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L'Opinione Rassegna Stampa
16.01.2008 Dai radicali e dal centro-sinistra chiesto l'intervento della Croce Rossa
per i soldati israeliani rapiti

Testata: L'Opinione
Data: 16 gennaio 2008
Pagina: 0
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «Soldati rapiti, parlarne non basta»
Da L'OPINIONE del 16 gennaio 2008

Da tempo il concetto di “sinistra” in Italia e quello di “Israele” sono un infelice ossimoro. Infelice perché imposto dall’alto sull’ara del terzomondismo. Ma tant’è: l’odio per Israele talvolta è una costante persino più certa delle magliette di Che Guevara. Naturalmente esistono delle lodevoli eccezioni. Una di esse è l’associazione interparlamentare “Sinistra per Israele”, composta da Furio Colombo, Emanuele Fiano, Peppino Caldarola e Olga D’Antona. Che ieri hanno presentato alla Camera dei deputati, insieme al deputato Radicale Sergio D’Elia e al direttore di “Quaderni radicali” Geppy Rippa, alla presenza del presidente della Croce Rossa italiana Massimo Barra e dell’ambasciatore d’Israele in Italia Gideon Meir, una lodevole iniziativa tesa a permettere alle organizzazioni umanitarie come appunto la stessa Croce Rossa a entrare finalmente in contatto con i tre soldati israeliani rapiti in quella maledetta estate di guerra del 2006. Si tratta come è noto di Eldad Regev e di Udi Goldwasser, presi dagli Hezbollah nella parte israeliana dei confini con il Libano il 12 luglio 2006, e del caporale Gilat Shalit, sequestrato da Hamas il 17 giugno di quello scorso anno ai confini israeliani con Gaza.

Di loro non si sa più nulla e ogni sforzo diplomatico della Ue, dell’America e dell’Italia di fare qualcosa si è scontrato con il muro di gomma dell’infame real politik che le organizzazioni terroristiche stanno facendo da un anno e mezzo sulla pelle di questi tre innocenti per condizionare la politica di Israele. E ottenere il rilascio di quanti più terroristi possibili. D’Alema in particolare aveva fatto tante promesse alla moglie di Goldwasser, la bella ed eroica Karnit. Ma nonostante tutte le proprie passeggiate a braccetto con i ministri Hezbollah di fatto non ha cavato un ragno dal buco. Ieri in conferenza stampa faceva piacere sentire Furio Colombo infervorarsi per la causa dei tre soldati e per quella di Israele ed erano condivisibili le sue parole a proposito delle pressioni diplomatiche che l’Italia dovrebbe fare sulle parti che non rispettano i diritti umani.

Ma il problema è questo: che pressioni l’Italia è disposta a fare su Hamas? Congelare i soldi a tutti i palestinesi? Evidentemente sembra difficile. E contro Hezbollah cosa può minacciare la nostra diplomazia? Che D’Alema non farà mai più passeggiate per Beirut a braccetto con i loro ministri? Fare pressioni diplomatiche su Diliberto perché non vada più a manifestazioni dove si brucia la bandiera di Israele? Nulla da dire alla buona volontà di questo gruppo interparlamentare di marcare il territorio verso il becero odio contro lo stato di Israele di buna parte della sinistra tradizionale. Sempre meglio che niente. Però, compagni, giù dal pero e guardiamoci nelle palle degli occhi: non sarà un convegno o una mozione parlamentare di indirizzo promessa ieri ai familiari di Ehud Goldwasser, venuti in Italia per sperare ancora, a riequilibrare quella orrenda “equivicinanza”, tra le ragioni di uno stato che si difende dal terrorismo e i terroristi stessi, che caratterizza la nostra politica estera in Medio Oriente. E non sarà il “facite a faccia feroce” di D’Alema con qualcuno dei suoi amici guerriglieri a risolvere questa terribile sciagura dei tre soldati israeliani rapiti. Più il quarto che è il pilota Ron Arad scomparso dopo una missione in volo oltre 20 anni fa in territorio Hezbollah. I nazi islamici se ne fregano di fare un favore diplomatico a D’Alema. Quella gente capisce solo i missili teleguidati.

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