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L'Opinione Rassegna Stampa
24.01.2008 Le nuove sanzioni non fermano l'Iran
che continua la corsa al nucleare

Testata: L'Opinione
Data: 24 gennaio 2008
Pagina: 0
Autore: Stefano Magni
Titolo: «Teheran ignora le nuove sanzioni»
Da L'OPINIONE del 24 gennaio 2008:

“La nazione iraniana continuerà nella via dell’affermazione dei suoi diritti all’interno delle leggi internazionali”. Il che, detto dal presidente Mahmoud Ahmadinejad, vuol dire: l’Iran continuerà ad arricchire l’uranio, per scopi civili o militari (nessuno può controllare seriamente come verrà utilizzato il materiale nucleare ottenuto) ignorando le nuove sanzioni approvate a Berlino, lo scorso 22 gennaio, dai 5+1, cioé dai cinque membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu più la Germania. Proprio riguardo le sanzioni, il commento del presidente iraniano è stato lapidario: “Dovrebbero sapere (i 5+1, ndr) che un simile comportamento non ha effetti sulla determinazione dell’Iran”. Il problema, per i 5+1, è che Ahmadinejad può avere ragione: le sanzioni non hanno rallentato od ostacolato il programma iraniano, né hanno impedito all’Iran di aumentare continuamente i suoi contatti commerciali con l’estero, come rilava un’inchiesta recente del Congresso statunitense. E già gli stessi promotori del nuovo documento non si fanno illusioni sull’efficacia della loro azione.

Se Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti si mostrano determinati a usare la leva economica per scongiurare i rischi di guerra, Cina e Russia non sono d’accordo. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, ha negato che si tratti di nuove sanzioni, parlando invece di nuove “misure”. Lavrov ha anche affermato che il testo approvato a Berlino è molto più “soft” rispetto alla bozza presentata dalle quattro potenze occidentali. Nei confronti delle istituzioni militari e civili iraniane, si parla di “vigilanza” e “controllo”, in particolare delle transazioni con due banche, la Banca Melli e la Saderat. E’ prevista anche una limitazione su base volontaria dei crediti alle esportazioni, al traffico dei carichi e ai rapporti con individui o istituzioni correlati ad attività di proliferazione. Vengono rafforzate alcune misure precedentemente adottate, quali il congelamento dei beni e il bando agli spostamenti di alcuni funzionari iraniani. Non si tratta, dunque, di una morsa economica in grado di far cambiare rotta all’Iran di Ahmadinejad. E allora perché Washington ha accettato?

Fonti diplomatiche del Washington Post rivelano che gli Stati Uniti hanno approvato questi compromessi pur di superare l’opposizione a oltranza di Pechino e Mosca: il raggiungimento dell’accordo in sé era diventato l’obiettivo primario. Se non si fosse approvata neppure una bozza a Berlino, il Consiglio di Sicurezza sarebbe apparso ancor più diviso e debole di quanto non lo sia realmente. Un diplomatico europeo anonimo ha confidato al corrispondente del Washington Post che la nuova bozza di risoluzione è un segnale di avvertimento all’Iran lanciato a due mesi dalle elezioni parlamentari (che si terranno a marzo) e a un anno dalle prossime presidenziali. Ma se si pensa che in questo modo si possa influenzare l’opinione pubblica iraniana e isolare Ahmadinejad dall’interno, come afferma la fonte anonima, allora non è chiaro che l’Iran non è una democrazia. Proprio ieri è intervenuto a Teheran il Consiglio dei Guardiani (un organo non elettivo), che ha il compito di selezionare i candidati alle elezioni, in base alla loro fedeltà ai principi della rivoluzione islamica. Ha bocciato ben 3000 candidati.

Per i prossimi mesi restano altre difficoltà oggettive. La comunità internazionale, infatti, non ha opposto alcuna resistenza alla nomina della Libia alla presidenza del Consiglio di Sicurezza. E ora, come prevedibile, il regime di Gheddafi si oppone al voto di risoluzioni contro Stati che, essendo nemici di Israele, sono automaticamente suoi amici. Anche dopo le prossime elezioni presidenziali russe, Mosca difficilmente cambierà linea. Lo ha già fatto capire a chiare lettere il più papabile tra i candidati alla presidenza, Dmitrij Medvedev, in un messaggio televisivo pronunciato ieri. La Cina, dal canto suo, ha fatto un passo avanti nel suo rapporto economico con la Repubblica Islamica: la China National Offshore Oil Corp. ha stipulato un nuovo accordo con Teheran per la fornitura di 10 milioni di metri cubi di gas liquido e prevede investimenti in Iran per 16 miliardi di dollari.

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