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L'Opinione Rassegna Stampa
18.06.2008 Il nuovo no dell'Iran all'Europa
l'analisi di Michael Sfaradi

Testata: L'Opinione
Data: 18 giugno 2008
Pagina: 0
Autore: Michael Sfaradi
Titolo: «L’Ue si fa ancora beffare dall’Iran»
Da L'OPINIONE del 18 giugno 2008:

La visita del ministro degli esteri dell’Unione Europea Javier Solana, che si era presentato a Teheran come portavoce dei 5+1 con tutta una serie di incentivi finanziari per convincere il governo di Ahmedinejad a fermare la rincorsa verso il nucleare, è riuscita solamente ad ottenere l’effetto contrario. Infatti, il vice ministro degli esteri Alireza Sheikhattar ha dichiarato, come risposta alle offerte europee, che il suo paese non può e non vuole rinunciare alla tecnologia nucleare, pertanto il lavoro di arricchimento dell’uranio continuerà senza ulteriori indugi. Il capo di stato maggiore dell’esercito della repubblica islamica il generale Hassan Firuzabadi, gli faceva eco e commentando delle voci senza fondamento, mandate in giro solo per tenere alta la pressione internazionale, e minacciando di ritorsioni chiunque tentasse di attaccare militarmente i siti nucleari iraniani, non facendo mistero che Israele è nel suo mirino. Il premier britannico Gordon Brown ha dichiarato che il Regno Unito prenderà delle iniziative di ritorsione nei confronti di Teheran a cominciare dal blocco delle attività finanziarie, si riferiva ad un fermo a tempo indeterminato della sede londinese della Melli Bank, la banca d’affari che fa capo al ministero degli esteri iraniano.

Probabilmente il premier inglese non si rende conto che con certa gente bisogna agire e non minacciare: è infatti notizia di ieri che negli ultimi tre giorni, su ordine di Mussun Tahali, il vice ministro degli esteri che ha la delega di controllo delle attività finanziare del governo iraniano all’estero, gran parte dei depositi in Europa (si parla di ottanta miliardi di dollari americani), sono stati trasferiti verso banche arabe. Altri ingenti fondi sono stati usati per acquistare sui mercati finanziari azioni di importanti multinazionali e, per finire, una parte cospicua è diventata oro. Questi movimenti di denaro rendono di fatto inutili tutte le eventuali azioni di boicottaggio che i governi europei potrebbero prendere nei confronti di Teheran. Mentre da noi si continua a sperare nel dialogo e nella trattativa, e i responsabili politici dell’Unione Europea continuano a discutere su questa o su quella risoluzione da prendere (stando bene attenti a non andare a toccare gli interessi delle loro nazioni), Ahmedinejad e i suoi agiscono con rapidità.

Da una parte anticipano le mosse dell’occidente rendendole inutili, e dall’altra continuano con la loro rincorsa verso la bomba atomica. Ci chiediamo se dopo questa pessima figura non sia arrivato per l’Europa il momento di ripensare alla politica fino ad oggi adottata nei confronti dell’Iran. Ci chiediamo quando, a Bruxelles, si renderanno conto che hanno a che fare con una nazione il cui governo agisce con una rapidità tipica di chi è in guerra o ci sta per entrare, prendendo così dei provvedimenti, senza guardare chi ci rimette e di chi ci guadagna, che facciano sentire il peso e l’influenza che il vecchio continente deve avere nella politica internazionale. Perché nel caso in cui si passasse dalle parole alle armi saremo tutti a rimetterci e nessuno a guadagnare.

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