto fine, la conosce ed è estremamente esigente. Le chiedo: è questo il motivo per il quale oggi ci sono molti israeliani nel gotha della musica? È il continuo confrontarsi con un pubblico estremamente esigente che spinge a raffinare lo studio e le tecniche di esecuzione dei brani?
Può senz’altro essere uno dei motivi, ma non è il solo. Voglio elencare alcuni numeri che danno l’esatta dimensione dell’amore per la musica e della sua conoscenza del pubblico israeliano. Israele è la nazione al mondo che vanta il più alto numero di abbonati per i concerti di musica classica e sinfonica. La filarmonica di Israele si esibisce in un auditorium che porta 3000 posti a sedere, contro i 2400 dell’auditorium dove si esibisce la filarmonica di Berlino e a Tel Aviv ogni concerto ha sei repliche contro le tre della capitale tedesca. Il doversi costantemente confrontare con un pubblico di specialisti sprona chiunque a dare il meglio, ma io credo che i motivi di questo successo vadano ricercati anche altrove. Ogni direttore ed ogni orchestra interpreta la partitura e l’interpretazione è innata nel carattere ebraico, i libri sacri dalla Torah al Talmud sono costantemente interpretati e la loro interpretazione va avanti ormai da millenni. Questo modo di essere si riflette in molti degli aspetti della vita ebraica, e siccome la musica, o meglio l’interpretazione della musica, è il fiore all’occhiello della nostra cultura, sicuramente questo trova in noi radici profonde e spiega anche, lo possiamo vedere nel passato, perché ci sono stati grandi musicisti e direttori d’orchestra ebrei ma rarissimi compositori.

Come vede la situazione della musica classica e sinfonica in Italia?
Sono molto deluso da quello che vedo. Tutto nasce dalla musica sacra che ha le sue origini in Italia e nelle Fiandre. L’Italia è dunque la patria della grande musica, ma è proprio qui, fra tutte le nazioni dove io dirigo che si investe di meno. Ho diretto per oltre 600 volte opere liriche di compositori italiani come ad esempio Giuseppe Verdi che per me era il più grande, Puccini, Rossini e tanti altri. Nella storia troviamo grandissimi cantanti ed interpreti italiani dell’opera lirica e sono ancora convinto che la potenzialità italiana sia fra le più importanti se non la più importante del mondo. Proprio per questo non riesco a capire come mai in Italia ci siano soltanto 13 enti lirici contro le 130 della Germania e le oltre 90 della Francia. Ho davvero la speranza che qualcosa cambi e che in Italia si ritorni ad amare e ad investire nella musica così come è sempre stato nella tradizione di questo paese.

La sua professione l’ha portata a girare il mondo intero, che differenza c’è nel dirigere le orchestre in Europa o in America, in Australia o in Cina?
Ogni luogo è un’emozione diversa, io credo che la nostra non sia solamente una professione ma una vera e propria missione. Quando prendo un impegno per andare a dirigere lo mantengo sempre, è una questione di etica. So di alcuni miei colleghi ricevendo offerte migliori hanno preferito annullare impegni già presi, io non l’ho fatto mai. Il biglietto per un concerto in Francia ha un costo molto più elevato di quello che si ha per esempio in Argentina, di conseguenza anche i ricavi sono in proporzione ma io so che anche il pubblico argentino ha diritto e voglia di ascoltare la musica ai massimi livelli. Non potendo paragonare gli stipendi che si guadagnano in Europa con quelli del Sudamerica, quello che si può pretendere in Europa o in America non è possibile in altre parti del mondo, ma io non mi sono mai tirato indietro anche quando c’era da dirigere gratuitamente.

Maestro, come israeliano che dirige orchestre in ogni angolo di mondo si sente in qualche modo un ambasciatore dello Stato di Israele?
Se per ambasciatore intende ambasciatore musicale, la mia risposta è senz’altro sì. Se invece parliamo di un ambasciatore che si occupa di cose che esulano completamente dal campo musicale la mia risposta è no. Immagino che vorrai sapere quello che penso di certi miei colleghi che rilasciano dichiarazioni anche critiche nei confronti di Israele. In democrazia, come Israele si vanta di essere, tutti hanno diritto di manifestare il loro pensiero ma questo diritto deve essere giustificato dalla loro presenza e partecipazione. Non credo sia giusto che certi israeliani che da anni non vivono in patria e che da tempo non hanno più contatto con la realtà dell’israeliano medio rilascino dichiarazioni pubbliche e quasi sempre di segno negativo. Se si vuole criticare, bisogna anche vivere la realtà e farlo perché lo si sente, e non per crearsi alibi o compiacere qualcuno. Per quello che mi riguarda la mia famiglia e le mie figlie vivono in Israele ed è lì che io passo ogni minuto libero che la professione mi lascia.

Maestro, se dovessero invitarla a dirigere un concerto negli Emirati Arabi, in Arabia Saudita o in Iran, lei accetterebbe?
Non avrei problemi, ad andare in ogni luogo che riconosce il diritto del popolo di cui faccio parte alla sua patria ed alla sua nazione, dirigerei in ogni paese che riconosce o riconoscerà lo Stato di Israele. Dirigere ad Amman o al Cairo non è la stessa cosa che dirigere a Teheran. Se decidessi di accettare un eventuale invito alle attuali condizioni legittimerei la loro politica nei confronti di Israele ed è per questo che declinerei l’invito.

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