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L'Opinione Rassegna Stampa
31.01.2008 L'Onu contro Israele
condanne per l'autodifesa dai kassam e infondate accuse di apartheid

Testata: L'Opinione
Data: 31 gennaio 2008
Pagina: 0
Autore: Dimitri Buffa - Traiano Bertollini
Titolo: «Palestinesi contro i razzi. E l’Onu fa gaffe - Intervista a Patrizia Paoletti / Onu sbilanciata contro Israele»
Da L'OPINIONE del 31 gennaio 2008, un articolo di Dimitri Buffa:

Ieri una notizia relativamente buona per Israele è venuta da un sondaggio condotto sulla popolazione civile palestinese: la maggioranza si è detta contraria al lancio di razzi sui civili israeliani da parte di Hamas.
Ecco nel dettaglio i dati del sondaggio in questione condotto dal Centro Sondaggi d’Opinione e di Studi Demografici della An-Najah National University di Nablus nel periodo compreso tra il 26 e il 28 gennaio scorsi: il 54,8 per cento dei palestinesi si dichiara contrario al lancio di missili dalla Striscia di Gaza contro Israele, il 73,9 per cento dei palestinesi sarebbe favorevole al fatto che l’Anp si assuma la responsabilità diretta del controllo dei varchi nella Striscia, inoltre il 43,4 per cento degli
intervistati ritiene che il lancio di missili da Gaza sia dannoso per la causa palestinese, mentre solo il 33,9 per cento è convinto che ciò serva. Il 42,7 per cento dei palestinesi si è anche detto contrario all’apertura del valico di Rafah con la forza da parte degli elementi di Hamas, contro il 52,8 a favore. Infine il 69,9 per cento si dichiara favorevole all’interruzione del lancio di missili in cambio della fine dell’assedio alla Striscia, mentre il 50,7 per cento si è detto convinto che se Hamas rinunciasse al controllo di Gaza anche l’assedio avrebbe fine. Il direttore del Centro Sondaggi, Husayn Ahmad, ha sottolineato che lo studio ha riguardato un campione di 1860 palestinesi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza dai 18 anni in su.
Le cattive notizie arrivano da New York. Forse ha proprio ragione il figlio di Woody Allen e Mia Farrow, Ronan Seamus Farrow: “l’Onu con tutti i suoi vari organismi pieni di burocrati superpagati dal contribuente planetario non è altro che un cancro antisemita”. Il 29 gennaio una nuova conferma: l’Unhrc, United Nations Human Rights Commissioner, se ne è uscita con un appoggio ufficiale, a una risoluzione di una Ong di ispirazione islamica, l’Arab Charter for Human Rights, che paragona Israele al Sudafrica dei tempi bui dell’apartheid. La gaffe è rimbalzata in tempo reale sul Jerusalem Post grazie alla tempestiva segnalazione di una Ong filo sionista, la United Nations Watch. Nel documento si può leggere che “bisogna rigettare ogni forma di razzismo e di sionismo”, e che “l’occupazione militare dei territori (sotto l’egida dell’Anp, ndr) costituisce un grave impedimento alla dignità umana e tutte queste pratiche vanno eliminate e condannate con forza dall’Onu”.

In un’altra parte del documento, sottoscritto e fatto proprio da numerosi paesi arabi (tra cui Giordania, Egitto, Siria, Libia, Bahrein e Palestina), si legge che “Israele oggi è come il Sud Africa dei tempi dell’apartheid”. Ma che gli arabi dicano, pensino e scrivano queste oscenità è ormai un fatto conclamato. Meno scontata invece la risposta pervenuta lo scorso 24 gennaio alla Ong di ispirazione islamica da parte dell’Unhrc con tanto di firma dell’alta commissaria Louise Arbour: un “endorsement” al cento per cento dei concetti contenuti nel rapporto. Cosa che ha convinto la Un Watch, autrice nel novembre 2007 di un clamoroso report su Onu e antisemitismo (monitorato lungo un periodo che va dal 2004 a fine dell’anno scorso), a prendere carta e penna per contestare questa acritica adesione della Arbour a un documento che trasuda anti semitismo.

Un'intervista all’onorevole Patrizia Paoletti Tangheroni, membro della commissione affari esteri e comunitari:

Come evidenziato dalla cronaca di questi giorni la situazione a Gaza è ormai fuori controllo e per la popolazione palestinese si stanno delineando sempre più i contorni di una tragedia umanitaria; cosa si può fare concretamente per trovare una via d’uscita dalla crisi? Abbiamo rivolto questo quesito all’onorevole Patrizia Paoletti Tangheroni, membro della commissione affari esteri e comunitari, non fa sconti a nessuno, tanto meno all’Onu, per come è stata gestita la crisi ed ha individuato alcune priorità alle quali attenersi per riaccendere la speranza di trovare una soluzione. “Quanto sta succedendo nella Striscia di Gaza – dichiara l’onorevole Paoletti Tangheroni - mostra una situazione complessa sulla quale bisogna riflettere ed intervenire anche perché quanto accade ha un aspetto sul fronte umanitario, un aspetto assolutamente devastante. Sono già 700.000 i palestinesi che in pochi giorni hanno oltrepassato il confine tra la città di Gaza e l’Egitto per rifornirsi di beni di prima necessità. Ora, nell’immediatezza serve una tregua, garantita dalle Nazioni Unite e dall’Unione europea, che permetta una soluzione al problema, sempre a condizione che cessino i bombardamenti da parte dei Palestinesi e vengano rispettate per Israele le condizioni di sicurezza”.

In che modo l’Onu e la Ue possono garantire una tregua reale?
Innanzitutto credo sia profondamente sbagliato l’atteggiamento dell’Onu nei confronti di Israele. Il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato, a seguito di un’esplicita richiesta dei paesi musulmani, una risoluzione di condanna per il blocco di Gaza operato dal Governo di Gerusalemme. Ritengo sbagliato difendere le ragioni di una parte contro quelle dell’altra. Un atteggiamento che, sottovalutando i pericoli ai quali è esposto Israele a causa della presenza di Hamas nella striscia di Gaza, rischia soltanto di gettare ulteriore benzina sul fuoco dell’odio e del risentimento. L’Onu e la Ue a mio avviso dovrebbero farsi invece garanti, anche attraverso la copertura derivante dalla presenza di un corposo contingente militare, di una sorta di Piano Marshall che permetta all’intera area di uscire dalla situazione di stallo e di orrore nella quale decine di anni di sangue e di guerre sembrano averla confinata.

Quale ruolo potrebbe esercitare l’Egitto e più in generale gli Stati arabi per trovare una soluzione al dramma che si sta vivendo nella Striscia?
L’abbattimento del valico di Rafah ed il disimpegno programmato da Israele espongono il Governo de Il Cairo a responsabilità non più eludibili. Il passo indietro operato da Gerusalemme obbliga l’Egitto a trovare una soluzione unitamente ai partner arabi direttamente interessati. In caso di addio israeliano, Moubarak sarà nella scomoda situazione di dover arginare l’invasione di palestinesi senza però poter utilizzare le armi della forza e della costrizione, pena la reazione violenta degli altri Stati musulmani. A questo punto i Paesi arabi sono obbligati a sedersi ad un tavolo di trattative intorno al quale tutta la comunità internazionale dovrà cercare congiuntamente una soluzione a questa grave crisi mediorientale. Se non si interviene prontamente si rischia il ripetersi della crisi libanese, dove la presenza di migliaia di profughi palestinesi sta comportando enormi problemi ormai da decenni.

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